Dalla Liguria arrivano due dati chiari nella loro limpidezza: la vittoria della destra - che vale doppio anche alla luce di come è maturata - e il crollo ormai conclamato del Movimento 5 Stelle, nella terra del suo leader storico, Beppe Grillo.
Chi mi legge abitualmente, sa che rigetto il vezzo di molti media di mischiare elezioni con regole diverse tra loro. Le regionali come le amministrative e le europee si fondano sulle preferenze e dunque sulla scelta del candidato. Le politiche sulle liste bloccate. E questo fa molta differenza.
Ma quando la destra, oltretutto dopo aver superato i due anni di governo, vince ovunque, in Italia e nel mondo - e nell'unico posto dove perde, cioè in Gran Bretagna, ciò avviene perché si è messa a rimorchio di una sinistra che, comunque, ha perso voti rispetto alle Politiche precedenti - il risultato va oltre le dinamiche di un territorio e assume una valenza sociologica molto chiara. Quale?
La gente non ne può più della sinistra, molto semplicemente. E dato che, come abbiamo detto, questa insofferenza è internazionale, non si può circoscrivere la cosa ad un territorio. Il progressismo continua a perdere ma al tempo stesso non smette di ritenersi moralmente superiore, nel dividere il mondo in Buoni e Cattivi, ritenendosi depositario del Bene contrapposto al Male. Non smette di tentare di disarcionare l'avversario anche con metodi sleali, anche violentando il diritto. Continua ad evocare fantasmi sepolti nella storia e che se c'è un rischio che possano tornare reali è soltanto nell'eterogenesi dei fini di sventolarli come Male assoluto col risultato di far chiedere a molti se questo Male sia davvero tale.
E dal momento che, morto Berlusconi - che peraltro era, da molti anni, uscito dal ruolo di protagonista della politica - stavolta non c'è più un capro espiatorio a cui attribuire le origini di ogni nequizia ma nel mirino è il ceto medio italiano, ecco che le masse cominciano a capire che Berlusconi era soltanto un pretesto come lo sono Trump, la Le Pen e, nel caso della Liguria, Toti.
L'elettore medio non ne può più delle scemenze progressiste, specie se ad essere toccato è il proprio portafoglio.
Ma soprattutto, non ne può più dell'umanità progressista, violenta, incapace di dialogare senza offendere, senza pretendere di ridurre la democrazia a chi non è d'accordo, senza tentare di tappare la bocca a chi deraglia dai binari del pensiero unico liberal, con l'aggravante di voler poi farsi maestra di antifascismo, tentando di screditare chiunque abbia un pensiero differente, finanche entrando nel personale degli avversari. Credo che, in terra ligure, il fondo si sia toccato quando Nicola Morra, in riferimento ai problemi di salute di Bucci, ha detto che non si sarebbe dovuto candidare, "altrimenti avremmo avuto un Jole Santelli-bis", la presidente della Regione Calabria che, come è noto, è deceduta per un brutto male. In quella circostanza, chi se n'è sempre saggiamente tenuto distante, ha avuto la conferma dell'orrenda e oscena umanità che popola il Movimento 5 Stelle.
Per cui, le elezioni in Liguria vanno oltre le questioni della politica territoriale. Il dato assodato è che la gente non ne può più di questa congrega di gentaglia col ditino puntato che si leva dai propri talami, ogni dì, per fare lezione ai peones renitenti alla leva benpensante e la cui unica ossessione sono questioni di lana caprina che interessano sparute minoranze. Ed è disposta anche a perdonare i non pochi errori commessi dal governo, pur di non avere la Schlein e Conte a Palazzo Chigi o di non avere i loro cacicchi nei propri territori.
Chi mi legge abitualmente, sa che rigetto il vezzo di molti media di mischiare elezioni con regole diverse tra loro. Le regionali come le amministrative e le europee si fondano sulle preferenze e dunque sulla scelta del candidato. Le politiche sulle liste bloccate. E questo fa molta differenza.
Ma quando la destra, oltretutto dopo aver superato i due anni di governo, vince ovunque, in Italia e nel mondo - e nell'unico posto dove perde, cioè in Gran Bretagna, ciò avviene perché si è messa a rimorchio di una sinistra che, comunque, ha perso voti rispetto alle Politiche precedenti - il risultato va oltre le dinamiche di un territorio e assume una valenza sociologica molto chiara. Quale?
La gente non ne può più della sinistra, molto semplicemente. E dato che, come abbiamo detto, questa insofferenza è internazionale, non si può circoscrivere la cosa ad un territorio. Il progressismo continua a perdere ma al tempo stesso non smette di ritenersi moralmente superiore, nel dividere il mondo in Buoni e Cattivi, ritenendosi depositario del Bene contrapposto al Male. Non smette di tentare di disarcionare l'avversario anche con metodi sleali, anche violentando il diritto. Continua ad evocare fantasmi sepolti nella storia e che se c'è un rischio che possano tornare reali è soltanto nell'eterogenesi dei fini di sventolarli come Male assoluto col risultato di far chiedere a molti se questo Male sia davvero tale.
E dal momento che, morto Berlusconi - che peraltro era, da molti anni, uscito dal ruolo di protagonista della politica - stavolta non c'è più un capro espiatorio a cui attribuire le origini di ogni nequizia ma nel mirino è il ceto medio italiano, ecco che le masse cominciano a capire che Berlusconi era soltanto un pretesto come lo sono Trump, la Le Pen e, nel caso della Liguria, Toti.
L'elettore medio non ne può più delle scemenze progressiste, specie se ad essere toccato è il proprio portafoglio.
Ma soprattutto, non ne può più dell'umanità progressista, violenta, incapace di dialogare senza offendere, senza pretendere di ridurre la democrazia a chi non è d'accordo, senza tentare di tappare la bocca a chi deraglia dai binari del pensiero unico liberal, con l'aggravante di voler poi farsi maestra di antifascismo, tentando di screditare chiunque abbia un pensiero differente, finanche entrando nel personale degli avversari. Credo che, in terra ligure, il fondo si sia toccato quando Nicola Morra, in riferimento ai problemi di salute di Bucci, ha detto che non si sarebbe dovuto candidare, "altrimenti avremmo avuto un Jole Santelli-bis", la presidente della Regione Calabria che, come è noto, è deceduta per un brutto male. In quella circostanza, chi se n'è sempre saggiamente tenuto distante, ha avuto la conferma dell'orrenda e oscena umanità che popola il Movimento 5 Stelle.
Per cui, le elezioni in Liguria vanno oltre le questioni della politica territoriale. Il dato assodato è che la gente non ne può più di questa congrega di gentaglia col ditino puntato che si leva dai propri talami, ogni dì, per fare lezione ai peones renitenti alla leva benpensante e la cui unica ossessione sono questioni di lana caprina che interessano sparute minoranze. Ed è disposta anche a perdonare i non pochi errori commessi dal governo, pur di non avere la Schlein e Conte a Palazzo Chigi o di non avere i loro cacicchi nei propri territori.
Questa catastrofica sconfitta della sinistra, giunta, tra l'altro, dopo il caso Toti, ha una valenza sociologica i cui punti si uniscono alle scoppole già prese in giro per l'Europa.
Franco Marino
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