Un aneddoto personale ma giusto per introdurre il discorso. Molti anni fa stavo per acquistare, ad una cifra piuttosto importante, una comunità digitale dedicata ai videogiochi, M4D (oggi estinta), che sicuramente gli appassionati di gaming online ricorderanno. Se avessi conseguito quell'acquisto, sarebbe stato un grande colpo ma decisi di ritirarmi quando seppi che il titolare stava radunando il nocciolo duro di quella comunità per poi portarsela in un altro spazio, con un altro nome, lasciandomi una scatola vuota. D'altronde, se il colpo gli fosse riuscito, non avrei neanche potuto denunciarlo perché nessuna legge gli avrebbe mai impedito di fondare un'altra comunità e di riuscire ad attrarre a sé le persone che voleva portare e certo non avrei potuto impedire né legalmente né fisicamente a quegli utenti di andarci. Per quanto scorretto come modo di fare, il suo agire era del tutto legale.
Il colpo non gli riuscì ma quella vicenda mi insegnò una cosa che non è mai uscita dalla mia mente quando mi trovo a commentare scissioni, divisioni interne a partiti e aziende: si è davvero proprietari di una comunità - politica, digitale, editoriale - se si possiede anche la rete relazionale che la anima. E questa proprietà non è definita da alcuna legge né è restituibile da una sentenza, ma sta nel legame tutto particolare che i padroni riescono a costruire con coloro che decidono di farne parte. Ed anche per questo, la faida tra Grillo e Conte parte da una serie di presupposti errati da parte di ambedue le parti che proveremo qui ad analizzare. Quali?
Il Movimento 5 Stelle non è una "cosa" o una "casa". Il suo successo passato dipendeva giustappunto dalla fiducia che la gente aveva nei confronti di questo gruppo politico e di coloro che lo animavano. In principio furono Grillo e Casaleggio che portavano l'uno la propria forza di autentico animale da palcoscenico e l'altro le conoscenze di ingegneria sociale fondamentali per radunare un malcontento che ormai si riversava in Rete. Poi quel partito si è dovuto, per forza di cose, evolvere, ed ecco arrivare i vari Di Maio, Di Battista e altri ancora, che ad un certo punto hanno goduto di una popolarità enorme tale persino da offuscare i fondatori. E infine è arrivato Conte a trasformare quell'enorme valanga di furore antisistemico in un programma di governo. E che questo portasse un calo fisiologico dei consensi era inevitabile, il punto è che questi signori non si erano limitati a dire "cercheremo di governare bene" ma avevano addirittura promesso una rivoluzione, ci avevano giurato che avrebbero aperto il Parlamento come una scatola, che si sarebbero ridotti gli stipendi a livelli da fame, salvo poi quando, alla fine, i loro pezzi grossi si sono resi conto di tenere famiglia, decidere di sfruttare i vantaggi del sistema invece che combatterlo. La storia del grillismo è tutta qui.
Qualcuno - Di Maio - si è imborghesito, il fondatore Gianroberto Casaleggio - pace all'anima sua - è morto, qualcun altro come Di Battista se n'è andato, per rispetto di se stesso e della propria morale, o forse per mantenersi vergine in vista di un futuro impegno politico, ma il senso è che il Movimento ha perduto la propria anima e dunque ciò che si contendono Grillo e Conte non ha alcun valore perché la cosa su cui tutti concordano è che i 5 Stelle, per come li abbiamo conosciuti, non ci sono più.
Alla luce di quanto sopra, che senso ha contendersi la casa del partito se questa, di anno in anno, perde valore e, oltretutto, non ha più la famiglia che la abitava e che hanno fatto affezionare chi si recava da loro in visita?
Sia Grillo che Conte non si rendono conto che si è davvero proprietari di una comunità politica non se si possiede il marchio o il nome ma la rete relazionale che attrae la gente a sé. A legare la gente ad un qualsiasi progetto è la sensazione di sentirsi rappresentati nei valori fondamentali. Ma quei valori su cui si imperniava la macchina da guerra pentastellata ormai sono o falliti - nel senso che ci si è resi conto che molte delle cose che sostenevano i grillini erano costosissime scemenze (come l'ideologia green) o aberrazioni costituzionali (come la castrazione della prescrizione) - oppure non sono stati rispettati, come ad esempio il fantomatico reddito di cittadinanza che alla fine si è rivelato un misero reddito minimo concesso per giunta a talmente pochi cittadini che non soltanto il Movimento ha perso una valanga di voti proprio perché si è "visto" il bluff, ma poi, quando si è deciso di togliere anche quei pochi pidocchi che erano stati concessi, non ci sono state le rivolte da tanti temute, perché erano talmente pochi soldi dati a talmente pochi che i delusi non avrebbero mai potuto costituire un esercito temibile contro il potere. Per non parlare di scemenze come i superbonus che, invece di essere concessi *esclusivamente* per rendere green le case - invece di costringere tra 5-10 anni la gente a tirarli fuori di tasca propria - sono stati usati per rifare le facciate, col risultato che molti proprietari e molte ditte di costruzione se ne sono approfittati, con pochi vantaggi e con una voragine nei conti pubblici.
In sintesi, la rivoluzione pentastellata ha deluso, sotto ogni aspetto, come dimostra l'inarrestabile emorragia di voti che lo ha colpito. La gente non si fida più né dell'ala rivoluzionaria, personificata da Grillo, né di quella moderata ben rappresentata da Conte. Il che non significa che alcune di quelle idee non siano attuali.
Il problema è che è cambiato tutto. Dopo quindici anni di grillismo, l'Italia è di gran lunga peggiorata e molti di coloro che pure si dicevano antisistema hanno scoperto che le prebende del sistema sono molto più succulenti della rivoluzione. E in fin dei conti, ci si è resi conto che l'assistenzialismo non è la strada per uscire dai guai e che ai produttori di ricchezza, invece di trattarli come padroni egoisti, forse bisognerebbe rendere la vita più facile.
