Dopo la vittoria di Trump negli Stati Uniti, sembra che stiano cambiando tante cose.
Della decisione da parte di Zuckerberg di rimuovere da Meta tutti i programmi di fact-checking già sappiamo. Ma anche molte altre aziende, tra cui McDonalds, hanno deciso di cancellare tutte le proprie iniziative woke. Sembra, insomma, che si respiri un'aria diversa, anche se naturalmente è presto per dire se la cosa avrà delle evoluzioni anche a livello geopolitico, cosa che peraltro non credo. Fino a quando Damiano Dei Maneschin abbandonerà le vestigia muliebri d'ordinanza e si doterà di un AK47 sfoggiando un fisico rambesco, restiamo umili. Ma l'impressione è che l'ideologia woke abbia raggiunto quella che in fisica si chiama "soluzione satura" e bisogna anche capire l'origine di un voto che ha più il significato di una protesta verso un tipo di oppressione che non l'adesione ad un nuovo modo di vedere le cose.
Di per sé, una società inclusiva non è affatto un male. Ciascuno di noi ha qualche diversità o stranezza per la quale potrebbe essere additato al pubblico ludibrio. E allora un sano stato di diritto punisce chi vessa i gay, in base al principio liberale che a casa propria, nella propria stanza da letto, ognuno si corica con chi gli pare; ma anche chi impedisce a neri, cinesi, ispanici, che abbiano dimostrato di meritare la cittadinanza italiana, di fruire dei diritti e dei doveri di chi li ha accolti.
Chi come il sottoscritto si avvia verso la mezza età ha potuto vedere tanti progressi in tal senso. Chi sostiene che, su questi temi, in questi anni siamo peggiorati o è un ragazzino o, se è mio coetaneo o più anziano, è in aperta malafede. Solo un provinciale che non è mai uscito da Ventimiglia può pensare che il nostro sia un paese razzista. Senza andare a scomodare facendo un gol a porta vuota il fatto che in America, ancora oggi nel 2025, ci siano aranciate diverse a seconda delle etnie o che a New York quando vedono un nero in un posto frequentato dai bianchi gli facciano il pelo e contropelo, è sufficiente ricordare che uno dei più insospettabili sotto questo aspetto è il Giappone, uno dei paesi più razzisti - persino nei confronti di minoranze etniche riconducibili alle vicine Coree e alla Cina - al cui confronto, le battute da avanspettacolo italiane sono puro solletico.
E quanto all'omofobia, da ragazzo ricordo come i giornali fossero stracolmi di articoli dove si presentavano gli omosessuali come untori dell'AIDS, pedofili e chissà quali altre nequizie, le gag su certe categorie si sprecavano e la comicità stessa - anche quella di sinistra - non si faceva certo il problema di sfotterle nelle maniere più becere.
Se si è animati da un'autentica cultura liberale, combattere tutto questo non è un vezzo di radical-chic ma un dovere. Solo che ad un certo punto si è verificato qualcosa che potrebbe essere ben descritto da una barzelletta. Un giovane medico, figlio d'arte, scopre di riuscire a guarire con grande facilità i pazienti ereditati dal padre che, invece, la cura alle loro malattie non era riuscito a trovarla. Quando chiede al vecchio genitore "Scusa papà, ma com'è che tu non riuscivi a guarirli mentre io li ho guariti facilmente?" questi gli risponde: "Cretino! Secondo te come ho pagato i tuoi studi?".
In estrema sintesi, tutti i movimenti sorti per, teoricamente, fungere da cani da guardia contro certi fenomeni, sono anche gruppi di potere, conventicole e camarille. E in una situazione in cui le discriminazioni sono *giustamente* combattute, per poter esistere necessitano di spostare l'emergenza sempre più in avanti. Sicché alla lotta contro il sacrosanto diritto di vivere senza essere infastiditi, hanno fatto seguito cose che con la causa LGBT non hanno nulla a che fare, come la pretesa di adottare figli, privandoli della naturale eterogenitorialità tipica di una famiglia naturale, o peggio ancora, le sperimentazioni trans ed eugenetiche e la relativa polizia del linguaggio in merito. Alle battaglie contro il razzismo si è associato il perdonismo dell'immigrazione clandestina che, come insegnano gli esempi in giro per il mondo, innumerevoli problemi provoca, soprattutto in realtà sovraffollate. Al tentativo di contenere il maschilismo ha fatto seguito la polizia del linguaggio, in un clima orwelliano in cui ormai è praticamente proibito avvicinarsi ad una donna se non si è provvisti di un'esteriorità tale per cui siano le donne a prendere l'iniziativa di saltarci addosso.
