Commentare la vicenda di Arianna Meloni, sorella di Giorgia Meloni, avrebbe senso se non fossi, come va di moda dire oggi, un boomer, se dunque non appartenessi in pieno, con i miei 43 anni, a questa deprecata categoria e, in quanto tale, non ne avessi passati almeno venti a dovermi barcamenare nella faida tra berlusconiani e antiberlusconiani. La persona di buonsenso ha sempre pensato che Berlusconi, per essere divenuto il grande imprenditore che era, certamente non potesse essere un giglio di campo ma che comunque abbia subito attenzioni per così dire anomale, che se invece di appartenere all'ala pentapartitica fosse stato di sinistra, nessuno gli avrebbe mai riservato.
Ma purtroppo, come disse qualcuno, spesso il buonsenso lascia il posto al senso comune. E il senso comune è fatto da fanatici berlusconiani convinti che Berlusconi fosse un semidio, candido e puro come un giglio, e antiberlusconiani che fosse l'artefice di tutti i mali passati, presenti e futuri del paese e che la magistratura che lo attaccava era pulita al 100%, non era politicizzata, non era controllata dalla CIA, era Berlusconi ad essere il raccoglitore di tutte le qualità negative di un essere umano.
Quando poi le toghe hanno iniziato a colpire anche a sinistra - quella delle "toghe rosse" era una scemenza di Berlusconi e lo dico da berlusconiano, non fanatico però - alla fine si è capito che la magistratura è un problema e se nessuno, tranne un temerario signor nessuno con l'avatar a forma di caneuccello che vale quanto il due di briscola, arriva a formulare la temeraria ipotesi che forse si dovrebbe rifare daccapo la Costituzione, che la giustizia vada riformata ormai lo pensa qualsiasi persona di buonsenso, anche a sinistra.
Ma è in questo momento che si viene colti da una profonda mestizia. Perché?

In questo paese vige un curioso feticismo istituzionale che ha portato la gente comune a convincersi che i poteri politici siano tutti, per definizione, pericolosi "ma per fortuna che ci sono gli organi di controllo a vigilare che a qualcuno non vengano strane idee dittatoriali". La cosa divertente è che il precedente di Weimar - la cui costituzione era praticamente identica alla nostra - sarebbe sufficiente a spiegare alla gente che con un potere esecutivo debole si rischia che il popolo nauseato da una politica che non risolve i problemi, si affidi ad un imbianchino austriaco che, giunto democraticamente al potere, decida di liquidare tutte le fesserie sostenute fino a quel momento, democrazia weimeriana compresa. E che se per vaga ipotesi si rischia il ritorno di regimi nazifascisti, non è certo vietando Casapound o Forza Nuova che si risolve la cosa ma semplicemente dando alla politica il potere di dare un indirizzo al proprio paese.
Questo feticismo è anche alla base del motivo per cui alla magistratura, al Presidente della Repubblica, alla stampa, siano stati attribuiti i ruoli di moralizzatori della società, anche avvalorati da alcune monografie televisive che hanno fatto breccia nei cuori di una popolazione disorientata, convinta che un magistrato sia l'eroico custode del Bene, in nome del quale deve rischiare anche la vita, che il giornalista sia sempre e comunque un eroe, anche quando casomai riempie di fango un povero cristo colpevole di avergli pestato i piedi.
In realtà, quella del "potere di controllo" è una balla. In Costituzione non si menziona mai, in alcun momento, il concetto di controllo. La funzione giudiziaria non è nulla di diverso da un arbitro il cui scopo è applicare il regolamento. Se per assurdo, il parlamento facesse approvare una legge che obbligasse giudici e magistrati ad entrare in aula saltellando su una gamba sola, a questi ultimi non resterebbe che adeguarsi. E' naturalmente legittimo che protestino - se non altro perché alla lunga entrare in aula saltellando può essere gravoso, specie per un magistrato anziano - ma in alcun modo la loro contestazione deve interferire con la loro funzione meramente burocratica e nulla più. Il giudice, che sia inquirente o giudicante, non ha altra funzione che questa. Ma con una popolazione convinta che i magistrati "facciano solo il loro dovere" e che, come la lince, debbano considerarsi una specie in via di estinzione, e non invece uomini potentissimi potenzialmente in grado, ciascuno, di distruggere persone e aziende - senza risponderne concretamente davanti a nessuno - ogni seria riforma della giustizia è destinata ad impantanarsi. Ma come? Riformi la giustizia prendendotela con i poveri magistrati? Pensa a Falcone e Borsellino! (I quali, per inciso, da vivi erano odiati da tutta la magistratura e che sulla giustizia avevano idee praticamente berlusconiane ante litteram).
Così, da parte di ogni governo, siamo costretti a doverci sorbire insulsi brodini che spesso ottengono soltanto di peggiorare la situazione. La separazione delle carriere, di cui tanto si parla, di fatto già c'è e da tanto tempo. La responsabilità civile, approvata sull'onda del caso Tortora, è una totale scemenza perché affida ai giudici stessi il compito di stabilire se un magistrato abbia commesso negligenze, col risultato che praticamente quasi mai un magistrato viene cacciato.

