"Gli omosessuali non sono normali", "L'omosessualità è una malattia". Due frasi del genere, nel 2024, comporterebbero per l'autore l'espulsione da ogni consesso sociale e civile o quantomeno la catalogazione nei gironi degli omofobi, dunque da marginalizzare. Eppure, se queste cose fossero state dette anche soltanto 20-25 anni fa, non avrebbero provocato alcuno scandalo. Perché l'omosessuale è sempre stato guardato come qualcuno di cui diffidare, al massimo compatire.
Oggi, se Tiziano Ferro può andare in TV e parlare della fine della storia con "suo marito", e altrettanto può fare Francesca Pascale parlando del divorzio con "sua moglie" - quasi come se chiamare "marito" e "moglie" il coniuge dello stesso sesso fosse una cosa del tutto naturale - vuol dire che le cose sono cambiate e vivaddio. Due persone che vivano la propria sessualità nella propria stanza da letto, maggiorenni e consenzienti, o anche che, con la stessa moderazione che si richiede ad una coppia eterosessuale, si scambino qualche educata effusione in pubblico, non si vede quale problema pongano a chi ha "idee tradizionali".
Soltanto che se lo scorso anno, un generale di nome Vannacci ha venduto un quantitativo tale di copie che gli consentirebbero di comprarsi un appartamento nel centro di Roma dicendo testuali parole "Cari gay, non siete normali", provocando, come era ovvio, un vespaio di polemiche, questo significa una cosa molto evidente. Quel successo è il chiaro sintomo che si è andati oltre il diritto di fare sesso con chi si vuole - che nessuno oggigiorno si sogna di mettere in discussione, a parte qualche squilibrato - per sconfinare in una polizia del linguaggio e del pensiero che sta causando rigurgiti omofobici che di fatto trasformano le battaglie per i diritti gay nella cosiddetta "eterogenesi dei fini", ossia nel risultato opposto rispetto agli obiettivi. Ma al netto di tutte le polemiche sul fatto che Vannacci sia l'ennesimo bluff del dissenso, il suo successo pone un interrogativo: ha ragione quando dice che i gay non sono normali? I gay sono malati?
Per come la vedo io da questo modesto spazio, tutto parte da un equivoco di fondo: considerare la malattia come qualcosa di cui ci si debba vergognare o che debba togliere determinati diritti. Poniamo il caso di uno sventurato che si ammali di un tumore alle vie digerenti che gli renda impossibile alimentarsi naturalmente: senza il sondino nasogastrico, al poveretto non resterebbe che la morte per inedia, dunque stiamo parlando di una persona malata. Ma definirlo tale non implica affatto che gli vadano ridotti dei diritti o che debba vergognarsi del suo problema. Semplicemente, non può definirsi sano, normale. Mi sembra palese.
Analogamente, se l'omosessualità impedisce un'altra delle funzioni dell'essere umano, ossia di riprodursi naturalmente, è ovvio che questa sia da considerarsi una patologia al pari di quella che impedisce al nostro malato alle vie digerenti di nutrirsi naturalmente. Così come non può considerarsi sano un individuo che non si riconosce nel proprio sesso.
E se ad un certo punto, come mi pare di aver capito, i test genetici dimostrano che la pugile Imane Khelif, è una donna con un cromosoma in più che di fatto le provoca un aumento del testosterone che la fa partire in netto vantaggio rispetto ad una donna, mi sembra naturale che si possa parlare di incontro truccato, senza stare a stramaledire Vannacci, i fascisti e gli omofobi.
Quando, con tutta la cortesia e la moderazione di cui si è capaci, si pongono queste argomentazioni, si ottengono sempre risposte acide. Si va da chi fa la lista di tutti gli omosessuali della storia a partire da Giulio Cesare ritenuto "la moglie di tutti i mariti", dimenticando che un secondo prima, secondo la citazione, veniva definito anche "il marito di tutte le mogli", in quanto era noto che avesse disseminato figli in giro per tutto l'Impero Romano, compreso quel Bruto figlio adottivo - che però Cesare sospettava fosse biologico - che poi lo avrebbe ammazzato. Volendo fare una battuta, forse in quel caso, essere gay e basta gli avrebbe salvato la vita. Ma restando seri, un omosessuale esclusivamente tale sarebbe stato oggetto, anche in quei tempi antichi che si vorrebbero aperti sessualmente, di molte più ironie e persecuzioni di oggi. Perché è la semplice reazione del sistema nervoso umano di fronte a qualsiasi cosa che viene considerata come un pericolo per la specie.
