Da italiano e da berlusconiano, quindi da povero diavolo che ha passato la vita a difendersi dalle argomentazioni fallaci e intellettualmente disoneste degli antiberlusconiani, non ho fatto fatica né credo di essere stato l'unico a provare un certo senso di deja vu quando Trump è asceso al proscenio della politica americana. Anche se Berlusconi non amava questo paragone, in realtà del tycoon americano è stato un antesignano in molte sue forme, anzitutto giustappunto del suo essere tycoon, cioè uomo che nato dal niente o quasi, ha creato un impero, e poi nel suo parlare chiaro, nell'orgoglio - che non faceva nulla per nascondere - per i risultati raggiunti durante la sua straordinaria carriera da imprenditore, in una certa propensione a rompere gli schemi del politicamente corretto e del perbenismo. E anche nell'enorme quantità di nemici che ha accumulato, che lo hanno odiato con un'acrimonia tale che, ad un certo momento, sdegnandomi per certe schifezze, mi sono chiesto se non fossi più anti-antiberlusconiano che berlusconiano. L'uomo, del resto, ideologicamente non si decifrava facilmente se non nel consiglio che dava a tutti di "farsi concavo se l'avversario è convesso e viceversa". Quello che sappiamo è che il Cavaliere è stato, per almeno vent'anni, tutto ciò che una parte d'Italia odia e, di riflesso, i suoi avversari sono stati tutto ciò ciò che coloro che lo hanno sostenuto, odiavano. E che questo schema oggi si ripete, puntuale contro il vecchio Donald, la cui rielezione e rinnovata centralità nel panorama politico americano non mi è affatto difficile da capire. E' con questa premessa che debbo deludere chi, leggendo il titolo - e non notando il "suo malgrado", si aspettava un Saviano che avesse fatto mea culpa sulle proprie sciocchezze. Infatti, la spiegazione non è nei contenuti del suo post ma nell'arroganza che trasuda, che non fa che confermare come la sinistra non capisca assolutamente niente del mondo che la circonda e di come sia destinata a perdere ancora per tanto altro tempo.
Nel suo pezzo, insolitamente breve, Saviano infila una sequela di sfondoni e di errori logici in sovrabbondanza così industriale che francamente non si capisce come qualcuno possa trovarlo credibile come intellettuale. Inizia premettendo che "No, non si può dire che Trump abbia vinto grazie ai social", poi però prosegue - scrivendolo su un social, senza scorgere un grammo di dissonanza cognitiva - che la colpa è dei social perché, sostiene, "hanno ridotto l'attenzione degli utenti ad otto secondi" (e c'è da chiedersi se la sicumera con cui giunge ad un dato così preciso dipenda dall'aver messo un microchip a nostra insaputa) e perché "hanno reso celebre qualsiasi nullità", passando attraverso il logoro e obsoleto mantra "tutti esperti di Ucraina sui social" che sottintende il fatto che gli unici ad avere diritto di parola sono soltanto i ministri della Verità designati dal sistema e la convinzione, erronea, che le paturnie complottistiche del pensionato o del disoccupato siano davvero rilevanti. Fino ad arrivare alle consuete affermazioni generalistico/populistiche dei social che "servono solo a comprare i dati degli utenti" - come se fosse obbligatorio iscrivervisi, cosa che molta più gente di quanto io pensassi non ha MAI fatto - e infine conclude con la sempiterna litania che "bisogna aggiungere nuove regole", non bastasse il ginepraio che già tormenta il diritto italiano.
Tutte queste scemenze si commentano da sole, perché solo chi ha molto tempo da perdere può sprecarlo per spiegare all'autore di Gomorra che una nullità diventa celebre forse perché non è una nullità ma magari ha qualcosa di utile da dire a qualcuno e che dunque il suo è un errore logico molto comune che è la cosiddetta "petizione di principio" ovvero spostare furbescamente nelle premesse una supposizione da provare. E che il problema di un paese non è di Gennaro Esposito o di Concettina Brambilla (di padre milanese e madre sicula) che con due righe su uno spazio pubblico contro le multinazionali del farmaco riesce a cattivarsi 100 like cioè cento persone che entrano tranquillamente nel modesto appartamento con giardino alla periferia di Napoli dove vivo - e che con cento persone non si fa certo una rivoluzione - ma che Gennaro e Concettina abbiano una grande paura per il proprio futuro. Che non è affatto vero che le TV e i giornali non siano centrali nel dibattito ma che, anzi, lo siano troppo, al punto che le vere celebrità che oggi emergono anche sui social, lo fanno grazie al traino dei media mainstream. E che già oggi, se qualcuno osa dire una qualsiasi parola di sbagliato, viene rintracciato in una giornata e convocato in caserma.