Tutto questo ha provocato un fenomeno analogo a quello della "soluzione satura" per la quale se mettiamo più cucchiai di zucchero, di sale o di qualsiasi altra materia in un bicchiere d'acqua, sulle prime non le vediamo ma, dopo alcune cucchiaiate, si depositano sul fondo. Questa è la "soluzione satura". Che si è raggiunta anche nel progressismo. A furia di violentare la logica, è successo che Carlo Verdone, non sospettabile di fascisterie varie, si sia lamentato degli eccessi del politicamente corretto, che hanno a che fare più con la psichiatria che con le buone intenzioni spinte un po' troppo oltre da qualche progressista che ha preso troppo sul serio il proprio ruolo di attivista. Sempre più persone, non necessariamente di cultura conservatrice, cominciano a vedersi stringere il cappio da una cultura che, nata con nobili princìpi, oggi sta sempre più assumendo una veste totalitaria. Fino a raggiungere così quella soluzione satura che ha determinato - e non poteva essere altrimenti - una forte repulsione reattiva a concetti di tolleranza che vedrebbero d'accordo qualsiasi persona perbene. Perché se è da trogloditi discriminare qualcuno per le sue caratteristiche, pretendere di riscrivere Biancaneve e farla diventare nera, o addirittura abbattere statue e bruciare libri in un'atmosfera degna più di 1984 di Orwell che di una democrazia liberale, non ha niente a che fare con le rivendicazioni ma con la follia. E quando a questa ossessione per i diritti delle minoranze si associa una totale noncuranza nei confronti di un ceto medio che vive in condizioni ancora accettabili ma che tendono alla povertà, si capisce perfettamente come la reazione non possa che essere quella di veder riemergere rigurgiti omofobici, razzistici, maschilistici che sono più una reazione che l'espressione di un reale ritorno di questi fenomeni. In questo senso, Vannacci, che ha scritto un libro la cui unica "virtù" è di raccogliere questa reazione e di vestirla con gli abiti rassicuranti di un militare di alto lignaggio, è un sintomo più che la malattia.
L'idiozia dell'estremismo woke è ben rappresentata dall'immagine che ho inserito nell'articolo: un idrante colorato d'arcobaleno ma senza acqua, così da spegnere gli incendi a Los Angeles - città dove i mantra del progressismo sono stati realizzati con maggiore compiutezza - e in quella Hollywood che, ultimamente, ha sfornato una moltitudine di capolavori di idiozia politically correct.
Della decisione da parte di Zuckerberg di rimuovere da Meta tutti i programmi di fact-checking già sappiamo. Ma anche molte altre aziende, tra cui McDonalds, hanno deciso di cancellare tutte le proprie iniziative woke. Sembra, insomma, che si respiri un'aria diversa, anche se naturalmente è presto per dire se la cosa avrà delle evoluzioni anche a livello geopolitico, cosa che peraltro non credo. Fino a quando Damiano Dei Maneschin abbandonerà le vestigia muliebri d'ordinanza e si doterà di un AK47 sfoggiando un fisico rambesco, restiamo umili. Ma l'impressione è che l'ideologia woke abbia raggiunto quella che in fisica si chiama "soluzione satura" e bisogna anche capire l'origine di un voto che ha più il significato di una protesta verso un tipo di oppressione che non l'adesione ad un nuovo modo di vedere le cose.
Di per sé, una società inclusiva non è affatto un male. Ciascuno di noi ha qualche diversità o stranezza per la quale potrebbe essere additato al pubblico ludibrio. E allora un sano stato di diritto punisce chi vessa i gay, in base al principio liberale che a casa propria, nella propria stanza da letto, ognuno si corica con chi gli pare; ma anche chi impedisce a neri, cinesi, ispanici, che abbiano dimostrato di meritare la cittadinanza italiana, di fruire dei diritti e dei doveri di chi li ha accolti.
Chi come il sottoscritto si avvia verso la mezza età ha potuto vedere tanti progressi in tal senso. Chi sostiene che, su questi temi, in questi anni siamo peggiorati o è un ragazzino o, se è mio coetaneo o più anziano, è in aperta malafede. Solo un provinciale che non è mai uscito da Ventimiglia può pensare che il nostro sia un paese razzista. Senza andare a scomodare facendo un gol a porta vuota il fatto che in America, ancora oggi nel 2025, ci siano aranciate diverse a seconda delle etnie o che a New York quando vedono un nero in un posto frequentato dai bianchi gli facciano il pelo e contropelo, è sufficiente ricordare che uno dei più insospettabili sotto questo aspetto è il Giappone, uno dei paesi più razzisti - persino nei confronti di minoranze etniche riconducibili alle vicine Coree e alla Cina - al cui confronto, le battute da avanspettacolo italiane sono puro solletico.
