Non di rado ci si trova ad affrontare un capitolo della propria vita - o di quella altrui - dando per scontato che la persona che ci consiglia di prendere una certa direzione in un senso o nell'altro, sia in buonafede. Invece - e mi è capitato un'infinità di volte - quello che può sembrare un consiglio disinteressato e mirato al nostro bene, sovente tutto è tranne che tale. Eduardo De Filippo coniò, in una delle sue innumerevoli commedie, un aforisma che è diventato fondamentale per il mio modo di concepire la vita: è proibito dare consigli se non richiesti. Il consiglio, non richiesto, che ci siamo sentiti ripetere per tanti anni è che l'Italia, per uscire dai suoi problemi, deve "fare sacrifici". Il punto è proprio che il fatto che ce lo stiano ripetendo da tanti anni, per giunta per risolvere un problema - quello del debito pubblico - che in barba a tutta la macelleria sociale e alla valanga di tasse che ci troviamo a pagare, continua a peggiorare, dimostra come forse possa non essere mirato al nostro bene.

E' con questa premessa che, su sollecitazione di tanti amici, mi trovo a commentare le dichiarazioni di Giorgetti che ha, in sostanza, annunciato che nella prossima manovra saranno previsti sacrifici, col risultato che la Borsa di Milano ha già fatto un bel tonfo. Ma questo presuppone che io mi fidi dell'onestà di questo ministro e fidarsi dei politici è un lusso che chi è provvisto di buonsenso sa di non poter permettersi.
La questione sul debito pubblico, del resto, è semplicissima: il trucco con cui ci viene fatto credere che sia enorme è quello di calcolarlo in percentuale, paragonandolo al PIL. E non c'è dubbio che in questo modo, col suo 160% di debito pubblico, l'Italia sia messa male.
Ma se lo quantificassimo in soldi e lo parametrassimo col risparmio privato e soprattutto con l'enorme patrimonio immobiliare degli italiani, ci renderemmo facilmente conto che si tratta di un debito talmente piccolo che fa dell'Italia, al contrario, forse uno dei paesi che da questo punto di vista sta meglio di tutti gli altri.
A spingere così in alto infatti la percentuale è il paragone del tutto fuori posto col PIL italiano che è, infatti, uno dei più bassi d'Europa. In buona sostanza, l'Italia produce poco ed è vero. Ma quando voi andate in banca e chiedete un prestito, se voi non avete un lavoro o ne avete uno sottopagato, la banca vi concede il prestito vedendo il vostro patrimonio: se non avete beni immobili da ipotecare, non ve lo dà. Se li avete, il direttore vi riceve anche la notte di Natale. Ed è talmente vero questo che, guarda caso, nessuno parla di come facilitare la produzione della ricchezza ma solo di come mettere le mani sul patrimonio e sul risparmio privato.
La persona onesta, alla luce di quanto sopra, ne ricava che, invece di massacrare di tasse gli italiani, forse si dovrebbe fare in modo che liberino le proprie energie imprenditoriali - l'italiano, se vuole, è capacissimo di emergere in qualsiasi attività grazie alla sua sveltezza mentale, al suo pragmatismo (quando si tratta della cosa privata, quando si tratta di quella pubblica è un deficiente assoluto) e alla sua creatività - e rimuovere i lacci della burocrazia. Se finalmente invece di tassarci e penalizzarci nell'idea - falsa come l'oro di Bologna che si fa nero per vergogna - che questo riporti il paese alla prosperità, facesse ponti d'oro (quello non di Bologna, quello vero) ai produttori di ricchezza, abbandonando definitivamente le ubbie socialiste, l'Italia potrebbe diventare il paese più ricco del mondo. Ma questa visione delle cose implica che l'Italia sia in grado di darsi una politica autonoma, che sia governato da gente interessata a fare il bene degli italiani.
Ed analizzare le parole di Giorgetti implica che si dia per scontata la sua buonafede. E il problema è che se così fosse, noi avremmo a che fare con un palese incompetente, cosa che non è.