Invero, le ragioni della vittoria di Trump sono talmente banali che, come ho scritto già ieri, ho faticato a scrivere un pezzo sul suo ritorno alla Casa Bianca, perché chi mi legge da tanti anni rischierebbe di annoiarsi, perché sono cose su cui ho scritto così tanta roba, da tanti anni nei quali, non grazie a doti di genialità che non posseggo ma semplicemente perché sono abituato a fare 2+2, cercavo di dire che si sarebbe arrivati prima o poi a questa situazione che ho sempre paura che il lettore si annoi e se ne vada.
Trump ha vinto, e con lui la Le Pen, le destre radicali in Europa, la Meloni in Italia, la destra radicale in Austria, Javier Milei in Argentina non perché abbiano un'idea precisa di come si governi un paese - tutt'altro, ed è questo il motivo per cui una sconfitta definitiva delle sinistre è ancora lontana - ma perché i cittadini non ne possono più dell'arroganza, degli intenti censori neanche tanto celati e delle ubbie ideologiche e delle scemenze woke che dopo aver funestato il dibattito pubblico, stanno invadendo anche la vita privata della gente.
Naturalmente, non si sostiene che una democrazia non debba avere regole (altra petizione di principio di Saviano). Il punto è che i paesi occidentali, sconfessando le proprie aspirazioni liberali, ne hanno sin troppe. Se qualcuno sposta con la bocca, già c'è la possibilità di portarlo in tribunale. Non è necessario essere Laura Boldrini o Giorgia Meloni, basta essere un giornalista sportivo della suburbia partenopea che ha querelato un mio contatto che aveva osato offenderlo in maniera tutto sommato blanda, oppure essere il sindaco di Portici che ha querelato un mio parente che vive lì perché quest'ultimo ha detto che il sindaco ha messo il limite a 30 km/h per fare cassa, per indurre a miti consigli la rana dalla bocca larga di turno. Basta inviare una lettera agli amministratori di una comunità digitale per rintracciare, attraverso l'IP, l'intestatario della connessione e, nel giro di un paio di settimane, gli offensori ricevono una lettera che li intima o a sborsare 1000 o 2000 euro oppure si va a processo con tutti i rischi del caso. Come si vede, non è necessario censurare, è sufficiente la responsabilità individuale. Se io diffamo un'azienda dicendo che nelle sue conserve di pomodoro ci sono i topi morti, il titolare può chiedermi, querelandomi, di dimostrarlo. E le forze dell'ordine ci mettono dieci minuti a trovarmi.
La sinistra non perde perché c'è troppa libertà ma perché non ha più niente da dire e soprattutto da dare, perché rende infernale la vita di chiunque abbia la fortuna o sfortuna di non rientrare nel prototipo di maschio o di femmina descritto dai loro "testi sacri", perché ovunque abbia governato ha soltanto aumentato il numero di poveri e perché, proprio per perseguire questo scopo - che del resto rientra nei dettami del marxismo, ossia mettere in crisi le borghesie - ha creato un inferno di leggi vessatorie ai danni di chiunque, avendo doti superiori della media, voglia creare qualcosa di proprio, perché l'obiettivo del progressismo non è di rendere tutti più ricchi (ci vorrebbero capacità che il sinistrato, normalmente, non ha) ma impoverire tutti, colpendo il ceto medio e pettinando il pezzentismo e l'invidia di chi vuol rimanere convinto del fatto che se nella vita è un fallito e le donne non lo vogliono, la colpa non è sua che è un incapace e un ricottaro ma di Briatore e Berlusconi. Il tutto, in uno sfondo di deliri artistici tipo Biancaneve nera, Damiano dei Maneskin travestito da donna, la Cortellesi che fa un film per dirci che le donne del passato erano tutte picchiate, sottomesse e umiliate - mentre oggi sono così evolute che invece che dai mariti, si fanno sottomettere dai datori di lavoro - statue abbattute, rivisitazioni della storia, censure di nudi artistici, cancellazioni di Omero dalle scuole e altre cazzate di questo tipo.