In realtà, le soluzioni sono molto semplici: 1) Togliere la titolarità delle indagini ai magistrati e affidarla alla Polizia. 2) Togliere l'obbligatorietà dell'azione penale, quel meccanismo per cui un magistrato può, a sua totale discrezione e non tramite notitia criminis, perseguire qualsiasi persona gli capiti a tiro e per i motivi più disparati. 3) Sottoporre la giustizia al potere esecutivo o a quello legislativo.
E a chi dice che questa riforma darebbe troppo potere alla politica, compreso quello di colpire i rivali, ricordo che al contrario proprio sottoporre la magistratura al controllo della politica le darebbe un enorme potere, perché governi e parlamenti, rispondendo dell'andamento anche di processi e indagini, sarebbero costretti a non rimuovere i magistrati più efficienti, semplicemente non avremmo più statisti, parlamentari e ministri ricattati dal potere giudiziario.
Tutte queste cose, che al lettore appaiono eversive, in realtà esistono in tutti i paesi sovrani e democratici del mondo, tranne che in Italia che è, invece, l'unico paese, tra quelli democratici, in cui la politica è costretta a dare conto ai magistrati di ogni cosa che faccia, candidature comprese, sino al caso Toti, che sicuramente, per come si è comportato durante la pandemia, è una persona sgradevole e deprecabile, ma che ha indubbiamente subito un torto.
Ma se provaste a proporle, rischiereste di essere accusati di golpismo, il tutto mentre naturalmente le lobby giudiziarie applaudono a qualsiasi cambiamento che leda i diritti dei cittadini, come le sciagurate riforme della prescrizione o la madre di tutte le sciagure, la svirilizzazione dell'immunità parlamentare, sempre vista come una garanzia salvaladri e che invece serviva proprio per difendersi dalle aggressioni giudiziarie.
E allora si capisce che la giustizia non verrà mai riformata e che alle due categorie di matti di cui parlava Andreotti, quelli che si credono Dio e quelli che vogliono risanare le Ferrovie dello Stato, se ne potrebbe tranquillamente aggiungere la terza: quella di chi vorrebbe riformare la giustizia.

Per cui, a parte rilevare la nota di colore Di Pietro (tu quoque!) seriamente convinto che in atto ci sia un complotto contro la presidente del consiglio, commentare la vicenda di Arianna Meloni è inutile, perché il punto non è se abbia fatto o meno qualcosa e se c'entri la sorella Giorgia, sono vicende che non so e che non mi interessano, ma se, oggi, ci possiamo fidare della giustizia. Per conto mio, a questa domanda ho risposto più volte: ho totale sfiducia nella giustizia del mio paese e per me l'unica riforma della giustizia seria è quella che vieti ai magistrati di indagare i politici, lasciando questi ultimi al giudizio dell'unico potere giudiziario che, in un paese sovrano e democratico, possa rimuoverli.
Il popolo.


Franco Marino


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Qualche giorno fa (dopo anni, non esagero!) ho ascoltato una trasmissione su “La7”, in cui c’era come ospite collegato, il magistrato Gratteri.
Ovvia la domanda sulle riforme e vi lascio immaginare quali siano state le risposte.
Aldilà della giustezza o no delle riforme, mi chiedevo ma un organo di controllo può interferire così clamorosamente sulla politica?
Ho resistito forse un paio di minuti poi ho cambiato canale!
 

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Franco Marino
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