Queste elezioni presidenziali hanno avuto un "grande" assente: il sottoscritto. Non, ovviamente, perché fossi uno dei candidati né perché io sia il grande editorialista di cui tutto il mondo attende con ansia la somministrazione del Verbo. Ma perché i media e soprattutto quell'opinione pubblica di comuni mortali di cui faccio parte, di tutto l'ambaradan hanno parlato poco e nulla. E questo può avere tante spiegazioni. La prima è che la vittoria di Trump era largamente annunciata, nonostante questi non abbia certo condotto una campagna elettorale impeccabile, tant'è che questo articolo l'ho scritto qualche giorno fa per non trovarmi nella condizione di dover scriverlo magari mentre ero impegnato per altre cose. Si può dire che le elezioni siano state più perse da Kamala Harris che vinte da Trump. L'ingresso della sfidante al posto dell'ormai cotto Biden aveva certamente movimentato le acque rese soporifere dal presidente uscente ma sono bastate un paio di sue dichiarazioni per convincere gli indecisi che fosse meglio sopportare le bizzarrie di un signore già testato quattro anni fa invece di inseguire le paturnie di una fanatica. La seconda è quella su cui, ora che abbiamo un risultato, concentreremo il nocciolo di questo articolo perché rappresenta un quesito ben più importante che è: cosa farà il nuovo presidente?

L'errore di molti commentatori più o meno professionali è di dare un eccessivo peso a chi rappresenta il potere politico ufficiale (presidenti, parlamentari etc.) e soprattutto di credere che un politico possa decidere quello che vuole, quando vuole. In questo senso, quando molti accusano Netanyahu o Putin di essere dei "pazzi dittatori", sembrano dimenticare che questi signori, anzitutto, hanno, al loro seguito, decine di consiglieri esperti della qualunque e che le loro decisioni, nella quasi totalità dei casi soffertissime - perché spesso vengono prese seguendo il cosiddetto "meno peggio" o "male minore" che dir si voglia - non sono mai prese a cuor leggero. Chi, per esempio, dice con tutta la leggerezza di chi non ha mai gestito niente in vita sua che "Putin è impazzito attaccando l'Ucraina" dimentica che quel signore dispone di talmente tanti più dati dell'uomo comune, da poter ridicolizzare qualsiasi osservazione che inizia il discorso dicendo "Putin sbaglia". Parimenti, pur convinto che Netanyahu stia sbagliando metodo nel gestire la faccenda di Gaza, sono certo che se per caso questi ritenesse di dover sprecare tempo appresso a me, potrebbe spiegarmi per filo e per segno perché la sua decisione sia giusta. E magari mi convincerebbe.
Soprattutto, ogni statista di altissimo livello dispone dei bottoni del comando, non necessariamente del potere. Ognuno ha poteri forti a cui deve rendere conto delle sue scelte e semmai la forza di un politico è cercare di dipenderne il meno possibile. Se è già sciocco parlare di "Putin che decide" manco fosse il capo assoluto del suo paese, figuriamoci quando parliamo di uno come Trump che deve confrontarsi con una valanga di contropoteri ufficiali e non.

E' con questo spirito che approccio questa seconda presidenza. Dalla quale, mi sembra, in tanti attendono - nel bene (destra) e nel male (sinistra) - una palingenesi che non è escluso che un giorno arrivi, ma che certamente non avverrà nelle forme trumpiane vagheggiate e che, peraltro, in realtà, sta già avvenendo da quasi una ventina d'anni. E non è niente che possa far stare allegri noi europei.
Contrapporre sul piano geopolitico i Dem e la destra americana ha ben poco senso sul piano sostanziale. Restano le differenze formali che però, nelle grandi questioni geopolitiche, sono fuffa. Sia la sinistra americana che la destra teorizzano un disimpegno americano dal mondo e ne assecondano la trasformazione in un ordine multipolare. L'unica sostanziale differenza è che mentre i Dem vogliono drenare quanto più possibile soldi dalle casse europee - il Green Deal serve a questo - i trumpiani vogliono accelerare il percorso, avviando una sorta di perestroika che ufficializzi, già da ora, la fine dell'impegno americano nel mondo, convinti peraltro che, un giorno, il mondo tornerà ad aver bisogno di loro.
Entrambe queste visioni, tuttavia, si dovranno scontrare con i fatti che renderanno, quindi, molto difficili le speranze di molti trumpiani all'amatriciana, per le seguenti ragioni.

Primo punto: La NATO non morirà per volontà di Trump. E' l'epicentro dell'imperialismo americano e se gli Stati Uniti ne escono, di fatto dichiarerebbero non soltanto la fine dell'Alleanza Atlantica ma anche della superiorità geopolitica americana in Occidente che, per gli USA, avrebbe lo stesso significato che hanno avuto la fine del Patto di Varsavia e del Comecon, che erano espressione del potere militare e finanziario sovietico: sarebbe, in sostanza, l'inizio della fine degli USA. Circostanza che peraltro, ritengo non solo improbabile ma personalmente - e lo dice un non simpatizzante degli americani - neanche auspicabile.
Dunque, non aspettiamoci uscite americane da questo sistema di potere. Non da Trump, almeno.

