Di fronte ad un evento epocale - la caduta di Assad tale va considerata - la tentazione è di assecondare le propagande delle parti in causa, unendosi sia al trionfalismo occidentale che al catastrofismo filorusso. Invece, l'atteggiamento più prudente è di evitare ogni profezia e limitarsi alla raccolta dei dati, separando il grano dal loglio, e provare ad ipotizzare ciò che sia successo sia ciò che potrebbe accadere. E la base su cui bisogna impostare qualsiasi discorso è descrivere la situazione della Siria per quella che è.
Come prima cosa, non esiste alcuna Siria, Libia, Egitto, Tunisia, Somalia e in sostanza, nessuna nazione africana o mediorientale ma solo stati fantoccio di derivazione neocoloniale che si caratterizzano per uno schema fisso: poiché non posso fare la figura del colonialista specialmente se poi mi vendo come un sostenitore della democrazia e dei diritti umani, mi inserisco in un'area territoriale piena di materie prime o comunque geograficamente strategica, acchiappo il primo capotribù che mi dà più garanzie, lo rafforzo e dico al mondo intero che quel signore rappresenta il legittimo presidente di quello stato farlocco. E poiché, anche se mi spaccio per democratico, nel mio paese controllo militarmente ogni mezzo di informazione, convinco l'opinione pubblica che esista un'identità siriana, libica, egiziana e via discorrendo.
Nel frattempo, poiché il mio uomo non è lì per il suo bel faccino e per la sua libertà ma per fare i miei interessi - arricchire solo la sua tribù per lasciare in miseria le altre - i servizi segreti finanzieranno e appoggeranno sottobanco qualche altra tribù pronta a subentrargli se mostra di volere altri padroni, di essere troppo autonomo - perché capisce che la sua permanenza dipende da quanti riesca a far stare bene - o semplicemente è in declino per fisiologico invecchiamento e non c'è un erede che garantisca la medesima forza.
Tradotto in parole povere, nessuno di questi capetti ha mai avuto una vera investitura popolare - come ovviamente non l'hanno nemmeno i fantomatici "ribelli" - dato che ognuno di loro è solo il rappresentante di una delle tante tribù che popolano quella che poi nelle carte geografiche si cerca di far apparire come uno Stato a tutti gli effetti. E nel caso siriano, Assad era lì solo grazie all'appoggio russo. Dunque chi parla di "golpe contro uno stato sovrano", ha poca dimestichezza con le dinamiche della geopolitica, oltre a sapere poco della storia di questi posti, e non sa che la sovranità, in quei luoghi, non è mai esistita né esisterà mai. Chi pensa che in zone multiculturali, multietniche, dove le innumerevoli tribù non condividono i medesimi valori in niente - e dunque neanche il modo di intendere il rapporto tra la religione e le regole della convivenza civile - ci possa essere una qualsiasi parvenza di democraticità, dovrebbe cambiare mestiere. Non è questione di idolatrare Assad, che non è certo un agnellino, ma solo di aver ben coscienza - e di assumersi la responsabilità morale - che alla sua tirannia se ne sostituirà un'altra, non necessariamente migliore, anzi, per me, di gran lunga peggiore.
Nel momento in cui abbiamo chiarito questo, dobbiamo anche cercare di capire come mai sia caduta Damasco e quali riflessi ciò abbia sia per Putin - che ha investito gran parte della propria mitologia narrativa proprio sulla protezione della Siria che andava tenuta lontana dalle mani americane - che per altre vicende ancora aperte come quella nel Donbass. In tal senso, possiamo solo fare ipotesi.
La prima è che questa sia una grave sconfitta per i russi perché ne certifica l'incapacità di difendere i territori sottoposti alla loro influenza. Sempre tenendo ben consapevole che Putin potrebbe avere informazioni di cui l'uomo comune non dispone, la cosa certa è che se io fossi un ribelle di una dittatura finanziata dagli americani e decidessi di organizzare una sorta di rivolta/rivoluzione, fino a ieri pensavo che la Russia avrebbe potuto aiutarmi mentre ora so che non potrei contare su alleati in grado di bilanciare il potere yankee. Da oggi, ufficialmente, se le cose stessero davvero così e restassero tali, la Federazione Russa non sarebbe più affidabile e, a dirla tutta, già la fine del governo Berlusconi nel 2011, fatte le ovvie e dovute proporzioni del caso, avrebbe dovuto autorizzare qualche sospetto.