E quanto all'omofobia, da ragazzo ricordo come i giornali fossero stracolmi di articoli dove si presentavano gli omosessuali come untori dell'AIDS, pedofili e chissà quali altre nequizie, le gag su certe categorie si sprecavano e la comicità stessa - anche quella di sinistra - non si faceva certo il problema di sfotterle nelle maniere più becere.
Se si è animati da un'autentica cultura liberale, combattere tutto questo non è un vezzo di radical-chic ma un dovere. Solo che ad un certo punto si è verificato qualcosa che potrebbe essere ben descritto da una barzelletta. Un giovane medico, figlio d'arte, scopre di riuscire a guarire con grande facilità i pazienti ereditati dal padre che, invece, la cura alle loro malattie non era riuscito a trovarla. Quando chiede al vecchio genitore "Scusa papà, ma com'è che tu non riuscivi a guarirli mentre io li ho guariti facilmente?" questi gli risponde: "Cretino! Secondo te come ho pagato i tuoi studi?".
In estrema sintesi, tutti i movimenti sorti per, teoricamente, fungere da cani da guardia contro certi fenomeni, sono anche gruppi di potere, conventicole e camarille. E in una situazione in cui le discriminazioni sono *giustamente* combattute, per poter esistere necessitano di spostare l'emergenza sempre più in avanti. Sicché alla lotta contro il sacrosanto diritto di vivere senza essere infastiditi, hanno fatto seguito cose che con la causa LGBT non hanno nulla a che fare, come la pretesa di adottare figli, privandoli della naturale eterogenitorialità tipica di una famiglia naturale, o peggio ancora, le sperimentazioni trans ed eugenetiche e la relativa polizia del linguaggio in merito. Alle battaglie contro il razzismo si è associato il perdonismo dell'immigrazione clandestina che, come insegnano gli esempi in giro per il mondo, innumerevoli problemi provoca, soprattutto in realtà sovraffollate. Al tentativo di contenere il maschilismo ha fatto seguito la polizia del linguaggio, in un clima orwelliano in cui ormai è praticamente proibito avvicinarsi ad una donna se non si è provvisti di un'esteriorità tale per cui siano le donne a prendere l'iniziativa di saltarci addosso.
Tutto questo ha provocato un fenomeno analogo a quello della "soluzione satura" per la quale se mettiamo più cucchiai di zucchero, di sale o di qualsiasi altra materia in un bicchiere d'acqua, sulle prime non le vediamo ma, dopo alcune cucchiaiate, si depositano sul fondo. Questa è la "soluzione satura". Che si è raggiunta anche nel progressismo. A furia di violentare la logica, è successo che Carlo Verdone, non sospettabile di fascisterie varie, si sia lamentato degli eccessi del politicamente corretto, che hanno a che fare più con la psichiatria che con le buone intenzioni spinte un po' troppo oltre da qualche progressista che ha preso troppo sul serio il proprio ruolo di attivista. Sempre più persone, non necessariamente di cultura conservatrice, cominciano a vedersi stringere il cappio da una cultura che, nata con nobili princìpi, oggi sta sempre più assumendo una veste totalitaria. Fino a raggiungere così quella soluzione satura che ha determinato - e non poteva essere altrimenti - una forte repulsione reattiva a concetti di tolleranza che vedrebbero d'accordo qualsiasi persona perbene. Perché se è da trogloditi discriminare qualcuno per le sue caratteristiche, pretendere di riscrivere Biancaneve e farla diventare nera, o addirittura abbattere statue e bruciare libri in un'atmosfera degna più di 1984 di Orwell che di una democrazia liberale, non ha niente a che fare con le rivendicazioni ma con la follia. E quando a questa ossessione per i diritti delle minoranze si associa una totale noncuranza nei confronti di un ceto medio che vive in condizioni ancora accettabili ma che tendono alla povertà, si capisce perfettamente come la reazione non possa che essere quella di veder riemergere rigurgiti omofobici, razzistici, maschilistici che sono più una reazione che l'espressione di un reale ritorno di questi fenomeni. In questo senso, Vannacci, che ha scritto un libro la cui unica "virtù" è di raccogliere questa reazione e di vestirla con gli abiti rassicuranti di un militare di alto lignaggio, è un sintomo più che la malattia.
L'idiozia dell'estremismo woke è ben rappresentata dall'immagine che ho inserito nell'articolo: un idrante colorato d'arcobaleno ma senza acqua, così da spegnere gli incendi a Los Angeles - città dove i mantra del progressismo sono stati realizzati con maggiore compiutezza - e in quella Hollywood che, ultimamente, ha sfornato una moltitudine di capolavori di idiozia politically correct.
Che poi Trump sia la risposta a chi non ne può più dei deliri progressisti e non più banalmente un contenitore di questo malcontento, questo potremo vederlo soltanto nel futuro.
Franco Marino
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