Molti, anche fortemente critici nei confronti del Movimento, sostengono che l'unica cosa teoricamente positiva è che abbia impedito che certe istanze venissero raccolte da qualche gruppo terroristico.
Il colpo non gli riuscì ma quella vicenda mi insegnò una cosa che non è mai uscita dalla mia mente quando mi trovo a commentare scissioni, divisioni interne a partiti e aziende: si è davvero proprietari di una comunità - politica, digitale, editoriale - se si possiede anche la rete relazionale che la anima. E questa proprietà non è definita da alcuna legge né è restituibile da una sentenza, ma sta nel legame tutto particolare che i padroni riescono a costruire con coloro che decidono di farne parte. Ed anche per questo, la faida tra Grillo e Conte parte da una serie di presupposti errati da parte di ambedue le parti che proveremo qui ad analizzare. Quali?
Il Movimento 5 Stelle non è una "cosa" o una "casa". Il suo successo passato dipendeva giustappunto dalla fiducia che la gente aveva nei confronti di questo gruppo politico e di coloro che lo animavano. In principio furono Grillo e Casaleggio che portavano l'uno la propria forza di autentico animale da palcoscenico e l'altro le conoscenze di ingegneria sociale fondamentali per radunare un malcontento che ormai si riversava in Rete. Poi quel partito si è dovuto, per forza di cose, evolvere, ed ecco arrivare i vari Di Maio, Di Battista e altri ancora, che ad un certo punto hanno goduto di una popolarità enorme tale persino da offuscare i fondatori. E infine è arrivato Conte a trasformare quell'enorme valanga di furore antisistemico in un programma di governo. E che questo portasse un calo fisiologico dei consensi era inevitabile, il punto è che questi signori non si erano limitati a dire "cercheremo di governare bene" ma avevano addirittura promesso una rivoluzione, ci avevano giurato che avrebbero aperto il Parlamento come una scatola, che si sarebbero ridotti gli stipendi a livelli da fame, salvo poi quando, alla fine, i loro pezzi grossi si sono resi conto di tenere famiglia, decidere di sfruttare i vantaggi del sistema invece che combatterlo. La storia del grillismo è tutta qui.
Qualcuno - Di Maio - si è imborghesito, il fondatore Gianroberto Casaleggio - pace all'anima sua - è morto, qualcun altro come Di Battista se n'è andato, per rispetto di se stesso e della propria morale, o forse per mantenersi vergine in vista di un futuro impegno politico, ma il senso è che il Movimento ha perduto la propria anima e dunque ciò che si contendono Grillo e Conte non ha alcun valore perché la cosa su cui tutti concordano è che i 5 Stelle, per come li abbiamo conosciuti, non ci sono più.
Alla luce di quanto sopra, che senso ha contendersi la casa del partito se questa, di anno in anno, perde valore e, oltretutto, non ha più la famiglia che la abitava e che hanno fatto affezionare chi si recava da loro in visita?
Sia Grillo che Conte non si rendono conto che si è davvero proprietari di una comunità politica non se si possiede il marchio o il nome ma la rete relazionale che attrae la gente a sé. A legare la gente ad un qualsiasi progetto è la sensazione di sentirsi rappresentati nei valori fondamentali. Ma quei valori su cui si imperniava la macchina da guerra pentastellata ormai sono o falliti - nel senso che ci si è resi conto che molte delle cose che sostenevano i grillini erano costosissime scemenze (come l'ideologia green) o aberrazioni costituzionali (come la castrazione della prescrizione) - oppure non sono stati rispettati, come ad esempio il fantomatico reddito di cittadinanza che alla fine si è rivelato un misero reddito minimo concesso per giunta a talmente pochi cittadini che non soltanto il Movimento ha perso una valanga di voti proprio perché si è "visto" il bluff, ma poi, quando si è deciso di togliere anche quei pochi pidocchi che erano stati concessi, non ci sono state le rivolte da tanti temute, perché erano talmente pochi soldi dati a talmente pochi che i delusi non avrebbero mai potuto costituire un esercito temibile contro il potere. Per non parlare di scemenze come i superbonus che, invece di essere concessi *esclusivamente* per rendere green le case - invece di costringere tra 5-10 anni la gente a tirarli fuori di tasca propria - sono stati usati per rifare le facciate, col risultato che molti proprietari e molte ditte di costruzione se ne sono approfittati, con pochi vantaggi e con una voragine nei conti pubblici.
In sintesi, la rivoluzione pentastellata ha deluso, sotto ogni aspetto, come dimostra l'inarrestabile emorragia di voti che lo ha colpito. La gente non si fida più né dell'ala rivoluzionaria, personificata da Grillo, né di quella moderata ben rappresentata da Conte. Il che non significa che alcune di quelle idee non siano attuali.
Il problema è che è cambiato tutto. Dopo quindici anni di grillismo, l'Italia è di gran lunga peggiorata e molti di coloro che pure si dicevano antisistema hanno scoperto che le prebende del sistema sono molto più succulenti della rivoluzione. E in fin dei conti, ci si è resi conto che l'assistenzialismo non è la strada per uscire dai guai e che ai produttori di ricchezza, invece di trattarli come padroni egoisti, forse bisognerebbe rendere la vita più facile.
Molti, anche fortemente critici nei confronti del Movimento, sostengono che l'unica cosa teoricamente positiva è che abbia impedito che certe istanze venissero raccolte da qualche gruppo terroristico.
Ecco, non sono sicuro della positività di quest'unico merito.
Franco Marino
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