Il bluff del debito pubblico è, invece, svelato da un signore che non scrive per qualche giornale complottistico dell'area del dissenso, ma che è stato Presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, il quale, qualche anno fa, spiegò in un video che potete trovare tranquillamente in rete come funziona il fantomatico meccanismo dei mercati.
In sostanza, dice D'Alema, che può piacere o no ma che non avrebbe avuto la carriera che ha avuto se fosse stato propenso a parlare a casaccio, che i debiti dei paesi del mondo sono gestiti da ragazzi americani che, attraverso un software, premendo un pulsante, possono decidere se questo o quel paese debba fallire, non pagando più le pensioni e gli stipendi statali. Se non credete a me, cliccate questo video https://encr.pw/mwvm4 e ascoltate ciò che dice il signore in questione. O siamo di fronte ad una raffinatissima intelligenza artificiale che gli fa dire cose che non pensa - coi tempi che corrono, non si sa mai - o è davvero lui, Massimo D'Alema, presidente del consiglio, leader per molti anni del più importante partito di sinistra italiano. Per inciso, D'Alema non dice nulla di nuovo che non sappia chi, come il sottoscritto - che non è né un professore né un intellettuale ma un semplice osservatore col viziaccio di collegare i dati - queste cose le studia e ne parla da vent'anni. Capite poi perché la Rete si riempie di odio contro i politici e contro i media mainstream?

L'Italia, per ritornare prospera, deve essere lasciata semplicemente in pace, deve cambiare mentalità, deve rinunciare, per sempre, al socialismo e ai suoi veleniferi frutti come il comunitarismo, lo statalismo e il collettivismo che sono alla base della quasi totalità dei suoi guai, ed hanno già dimostrato la propria fallimentare natura.
Non abbiamo bisogno dei consigli non richiesti di Giorgetti ma solo di lavorare in pace senza essere vessati da uno stato sbirresco e mafioso e dunque, sul genere di quella di Reagan e della Thatcher, di una sana e vera rivoluzione liberale.

Franco Marino


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Le ricette dei Reagan e delle Tatcher funzionano se puoi depredare le risorse di un buon numero di popoli e paesi stranieri impunemente. E questa è un' altra cosa che noi non ci possiamo più permettere. Da un bel pezzo, fra l'altro.
 
Le ricette liberali non funzionano se non vengono destinate alla gente ma alla costruzione di apparati finalizzati alla costruzione di un sistema imperialistico.
E peraltro, se non funzionano le ricette liberali, figuriamoci quanto potrebbero funzionare quelle che prevedono una forte spesa pubblica, quella sì necessitante di depredare popoli e paesi stranieri.
In questo senso, un regime autenticamente liberale non c'è. E ti basti vedere chi ha sempre ostacolato Reagan e la Thatcher per renderti conto facilmente di come stanno le cose e di come non siano le ricette liberali il problema ma chi le ha sabotate per affermare un regime statalistico ben più di quelli che siamo abituati a ritenere tali.
 
Siamo vittime conviventi dei partiti che hanno rovinato il paese. E continuiamo ancora a votarli. Questi sono dei criminali pericolosi.
 
La Thatcher è stata con Clinton e Bush parte dei problemi che ci affliggono adesso, e che stanno erodendo le stesse basi dell'egemonia angloamericana. È proprio perché hanno chiuso le acciaierie e l'industria automobilistica, rinunciato in buona parte sul settore manifatturiero, preferendo puntare tutto su armi e finanza, che oggi USA e UK spingono più che mai per la guerra: perché consumano molto più di quello che producono, e non detengono ormai più nessun primato assoluto in termini economici. La Germania fino alla guerra in Ucraina era arrivata a fare meglio di loro su quel terreno, la Cina produce quasi tutto quello che consumiamo e detiene anche una buona parte di debito pubblico americano. Non è possibile rimanere a lungo prima potenza mondiale producendo solo fuffa e ammazzando preventivamente ogni potenziale concorrente, con la scusa di esportare la democrazia. Prima o poi i nodi vengono al pettine.
 

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Franco Marino
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