Ecco, è successo che la gente, di tutta questa roba, si è rotta i coglioni. Non c'entra nulla "l'odio social", anzi Saviano ringraziasse Dio che tanti fessi, invece di andare a prendere chi ci governa con i forconi, si illudono che le cose si possano cambiare scrivendo su un computer. Ché se proprio si vuole accusare i social di qualcosa, è di essere puri e semplici contenitori di malcontento.
Ogni sistema, d'altronde, ha bisogno dei suoi gatekeeper. E i governi, invece di tramare di farli fuori illudendosi che la gente torni a leggere i cinegiornali, preghino che funzionino sempre quei mezzi che fanno sfogare la gente con le tastiere invece che con i fucili, come ai tempi delle brigate di vario colore. Quando Internet, per capirci, non c'era.
Nel suo pezzo, insolitamente breve, Saviano infila una sequela di sfondoni e di errori logici in sovrabbondanza così industriale che francamente non si capisce come qualcuno possa trovarlo credibile come intellettuale. Inizia premettendo che "No, non si può dire che Trump abbia vinto grazie ai social", poi però prosegue - scrivendolo su un social, senza scorgere un grammo di dissonanza cognitiva - che la colpa è dei social perché, sostiene, "hanno ridotto l'attenzione degli utenti ad otto secondi" (e c'è da chiedersi se la sicumera con cui giunge ad un dato così preciso dipenda dall'aver messo un microchip a nostra insaputa) e perché "hanno reso celebre qualsiasi nullità", passando attraverso il logoro e obsoleto mantra "tutti esperti di Ucraina sui social" che sottintende il fatto che gli unici ad avere diritto di parola sono soltanto i ministri della Verità designati dal sistema e la convinzione, erronea, che le paturnie complottistiche del pensionato o del disoccupato siano davvero rilevanti. Fino ad arrivare alle consuete affermazioni generalistico/populistiche dei social che "servono solo a comprare i dati degli utenti" - come se fosse obbligatorio iscrivervisi, cosa che molta più gente di quanto io pensassi non ha MAI fatto - e infine conclude con la sempiterna litania che "bisogna aggiungere nuove regole", non bastasse il ginepraio che già tormenta il diritto italiano.
Tutte queste scemenze si commentano da sole, perché solo chi ha molto tempo da perdere può sprecarlo per spiegare all'autore di Gomorra che una nullità diventa celebre forse perché non è una nullità ma magari ha qualcosa di utile da dire a qualcuno e che dunque il suo è un errore logico molto comune che è la cosiddetta "petizione di principio" ovvero spostare furbescamente nelle premesse una supposizione da provare. E che il problema di un paese non è di Gennaro Esposito o di Concettina Brambilla (di padre milanese e madre sicula) che con due righe su uno spazio pubblico contro le multinazionali del farmaco riesce a cattivarsi 100 like cioè cento persone che entrano tranquillamente nel modesto appartamento con giardino alla periferia di Napoli dove vivo - e che con cento persone non si fa certo una rivoluzione - ma che Gennaro e Concettina abbiano una grande paura per il proprio futuro. Che non è affatto vero che le TV e i giornali non siano centrali nel dibattito ma che, anzi, lo siano troppo, al punto che le vere celebrità che oggi emergono anche sui social, lo fanno grazie al traino dei media mainstream. E che già oggi, se qualcuno osa dire una qualsiasi parola di sbagliato, viene rintracciato in una giornata e convocato in caserma.
Invero, le ragioni della vittoria di Trump sono talmente banali che, come ho scritto già ieri, ho faticato a scrivere un pezzo sul suo ritorno alla Casa Bianca, perché chi mi legge da tanti anni rischierebbe di annoiarsi, perché sono cose su cui ho scritto così tanta roba, da tanti anni nei quali, non grazie a doti di genialità che non posseggo ma semplicemente perché sono abituato a fare 2+2, cercavo di dire che si sarebbe arrivati prima o poi a questa situazione che ho sempre paura che il lettore si annoi e se ne vada.
Trump ha vinto, e con lui la Le Pen, le destre radicali in Europa, la Meloni in Italia, la destra radicale in Austria, Javier Milei in Argentina non perché abbiano un'idea precisa di come si governi un paese - tutt'altro, ed è questo il motivo per cui una sconfitta definitiva delle sinistre è ancora lontana - ma perché i cittadini non ne possono più dell'arroganza, degli intenti censori neanche tanto celati e delle ubbie ideologiche e delle scemenze woke che dopo aver funestato il dibattito pubblico, stanno invadendo anche la vita privata della gente.