La seconda è che la fine dell'epopea di Assad - che comunque, è vivo e vegeto e al sicuro (si dice) a Mosca e dunque, potenzialmente, riutilizzabile - sia una fase temporanea e che si stia aspettando l'insediamento di Trump per poi farlo tornare in pompa magna come colui che rimette a posto le cose provocate da quei fetentoni di Biden, della Harris e compagnia dem. Ma qui siamo più al wishful thinking - cioè la prospettiva che rientra più nei desideri che nella fattualità - che ad una reale possibilità che le cose stiano effettivamente così. Anche se il vecchio Donald ha già detto che quella in Siria "non è la nostra guerra". Si vedrà.
Poi c'è la terza ipotesi, non del tutto campata in aria, ossia che i protettori di Assad si fossero, per qualche ragione a noi sconosciuta, scocciati del loro alleato e volessero mettere un altro capo di quelle aree, nella convinzione che ciò sia loro utile e che tutto rientri in un accordo generale anche con Israele, Turchia e Stati Uniti. Questa ipotesi è autorizzata dal fatto che Abu Muhammad al-Julani, uno dei nemici di Assad, è comunque in rapporti sostanzialmente buoni con la Russia che, del resto, è cosa nota che, da molto tempo, stia cercando di mediare tra le parti del conflitto. Se l'obiettivo è mantenere unicamente la base russa in Siria, è un compromesso accettabile. Tutto questo ricorda una scena di Gomorra. Malammore che vuole vendicare il suo padrone Don Pietro Savastano, assieme al figlio di quest'ultimo, salvo poi scoprire, una volta arrivati, che quest'ultimo si è messo d'accordo con l'assassino del padre, per poi essere ammazzato dai due. E intendiamoci, sul piano tattico, sacrificare un gioco in favore di qualcosa di più importante ci può stare ma è certo che il boss del Cremlino, nell'immagine, se le cose fossero andate così, ne esca indebolito, soprattutto per la propaganda che ha sempre cercato di venderlo come cavaliere bianco che avrebbe salvato il pianeta dall'imperialismo americano, alla quale abboccano giusto i fessi.
Ciò che però si può già dire è che se ci si propone di lottare contro il fondamentalismo islamico, far fuori Assad è stata la più grande dimostrazione di quanto l'Occidente, del terrorismo, sia il principale sponsor. La Siria, come pure la Libia, come anche l'Iran e, in generale, la maggioranza dei regimi combattuti dagli occidentali, almeno formalmente consentivano un'autonomia religiosa senza dubbio maggiore rispetto a quella dei loro nemici e una moderazione che ovviamente non ha i tratti del neo-illuminismo arabo che molti auspicano ma sicuramente si fa preferire a chi teorizza la sharia come fondamento del diritto positivo.
Non c'è da accusarmi di complottismo: io capisco tutto, la real politik, gli interessi geopolitici. Ma se tu dici di lottare contro il fanatismo islamico e poi sostieni i fondamentalisti e combatti quelle classi dirigenti che non saranno il massimo della laicità ma sono sicuramente molto più tolleranti, ai miei occhi perdi ogni credibilità.
Quali sono le prospettive future della Siria? Nere, nerissime. Se non ci dovessero essere colpi di mano e se Assad verrà sostituito invece da un terrorista amico dell'ISIS, questa zona sarà destinata a diventare una nuova santabarbara, si provocherà un'ennesima ondata migratoria, che, a mio modesto parere, toccherà non tanto l'Italia quando il Nord Europa (quindi stavolta chi rischia grosso è la Germania) e diventerà un nuovo terreno di coltura di terroristi, con tutto ciò che ne consegue.
Chi, indipendentemente dai propri punti di vista, esulta per quanto sta accadendo, non sa assolutamente nulla di politica internazionale.
