Nella giornata di ieri, circolava una notizia falsa, ossia che un magistrato, Marco Patarnello, che pare che faccia parte di Magistratura Democratica, avrebbe scritto in un'email: "Giorgia Meloni è più pericolosa di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio". In realtà, la famosa email segreta altro non è che un messaggio inviato all'interno della mailing list dell'ANM, dove qualsiasi magistrato può intervenire dicendo la sua opinione sulle vicende relative alla giustizia. E il procuratore in questione, se l'email viene riletta nel modo corretto, non dice che "bisogna porre rimedio alla Meloni", ma, pur denunciando un attacco della politica all'indipendenza dei magistrati, tuttavia fa un'analisi molto più complessa che, riletta in maniera onesta e corretta, non è eversiva come si potrebbe pensare dai titoli e dai riassunti di giornalisti che non si rendono conto che diffondendo notizie false, non fanno che danneggiare le cause che sostengono.
Sostanzialmente, ciò che dice Patarnello è che non avendo, la Meloni, problemi giudiziari, è molto più insidiosa nell'affrontare il tema della riforma della giustizia di quanto potesse esserlo il Cavaliere. E francamente, si fa fatica a dargli torto. Anche perché fin quando si trattava di attaccare un leader col suo curriculum di marachelle, si poteva anche far passare il principio che si agisse in favore della legalità. Se però lo schema si ripete con chiunque voglia riformare la giustizia, capite bene che è difficile pensare che la cosa non sia sistematica, posto che la credibilità del sistema giudiziario, ai miei occhi, non è certo da oggi che sia pari a zero. In tal senso, è sorprendente la reazione di Magistratura Indipendente, forse dettata dal non aver letto il testo integrale. Ciò non toglie che i clan giudiziari siano, in generale, diventati un problema per questo paese, cosa che del resto, nei vari spazi da dove intrattengo i miei lettori da molti anni, non ho mai mancato di scrivere. Il punto è, dunque questo. Come risolvere questo annoso problema del conflitto tra politici e magistrati?

Come tutti quelli che hanno ormai passato i quarant'anni, sono cresciuto in un clima dove la politica spesso veniva decisa dalle aule di tribunale. E mi ha sempre sconcertato la disonestà intellettuale con cui la magistratura da una parte fosse difesa acriticamente e dall'altra venisse attaccata con argomenti fantoccio che sembravano quasi avvalorare la bontà delle tesi giustizialiste.
Se qualcuno avesse letto i miei articoli di allora, mi avrebbe collocato senza alcuna esitazione tra i garantisti, solo perché "difendevo" - le virgolette sono d'obbligo visto che ero e sono un signor nessuno e soprattutto non l'ho mai conosciuto - Berlusconi. In realtà, non sono mai stato garantista né tantomeno sono mai stato giustizialista. Né, da berlusconiano, mi avreste mai visto battagliare in favore delle tesi degli avvocati del Cavaliere né ovviamente di quelle dei suoi accusatori. Ammiravo le luci del personaggio ma nondimeno ero a conoscenza delle tante ombre della sua epopea storica e politica, dei suoi legami, che definiremmo eufemisticamente spregiudicati, con opachi poteri sovranazionali ed extrapolitici. L'unico tema per me importante è sempre stato geopolitico: come dovrebbe essere la Giustizia di un paese e com'è quella degli altri paesi.
In tal senso, nell'analisi dei fatti noi dimentichiamo sempre di tener presente che nel 1945 l'Italia ha perso, e per giunta rovinosamente ed ignominiosamente, una guerra. Sicché il trucco dei veri vincitori, Stati Uniti e URSS, fu quello di fare in modo che i sistemi costituzionali dei paesi finiti sotto il loro controllo, prevedessero governi relativamente deboli, parlamenti forti e un potere giudiziario praticamente onnipotente, in grado di poter rovesciare chiunque cercasse di fare politiche indipendenti dai due grandi blocchi politici.
Si capisce già da questo punto che parlare della magistratura come se fosse qualcosa "di destra" o "di sinistra" non ha alcun senso e quando Berlusconi parlava di toghe rosse, fondamentalmente faceva propaganda. In realtà, il potere giudiziario è sempre stato il trojan con cui i servizi segreti - principalmente quelli americani - interferiscono con l'azione di un governo. La cosa da capire è che destra o sinistra, i veri padroni della politica italiana non permetteranno mai un governo stabile perché non è nel loro interesse.
Come uscirne? Solo affrontando il tema dal punto di vista geopolitico, piantandola con la solita annosa diatriba tra i pelosi garantisti - che si muovono solo quando devono difendere un potente - contrapposti ai fanatici giustizialisti che vanno in erezione davanti a qualsiasi magistrato.
Tutti i paesi autenticamente sovrani oggi hanno una giustizia sottoposta al potere politico. Dove i giudici non rispondono al governo, rispondono al Parlamento. E di conseguenza, se l'Italia vuole diventare autonoma, deve con ogni mezzo riformare la giustizia togliendole l'indipendenza totale che ha oggi. L'opinione pubblica deve capire che il ruolo di un giudice non è quello di vendicare gli oppressi ma di garantire il rispetto di leggi che non è chiamato lui a scrivere. E che a decidere se un politico deve andarsene è soltanto il popolo.

In tal senso, ad un contatto che mi chiede se la Meloni ce la farà a riformare il tema dell'invadenza del potere giudiziario, ho risposto che le variabili del discorso sono tante e risiedono tutte nelle elezioni americane del 5 Novembre e in cosa accadrà se vincerà Trump.
Se quest'ultimo darà autonomia ai paesi europei nell'idea - e sarebbe anche ora che da Washington lo capiscano - che gli americani non si possano sobbarcare il ruolo di gendarme mondiale, soprattutto considerando i problemi di casa propria da sistemare, allora forse avremo una riforma che affronti la radice del problema, che non è né giudiziario né istituzionale ma geopolitico. Sennò, assisteremo ad altri anni di chiacchiere inutili e ad una magistratura ad immagine e somiglianza di Mani Pulite.


Franco Marino


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