Naturalmente, non si sostiene che una democrazia non debba avere regole (altra petizione di principio di Saviano). Il punto è che i paesi occidentali, sconfessando le proprie aspirazioni liberali, ne hanno sin troppe. Se qualcuno sposta con la bocca, già c'è la possibilità di portarlo in tribunale. Non è necessario essere Laura Boldrini o Giorgia Meloni, basta essere un giornalista sportivo della suburbia partenopea che ha querelato un mio contatto che aveva osato offenderlo in maniera tutto sommato blanda, oppure essere il sindaco di Portici che ha querelato un mio parente che vive lì perché quest'ultimo ha detto che il sindaco ha messo il limite a 30 km/h per fare cassa, per indurre a miti consigli la rana dalla bocca larga di turno. Basta inviare una lettera agli amministratori di una comunità digitale per rintracciare, attraverso l'IP, l'intestatario della connessione e, nel giro di un paio di settimane, gli offensori ricevono una lettera che li intima o a sborsare 1000 o 2000 euro oppure si va a processo con tutti i rischi del caso. Come si vede, non è necessario censurare, è sufficiente la responsabilità individuale. Se io diffamo un'azienda dicendo che nelle sue conserve di pomodoro ci sono i topi morti, il titolare può chiedermi, querelandomi, di dimostrarlo. E le forze dell'ordine ci mettono dieci minuti a trovarmi.
La sinistra non perde perché c'è troppa libertà ma perché non ha più niente da dire e soprattutto da dare, perché rende infernale la vita di chiunque abbia la fortuna o sfortuna di non rientrare nel prototipo di maschio o di femmina descritto dai loro "testi sacri", perché ovunque abbia governato ha soltanto aumentato il numero di poveri e perché, proprio per perseguire questo scopo - che del resto rientra nei dettami del marxismo, ossia mettere in crisi le borghesie - ha creato un inferno di leggi vessatorie ai danni di chiunque, avendo doti superiori della media, voglia creare qualcosa di proprio, perché l'obiettivo del progressismo non è di rendere tutti più ricchi (ci vorrebbero capacità che il sinistrato, normalmente, non ha) ma impoverire tutti, colpendo il ceto medio e pettinando il pezzentismo e l'invidia di chi vuol rimanere convinto del fatto che se nella vita è un fallito e le donne non lo vogliono, la colpa non è sua che è un incapace e un ricottaro ma di Briatore e Berlusconi. Il tutto, in uno sfondo di deliri artistici tipo Biancaneve nera, Damiano dei Maneskin travestito da donna, la Cortellesi che fa un film per dirci che le donne del passato erano tutte picchiate, sottomesse e umiliate - mentre oggi sono così evolute che invece che dai mariti, si fanno sottomettere dai datori di lavoro - statue abbattute, rivisitazioni della storia, censure di nudi artistici, cancellazioni di Omero dalle scuole e altre cazzate di questo tipo.
Ecco, è successo che la gente, di tutta questa roba, si è rotta i coglioni. Non c'entra nulla "l'odio social", anzi Saviano ringraziasse Dio che tanti fessi, invece di andare a prendere chi ci governa con i forconi, si illudono che le cose si possano cambiare scrivendo su un computer. Ché se proprio si vuole accusare i social di qualcosa, è di essere puri e semplici contenitori di malcontento.
Ogni sistema, d'altronde, ha bisogno dei suoi gatekeeper. E i governi, invece di tramare di farli fuori illudendosi che la gente torni a leggere i cinegiornali, preghino che funzionino sempre quei mezzi che fanno sfogare la gente con le tastiere invece che con i fucili, come ai tempi delle brigate di vario colore. Quando Internet, per capirci, non c'era.
Franco Marino
𝑽𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒈𝒐 𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒈𝒊𝒔𝒕𝒓𝒂𝒓𝒗𝒊 𝒆 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒔𝒆𝒓𝒊𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒎𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒆 "𝒎𝒊 𝒑𝒊𝒂𝒄𝒆" 𝒂𝒍𝒍'𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒔𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝒅𝒐𝒗𝒆 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒓𝒆𝒕𝒆 𝒍'𝒂𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒍𝒐, 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒍𝒐 𝒂𝒏𝒊𝒎𝒊𝒂𝒎𝒐. 𝑮𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