Secondo punto: la guerra in Ucraina non finirà, non subito almeno. Perché non è una guerra iniziata "sotto Biden" nel 2022 come si tenta di far credere, bensì dal 2013. L'unica novità da dieci anni a questa parte è che Putin, pensando che il disimpegno di Biden dall'Afghanistan avrebbe comportato una generale dismissione degli USA, ha pensato che gli americani non sarebbero intervenuti in favore degli ucraini, e dunque ha avviato la cosiddetta Operazione Speciale. Tutta l'isteria legata al conflitto e il voler strombazzarlo come se fosse la "reazione dei popoli occidentali", è dovuta alla consapevolezza che un nulla di fatto ucraino segnerebbe la fine di tutto l'Occidente e ciò che Putin ha semplicemente fatto è intervenire in un territorio dove gli Stati Uniti facevano casini da dieci anni. Il ruolo dei media è stato di trasformare tutta la faccenda in "Putin che invade l'Ucraina e dunque è iniziata la guerra", per non dover ammettere che in realtà gli USA non fanno niente di diverso da ciò che già facevano da dieci anni, cioè destabilizzare il Donbass e finanziare e appoggiare il battaglione di Azov.

Terzo punto: Trump non farà rese dei conti. Non può. Quindi, chi vaneggia di morti e feriti, arresti di massa, magari aspettandosi punizioni contro la sinistra, inchieste giudiziarie, liste di proscrizione, vendette, due sono le cose: o cammina sull'acqua o fa cose interessanti col vino. Le percentuali della vittoria sono rispettabili ma certo non tali da poter far pensare ad una cosa del genere. Per poterla fare - e a volerla fare - ci sarebbe voluto un 70-80%. E non è la situazione dell'America attuale che è spaccata a metà, col rischio che se a qualcuno venisse l'idea di fare colpi di mano, si possa arrivare ad una seconda guerra civile dopo quella di secessione. Il neo-presidente farà qualche sceneggiata, qualche coreografia che, come nella precedente esperienza, farà parlare di lui più delle tante cose buone che pure sono sicuro che farà.

Trump, di tutto questo, ne è perfettamente al corrente e, per quanto l'uomo possa apparire bizzarro ed eccentrico, certamente non deve essere uno sprovveduto se è arrivato a quei livelli. Sa benissimo che come una grande nave da crociera non si può frenare di botto, al tempo stesso certi processi non possono essere stoppati con un "chi s'è visto, s'è visto".
Chi, quindi, si aspetta una palingenesi, secondo me si illude. Ma ancor di più si illude chi crede che il trumpismo possa voler dire tempi migliori anche in Europa perché se esso coincidesse davvero con un disimpegno geopolitico in giro per il mondo, questo significa che per l'Europa arriveranno tempi pericolosissimi in cui, senza la protezione militare ed economica americana, rischieremmo davvero di finire in guai seri. Tutto questo non perché Trump è cattivo ma soltanto perché fa gli interessi del proprio paese.
Questo naturalmente contrarierà quella parte di opinione pubblica che crede ancora al Cavaliere bianco che salverà il paese dai cattivi. Prima Putin che la destra italiana attendeva speranzosa veder arrivare dal Cremlino a salvare l'Italia dagli americani. Adesso è Trump, con la destra che attende, sempre speranzosa, che dalla Casa Bianca il suo inquilino cali qualche marines a "salvarci dal comunismo".
Non che a sinistra le cose vadano meglio, visto che il PD ha chiesto addirittura all'Unione Europea di sanzionarci per via della vicenda immigrati. Sia mai che da quelle parti siano capaci di vincere le elezioni senza l'aiutino esterno.

In realtà - posto che se proprio bisogna prendere esempio da qualcuno, Erdogan sarebbe molto più istruttivo - gli italiani fanno una grande fatica a capire che la salvezza non viene dal Liberatore esterno ma dalla capacità di ribellarsi in maniera compatta. Perché i liberatori non liberano mai gratis. Questa è una lezione della storia che il nostro paese proprio non vuole imparare.
Quindi godiamoci gli attacchi di bile dei media di sinistra - che riscaldano sempre il cuore - facciamo battute su come Trump sia l'unico miliardario bianco ad aver sfrattato prima una famiglia di neri e poi un anziano rincoglionito.
Ma prepariamoci a quattro anni di chiappe strette.


Franco Marino


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Comments

"gli italiani fanno una grande fatica a capire che la salvezza non viene dal Liberatore esterno ma dalla capacità di ribellarsi in maniera compatta".
Questa è, ahimè, una tara che ci accompagna da secoli. L'italiano non ha la consapevolezza innata dei propri interessi, si ricompatta solo se c'è un leader armato di manganello, un partito-Stato o azienda stile PNF, DC o Forza Italia. Ma i partiti e i leader, per quanto influenti e carismatici, passano. E una volta passati, noi si ritorna pecore matte.
 
Ho già commentato anche qui e poi mi sono annoiata. Quindi...hai ragione. Quello che mi ha divertito é il fallimento nelle previsioni di costoro (copio dalla mia pagina fb e gli aggettivi sono per le foto qui non riprodotte)
VEDIAMO SE 2 SISTEMI COMPLETAMENTE DIVERSI CI AZZECCANO ❓️❓️❓️❓️❓️❓️❓️❓️❓️❓️
I 3 bei gnoccoloni hanno appena avviato un'attività (start-up) di ricerche di mercato (marketing research) basandosi su dati raccolti da 'agenti' virtuali ed elaborati da un software di ultima generazione (A.I. o I.A). I loro sondaggi danno vincente K.Harris. L'altro meno gnoccolone ma appetitoso nonostante i suoi 77 anni é Allan Lichtman definito anche "Nostradamus dei sondaggi". Ha azzeccato il vincitore della Casa Bianca 9 volte su 10 grazie ad un suo sistema di valutazione basato sugli effetti comportamentali dei concorrenti. Anche lui afferma che vincerà la K. Harris.
 
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