E non c'è bisogno che glielo dica un signor nessuno come il sottoscritto. Basta che vada a vedere i titoli trionfalistici dei giornali che esultavano alla morte di Gheddafi al grido di "Tripoli è libera" come di quella di Saddam Hussein e della fine dei talebani. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E adesso sono cavoli amari.
Come prima cosa, non esiste alcuna Siria, Libia, Egitto, Tunisia, Somalia e in sostanza, nessuna nazione africana o mediorientale ma solo stati fantoccio di derivazione neocoloniale che si caratterizzano per uno schema fisso: poiché non posso fare la figura del colonialista specialmente se poi mi vendo come un sostenitore della democrazia e dei diritti umani, mi inserisco in un'area territoriale piena di materie prime o comunque geograficamente strategica, acchiappo il primo capotribù che mi dà più garanzie, lo rafforzo e dico al mondo intero che quel signore rappresenta il legittimo presidente di quello stato farlocco. E poiché, anche se mi spaccio per democratico, nel mio paese controllo militarmente ogni mezzo di informazione, convinco l'opinione pubblica che esista un'identità siriana, libica, egiziana e via discorrendo.
Nel frattempo, poiché il mio uomo non è lì per il suo bel faccino e per la sua libertà ma per fare i miei interessi - arricchire solo la sua tribù per lasciare in miseria le altre - i servizi segreti finanzieranno e appoggeranno sottobanco qualche altra tribù pronta a subentrargli se mostra di volere altri padroni, di essere troppo autonomo - perché capisce che la sua permanenza dipende da quanti riesca a far stare bene - o semplicemente è in declino per fisiologico invecchiamento e non c'è un erede che garantisca la medesima forza.
Tradotto in parole povere, nessuno di questi capetti ha mai avuto una vera investitura popolare - come ovviamente non l'hanno nemmeno i fantomatici "ribelli" - dato che ognuno di loro è solo il rappresentante di una delle tante tribù che popolano quella che poi nelle carte geografiche si cerca di far apparire come uno Stato a tutti gli effetti. E nel caso siriano, Assad era lì solo grazie all'appoggio russo. Dunque chi parla di "golpe contro uno stato sovrano", ha poca dimestichezza con le dinamiche della geopolitica, oltre a sapere poco della storia di questi posti, e non sa che la sovranità, in quei luoghi, non è mai esistita né esisterà mai. Chi pensa che in zone multiculturali, multietniche, dove le innumerevoli tribù non condividono i medesimi valori in niente - e dunque neanche il modo di intendere il rapporto tra la religione e le regole della convivenza civile - ci possa essere una qualsiasi parvenza di democraticità, dovrebbe cambiare mestiere. Non è questione di idolatrare Assad, che non è certo un agnellino, ma solo di aver ben coscienza - e di assumersi la responsabilità morale - che alla sua tirannia se ne sostituirà un'altra, non necessariamente migliore, anzi, per me, di gran lunga peggiore.
Nel momento in cui abbiamo chiarito questo, dobbiamo anche cercare di capire come mai sia caduta Damasco e quali riflessi ciò abbia sia per Putin - che ha investito gran parte della propria mitologia narrativa proprio sulla protezione della Siria che andava tenuta lontana dalle mani americane - che per altre vicende ancora aperte come quella nel Donbass. In tal senso, possiamo solo fare ipotesi.
La prima è che questa sia una grave sconfitta per i russi perché ne certifica l'incapacità di difendere i territori sottoposti alla loro influenza. Sempre tenendo ben consapevole che Putin potrebbe avere informazioni di cui l'uomo comune non dispone, la cosa certa è che se io fossi un ribelle di una dittatura finanziata dagli americani e decidessi di organizzare una sorta di rivolta/rivoluzione, fino a ieri pensavo che la Russia avrebbe potuto aiutarmi mentre ora so che non potrei contare su alleati in grado di bilanciare il potere yankee. Da oggi, ufficialmente, se le cose stessero davvero così e restassero tali, la Federazione Russa non sarebbe più affidabile e, a dirla tutta, già la fine del governo Berlusconi nel 2011, fatte le ovvie e dovute proporzioni del caso, avrebbe dovuto autorizzare qualche sospetto.
