Quando si parla di bullismo, la prima immagine che sgorga nella mente è una scena abbastanza stereotipica: un giovine muscolare e aggressivo che ne vessa uno meno muscolare e meno aggressivo. Oppure una gang che se la prende con un minorato di qualsiasi tipo. A questo contribuiscono i media che sono sempre pronti a farne una sorta di resa dei conti tra giovani. Sotto la lente di ingrandimento dei social, infatti, è giunta la storia di un ragazzo, Leonardo, che si è suicidato perché alcuni suoi compagni lo offendevano insinuando che fosse effeminato, gay e quant'altro. Una storia, al netto delle differenze di sfumature tra un caso e l'altro, purtroppo ordinaria nel mondo della scuola, molto più frequente - sto scoprendo con una certa sorpresa - di quanto si creda, anche perché raramente chi viene vessato lo ammette, perché, in una società autenticamente bulla, chi confessa le proprie debolezze perde automaticamente prestigio. Come affrontarlo e combattere il bullo?
La prima cosa da capire per introdurre il fenomeno è che l'essere umano è esattamente l'opposto del "buon selvaggio" che diventa cattivo per colpa della società, dipinto da Rousseau. In realtà, quella che noi chiamiamo "brava persona", è il risultato di un calcolo matematico, ossia il quoziente tra il proprio istinto predatorio e la somma di due addendi: la consapevolezza che se i propri istinti non vengono disciplinati si pagano pesanti conseguenze e la convenienza materiale nel comportarsi bene.
Una volta chiarito questo, definire il bullismo è relativamente facile. Un gruppo di persone individua chi, non sempre per qualità negative ma magari semplicemente dissonanti, si rivela un corpo estraneo e decide di estraniarlo con una violenza che può essere sia fisica che psicologica. Tutto ciò è qualcosa di crudele ma tipicamente umano e dunque inestirpabile. In qualsiasi comunità c'è il bullismo perché, in sé, è un meccanismo di difesa. Se qualcuno, spiccando per la natura individuale della sua persona o per dei difetti psicofisici, rende identificabile e dunque bersagliabile un gruppo sociale, sorgeranno spontanei meccanismi di ostracismo che allontaneranno l’elemento che non si integrerà pienamente. E’ la natura umana che funziona così. E in generale di tutti gli animali sociali.
Naturalmente, in una società dove non si vive di sussistenza, non è necessario dover a tutti i costi associarsi per sopravvivere, perché la differenza tra la giungla e uno stato di diritto è che quest’ultimo rappresenta il gruppo sociale superiore a tutti gli altri. Dove questa preminenza è indebolita, ecco che la piaga dilaga.
Se, per esempio, si desse ad un preside la possibilità di espellere con facilità qualcuno da una scuola, il fenomeno verrebbe molto mitigato. La madre del povero Leonardo, per esempio, se l'è presa con i docenti. E non c'è dubbio che presso costoro serpeggi una codardia esistenziale che impedisce di prendersela col prepotente della situazione. Sin dalla tenera età, si cerca di inculcare ai bambini - fateci caso - che se qualcuno ti provoca, devi ignorarlo, non che vada allontanato o punito il prepotente. D'altra parte, va anche detto che maestri e professori hanno poche armi, specialmente in realtà sociali delicate, per ricondurre a miti consigli il potenziale bullo. Per giunta, oggi bocciare qualcuno è quasi proibito. La società stessa incoraggia mediaticamente la cultura del più forte. Il conformismo, che specie in questi anni ha assunto pieghe imbarazzanti, palesando sovente pulsioni autoritarie, si dipana esso stesso su logiche tipiche della cultura del più forte e prepotente. Come, a tal proposito, dimenticare gli insulti e le provocazioni di cui è fatto oggetto ogni giorno qualsiasi figura mediatica che, per un motivo o per l’altro, va contro il messaggio del potere dominante? Come non vedere che i social network mentre scattano sull'attenti ad ogni parola fuori posto rivolta ad una categoria, fanno passare in cavalleria ogni insulto e provocazione rivolto al singolo? E cos’è la tutela della persona in base all’appartenenza ad una categoria se non una logica chiaramente bullesca? Cosa sono le shitstorm scatenate sui social ad ogni opinione fuori dal coro se non una manifestazione di bullismo? Bullo non è solo l'adolescente pervaso dai primi furori testosteronici ma anche il popolarissimo opinion leader che, facendosi forza dei propri numeri, mortifica chiunque entri nel proprio mirino. In questo, applaudito da decine di migliaia di gregari.
Combattere tutto questo riducendolo ad una dinamica tipicamente giovanile significa non aver colto la reale essenza di un grosso problema che nasce in una società senza princìpi dove il rispetto della dignità umana non è regolato dallo sbandieramento di retorici diritti ma dall'appartenenza a questa o quella parrocchia. Questo triste fenomeno è entrato nell'agenda della politica per fini che non hanno nulla a che vedere con la volontà di combatterlo ma forse con l'introduzione di nuovi strumenti di controllo sociale. Perché una società dove non vigono le leggi della giungla, tratta tutti i cittadini come meritevoli di rispetto, quale che sia il nostro patrimonio valoriale e culturale, e punisce chiunque cerchi di discriminare il suo prossimo. Dunque non protegge solo la Boldrini che si vedesse rivolto un insulto sessista ma anche la Meloni e Salvini che vengono presi ad insulti nel silenzio generale. E' anche questo bullismo, introdurre discrimini di vario tipo.
