A Parigi è stato arrestato il capo di Telegram, Pavel Durov, con l'accusa di essere complice, con la sua piattaforma, di traffico di droga e materiale pedopornografico.
La notizia, a parte la gravità di arrestare il capo di una delle più importanti comunità digitali del mondo, tutto sommato non coglie di sorpresa. E' fattuale che le massime autorità politiche europee abbiano ormai messo nel mirino Internet per come la conosciamo, in particolar modo quelle che danno ospitalità al dissenso, e che si stia per delineare in Occidente un meccanismo che secondo la pubblicistica sarebbe più simile ad un regime putiniano che a quello di una democrazia liberale. Così come è palese che le accuse siano pretestuose e che sia fesso il povero Durov che forse non ha capito l'entità di ciò che ha fondato che, di fatto, lo rende un bersaglio facile. Tutte cose che non sorprendono perché inserite nella paranoia che di fatto, ormai, pervade le istituzioni politiche di tutto il mondo. Il punto della questione è, infatti, un altro: perché oggi gli stati temono così tanto la rete?
Se consideriamo, per esempio, anche la polemica relativa alle cosiddette "fake news" ci renderemo conto di quanto i governi temano la circolazione di informazioni che possano mettere in crisi le narrazioni della politica e la nascita di avanguardie rivoluzionarie. Questo accade perché Internet porta in dote, come caratteristica unica che la rende una minaccia non soltanto per tutti i media tradizionali ma in generale per ampi settori dell'economia, l'abbattimento di tutti gli strumenti di mediazione che caratterizzavano la politica, l'economia e la società di ieri e sui quali girano miliardi di miliardi di euro che, di fatto, data l'assenza di mediazioni tipica di della Rete, vengono messi a repentaglio.
Se prima per informarci avevamo bisogno della televisione e dei giornali e avevamo RAI1, RAI2 e RAI3, Rete 4, Canale 5, Italia1, La7, che ci davano una versione totalmente differente della notizia in base ai partiti e agli editori di riferimento - al punto che il comico Braida ci fece una divertente satira (sicuramente vi ricorderete "BUONASERA DAL TG4! ATTENTATO!") - adesso le persone possono andare direttamente alla fonte della notizia, semplicemente l'account social di Trump, o anche quello del presidente del Napoli, in un meccanismo che, per velocità e possibilità di interagire con i fatti, mette in grave crisi tutti i media tradizionali.
Ormai, tutte le grandi realtà del web hanno dimensioni economiche che spesso superano quelle di uno stato, ed essendosi tutti i social - e Telegram non fa eccezione - dotati di robusti sistemi economici, basati su criptovalute, già oggi i GAFAM potrebbero, ciascuno, creare uno stato sociale e magari anche dotarsi di un esercito, costituendo di fatto una nazione digitale. Che un sistema di questo tipo possa rivelarsi un pericolo per gli stati tradizionalmente intesi mi sembra che non valga nemmeno la pena discuterlo, per quanto palese. E questo per una ragione semplicissima: tutti gli stati sono, di fatto, falliti. Tanto quelli occidentali sono in crisi sul piano finanziario in quanto gravati da un debito enorme quanto quelli che si oppongono al modello occidentale non riescono ad andare oltre una visione autocratica della società. Ed entrambe le tipologie di società si caratterizzano per un quantitativo di persone che supera le risorse disponibili. Nel momento in cui il sistema socioeconomico viene minacciato da uno strumento che supera le barriere su cui si fondano le sue strutture, è inevitabile che i governi che si sentono minacciati studino come imbavagliare la libertà del web.-
In sintesi, quello a cui stiamo assistendo non è la lotta del Bene rappresentato dall'ancien regime contro il Male rappresentato dalle comunità nate su Internet o viceversa, ma uno scontro tra poteri. Da una parte l'ancien regime dell'economia, della politica e dei media e dall'altra realtà digitali che non si riconoscono più nei confini degli stati, che sono perfettamente capaci di creare reti economiche imperniate su criptovalute e che quando si doteranno anche di un esercito più o meno ufficiale, faranno fallire gli stati, diventando a tutti gli effetti nazioni internettiane. Scenario che quasi vent'anni fa, quando di Facebook, Twitter, Telegram nemmeno si parlava, veniva evocato anche da Tremonti.