La seconda è che la fine dell'epopea di Assad - che comunque, è vivo e vegeto e al sicuro (si dice) a Mosca e dunque, potenzialmente, riutilizzabile - sia una fase temporanea e che si stia aspettando l'insediamento di Trump per poi farlo tornare in pompa magna come colui che rimette a posto le cose provocate da quei fetentoni di Biden, della Harris e compagnia dem. Ma qui siamo più al wishful thinking - cioè la prospettiva che rientra più nei desideri che nella fattualità - che ad una reale possibilità che le cose stiano effettivamente così. Anche se il vecchio Donald ha già detto che quella in Siria "non è la nostra guerra". Si vedrà.
Poi c'è la terza ipotesi, non del tutto campata in aria, ossia che i protettori di Assad si fossero, per qualche ragione a noi sconosciuta, scocciati del loro alleato e volessero mettere un altro capo di quelle aree, nella convinzione che ciò sia loro utile e che tutto rientri in un accordo generale anche con Israele, Turchia e Stati Uniti. Questa ipotesi è autorizzata dal fatto che Abu Muhammad al-Julani, uno dei nemici di Assad, è comunque in rapporti sostanzialmente buoni con la Russia che, del resto, è cosa nota che, da molto tempo, stia cercando di mediare tra le parti del conflitto. Se l'obiettivo è mantenere unicamente la base russa in Siria, è un compromesso accettabile. Tutto questo ricorda una scena di Gomorra. Malammore che vuole vendicare il suo padrone Don Pietro Savastano, assieme al figlio di quest'ultimo, salvo poi scoprire, una volta arrivati, che quest'ultimo si è messo d'accordo con l'assassino del padre, per poi essere ammazzato dai due. E intendiamoci, sul piano tattico, sacrificare un gioco in favore di qualcosa di più importante ci può stare ma è certo che il boss del Cremlino, nell'immagine, se le cose fossero andate così, ne esca indebolito, soprattutto per la propaganda che ha sempre cercato di venderlo come cavaliere bianco che avrebbe salvato il pianeta dall'imperialismo americano, alla quale abboccano giusto i fessi.
Ciò che però si può già dire è che se ci si propone di lottare contro il fondamentalismo islamico, far fuori Assad è stata la più grande dimostrazione di quanto l'Occidente, del terrorismo, sia il principale sponsor. La Siria, come pure la Libia, come anche l'Iran e, in generale, la maggioranza dei regimi combattuti dagli occidentali, almeno formalmente consentivano un'autonomia religiosa senza dubbio maggiore rispetto a quella dei loro nemici e una moderazione che ovviamente non ha i tratti del neo-illuminismo arabo che molti auspicano ma sicuramente si fa preferire a chi teorizza la sharia come fondamento del diritto positivo.
Non c'è da accusarmi di complottismo: io capisco tutto, la real politik, gli interessi geopolitici. Ma se tu dici di lottare contro il fanatismo islamico e poi sostieni i fondamentalisti e combatti quelle classi dirigenti che non saranno il massimo della laicità ma sono sicuramente molto più tolleranti, ai miei occhi perdi ogni credibilità.
Quali sono le prospettive future della Siria? Nere, nerissime. Se non ci dovessero essere colpi di mano e se Assad verrà sostituito invece da un terrorista amico dell'ISIS, questa zona sarà destinata a diventare una nuova santabarbara, si provocherà un'ennesima ondata migratoria, che, a mio modesto parere, toccherà non tanto l'Italia quando il Nord Europa (quindi stavolta chi rischia grosso è la Germania) e diventerà un nuovo terreno di coltura di terroristi, con tutto ciò che ne consegue.
Chi, indipendentemente dai propri punti di vista, esulta per quanto sta accadendo, non sa assolutamente nulla di politica internazionale.
E non c'è bisogno che glielo dica un signor nessuno come il sottoscritto. Basta che vada a vedere i titoli trionfalistici dei giornali che esultavano alla morte di Gheddafi al grido di "Tripoli è libera" come di quella di Saddam Hussein e della fine dei talebani. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E adesso sono cavoli amari.
Anzi, cavoli assiri. Amarissimi.
Franco Marino
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