Ma nessuno ha interesse ad approfondire questo punto, perché il giorno in cui si decidesse di guardare in faccia il problema, scopriremmo che di bulli ve ne sono molti di più di quanti crediamo.
La prima cosa da capire per introdurre il fenomeno è che l'essere umano è esattamente l'opposto del "buon selvaggio" che diventa cattivo per colpa della società, dipinto da Rousseau. In realtà, quella che noi chiamiamo "brava persona", è il risultato di un calcolo matematico, ossia il quoziente tra il proprio istinto predatorio e la somma di due addendi: la consapevolezza che se i propri istinti non vengono disciplinati si pagano pesanti conseguenze e la convenienza materiale nel comportarsi bene.
Una volta chiarito questo, definire il bullismo è relativamente facile. Un gruppo di persone individua chi, non sempre per qualità negative ma magari semplicemente dissonanti, si rivela un corpo estraneo e decide di estraniarlo con una violenza che può essere sia fisica che psicologica. Tutto ciò è qualcosa di crudele ma tipicamente umano e dunque inestirpabile. In qualsiasi comunità c'è il bullismo perché, in sé, è un meccanismo di difesa. Se qualcuno, spiccando per la natura individuale della sua persona o per dei difetti psicofisici, rende identificabile e dunque bersagliabile un gruppo sociale, sorgeranno spontanei meccanismi di ostracismo che allontaneranno l’elemento che non si integrerà pienamente. E’ la natura umana che funziona così. E in generale di tutti gli animali sociali.
Naturalmente, in una società dove non si vive di sussistenza, non è necessario dover a tutti i costi associarsi per sopravvivere, perché la differenza tra la giungla e uno stato di diritto è che quest’ultimo rappresenta il gruppo sociale superiore a tutti gli altri. Dove questa preminenza è indebolita, ecco che la piaga dilaga.
Se, per esempio, si desse ad un preside la possibilità di espellere con facilità qualcuno da una scuola, il fenomeno verrebbe molto mitigato. La madre del povero Leonardo, per esempio, se l'è presa con i docenti. E non c'è dubbio che presso costoro serpeggi una codardia esistenziale che impedisce di prendersela col prepotente della situazione. Sin dalla tenera età, si cerca di inculcare ai bambini - fateci caso - che se qualcuno ti provoca, devi ignorarlo, non che vada allontanato o punito il prepotente. D'altra parte, va anche detto che maestri e professori hanno poche armi, specialmente in realtà sociali delicate, per ricondurre a miti consigli il potenziale bullo. Per giunta, oggi bocciare qualcuno è quasi proibito. La società stessa incoraggia mediaticamente la cultura del più forte. Il conformismo, che specie in questi anni ha assunto pieghe imbarazzanti, palesando sovente pulsioni autoritarie, si dipana esso stesso su logiche tipiche della cultura del più forte e prepotente. Come, a tal proposito, dimenticare gli insulti e le provocazioni di cui è fatto oggetto ogni giorno qualsiasi figura mediatica che, per un motivo o per l’altro, va contro il messaggio del potere dominante? Come non vedere che i social network mentre scattano sull'attenti ad ogni parola fuori posto rivolta ad una categoria, fanno passare in cavalleria ogni insulto e provocazione rivolto al singolo? E cos’è la tutela della persona in base all’appartenenza ad una categoria se non una logica chiaramente bullesca? Cosa sono le shitstorm scatenate sui social ad ogni opinione fuori dal coro se non una manifestazione di bullismo? Bullo non è solo l'adolescente pervaso dai primi furori testosteronici ma anche il popolarissimo opinion leader che, facendosi forza dei propri numeri, mortifica chiunque entri nel proprio mirino. In questo, applaudito da decine di migliaia di gregari.
Combattere tutto questo riducendolo ad una dinamica tipicamente giovanile significa non aver colto la reale essenza di un grosso problema che nasce in una società senza princìpi dove il rispetto della dignità umana non è regolato dallo sbandieramento di retorici diritti ma dall'appartenenza a questa o quella parrocchia. Questo triste fenomeno è entrato nell'agenda della politica per fini che non hanno nulla a che vedere con la volontà di combatterlo ma forse con l'introduzione di nuovi strumenti di controllo sociale. Perché una società dove non vigono le leggi della giungla, tratta tutti i cittadini come meritevoli di rispetto, quale che sia il nostro patrimonio valoriale e culturale, e punisce chiunque cerchi di discriminare il suo prossimo. Dunque non protegge solo la Boldrini che si vedesse rivolto un insulto sessista ma anche la Meloni e Salvini che vengono presi ad insulti nel silenzio generale. E' anche questo bullismo, introdurre discrimini di vario tipo.
Ma nessuno ha interesse ad approfondire questo punto, perché il giorno in cui si decidesse di guardare in faccia il problema, scopriremmo che di bulli ve ne sono molti di più di quanti crediamo.
A volte persino tra i paladini dell’antibullismo.
Franco Marino
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