La notizia, a parte la gravità di arrestare il capo di una delle più importanti comunità digitali del mondo, tutto sommato non coglie di sorpresa. E' fattuale che le massime autorità politiche europee abbiano ormai messo nel mirino Internet per come la conosciamo, in particolar modo quelle che danno ospitalità al dissenso, e che si stia per delineare in Occidente un meccanismo che secondo la pubblicistica sarebbe più simile ad un regime putiniano che a quello di una democrazia liberale. Così come è palese che le accuse siano pretestuose e che sia fesso il povero Durov che forse non ha capito l'entità di ciò che ha fondato che, di fatto, lo rende un bersaglio facile. Tutte cose che non sorprendono perché inserite nella paranoia che di fatto, ormai, pervade le istituzioni politiche di tutto il mondo. Il punto della questione è, infatti, un altro: perché oggi gli stati temono così tanto la rete?
Se consideriamo, per esempio, anche la polemica relativa alle cosiddette "fake news" ci renderemo conto di quanto i governi temano la circolazione di informazioni che possano mettere in crisi le narrazioni della politica e la nascita di avanguardie rivoluzionarie. Questo accade perché Internet porta in dote, come caratteristica unica che la rende una minaccia non soltanto per tutti i media tradizionali ma in generale per ampi settori dell'economia, l'abbattimento di tutti gli strumenti di mediazione che caratterizzavano la politica, l'economia e la società di ieri e sui quali girano miliardi di miliardi di euro che, di fatto, data l'assenza di mediazioni tipica di della Rete, vengono messi a repentaglio.
Se prima per informarci avevamo bisogno della televisione e dei giornali e avevamo RAI1, RAI2 e RAI3, Rete 4, Canale 5, Italia1, La7, che ci davano una versione totalmente differente della notizia in base ai partiti e agli editori di riferimento - al punto che il comico Braida ci fece una divertente satira (sicuramente vi ricorderete "BUONASERA DAL TG4! ATTENTATO!") - adesso le persone possono andare direttamente alla fonte della notizia, semplicemente l'account social di Trump, o anche quello del presidente del Napoli, in un meccanismo che, per velocità e possibilità di interagire con i fatti, mette in grave crisi tutti i media tradizionali.
Ormai, tutte le grandi realtà del web hanno dimensioni economiche che spesso superano quelle di uno stato, ed essendosi tutti i social - e Telegram non fa eccezione - dotati di robusti sistemi economici, basati su criptovalute, già oggi i GAFAM potrebbero, ciascuno, creare uno stato sociale e magari anche dotarsi di un esercito, costituendo di fatto una nazione digitale. Che un sistema di questo tipo possa rivelarsi un pericolo per gli stati tradizionalmente intesi mi sembra che non valga nemmeno la pena discuterlo, per quanto palese. E questo per una ragione semplicissima: tutti gli stati sono, di fatto, falliti. Tanto quelli occidentali sono in crisi sul piano finanziario in quanto gravati da un debito enorme quanto quelli che si oppongono al modello occidentale non riescono ad andare oltre una visione autocratica della società. Ed entrambe le tipologie di società si caratterizzano per un quantitativo di persone che supera le risorse disponibili. Nel momento in cui il sistema socioeconomico viene minacciato da uno strumento che supera le barriere su cui si fondano le sue strutture, è inevitabile che i governi che si sentono minacciati studino come imbavagliare la libertà del web.-
In sintesi, quello a cui stiamo assistendo non è la lotta del Bene rappresentato dall'ancien regime contro il Male rappresentato dalle comunità nate su Internet o viceversa, ma uno scontro tra poteri. Da una parte l'ancien regime dell'economia, della politica e dei media e dall'altra realtà digitali che non si riconoscono più nei confini degli stati, che sono perfettamente capaci di creare reti economiche imperniate su criptovalute e che quando si doteranno anche di un esercito più o meno ufficiale, faranno fallire gli stati, diventando a tutti gli effetti nazioni internettiane. Scenario che quasi vent'anni fa, quando di Facebook, Twitter, Telegram nemmeno si parlava, veniva evocato anche da Tremonti.
E' ovvio che un'evoluzione di questo tipo spaventi gli stati tradizionali i quali si stanno organizzando in tutti i modi per sabotarla. E la lezione che Durov, se riuscirà ad uscirne, dovrà capire e che dovranno imparare tutti i fondatori di social media è che potenzialmente possono, da un momento all'altro, diventare capi di stati, con tutti gli onori e, come si vede, anche gli oneri del caso. E quindi dotarsi delle protezioni necessarie per sopravvivere all'ostilità di bestie affamate quali sono oggi gli stati tradizionali.
Franco Marino
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