Altra argomentazione: "Sì ma l'OMS dice che in realtà è un semplice orientamento". E qua viene davvero da sorridere. Con questo ragionamento, se un domani l'Organizzazione Mondiale della Matematica - posto che ve ne sia una - dicesse che 2+2 fa 5, dovremmo tutti adeguarci supinamente.
Il problema di fondo è che il progressismo nasce dall'idealismo hegeliano, da cui discendono, non a caso, tutti i veleni totalitari che da duecento anni ammorbano il dibattito pubblico e la politica.
Oggi, se Tiziano Ferro può andare in TV e parlare della fine della storia con "suo marito", e altrettanto può fare Francesca Pascale parlando del divorzio con "sua moglie" - quasi come se chiamare "marito" e "moglie" il coniuge dello stesso sesso fosse una cosa del tutto naturale - vuol dire che le cose sono cambiate e vivaddio. Due persone che vivano la propria sessualità nella propria stanza da letto, maggiorenni e consenzienti, o anche che, con la stessa moderazione che si richiede ad una coppia eterosessuale, si scambino qualche educata effusione in pubblico, non si vede quale problema pongano a chi ha "idee tradizionali".
Soltanto che se lo scorso anno, un generale di nome Vannacci ha venduto un quantitativo tale di copie che gli consentirebbero di comprarsi un appartamento nel centro di Roma dicendo testuali parole "Cari gay, non siete normali", provocando, come era ovvio, un vespaio di polemiche, questo significa una cosa molto evidente. Quel successo è il chiaro sintomo che si è andati oltre il diritto di fare sesso con chi si vuole - che nessuno oggigiorno si sogna di mettere in discussione, a parte qualche squilibrato - per sconfinare in una polizia del linguaggio e del pensiero che sta causando rigurgiti omofobici che di fatto trasformano le battaglie per i diritti gay nella cosiddetta "eterogenesi dei fini", ossia nel risultato opposto rispetto agli obiettivi. Ma al netto di tutte le polemiche sul fatto che Vannacci sia l'ennesimo bluff del dissenso, il suo successo pone un interrogativo: ha ragione quando dice che i gay non sono normali? I gay sono malati?
Per come la vedo io da questo modesto spazio, tutto parte da un equivoco di fondo: considerare la malattia come qualcosa di cui ci si debba vergognare o che debba togliere determinati diritti. Poniamo il caso di uno sventurato che si ammali di un tumore alle vie digerenti che gli renda impossibile alimentarsi naturalmente: senza il sondino nasogastrico, al poveretto non resterebbe che la morte per inedia, dunque stiamo parlando di una persona malata. Ma definirlo tale non implica affatto che gli vadano ridotti dei diritti o che debba vergognarsi del suo problema. Semplicemente, non può definirsi sano, normale. Mi sembra palese.
Analogamente, se l'omosessualità impedisce un'altra delle funzioni dell'essere umano, ossia di riprodursi naturalmente, è ovvio che questa sia da considerarsi una patologia al pari di quella che impedisce al nostro malato alle vie digerenti di nutrirsi naturalmente. Così come non può considerarsi sano un individuo che non si riconosce nel proprio sesso.
E se ad un certo punto, come mi pare di aver capito, i test genetici dimostrano che la pugile Imane Khelif, è una donna con un cromosoma in più che di fatto le provoca un aumento del testosterone che la fa partire in netto vantaggio rispetto ad una donna, mi sembra naturale che si possa parlare di incontro truccato, senza stare a stramaledire Vannacci, i fascisti e gli omofobi.
Quando, con tutta la cortesia e la moderazione di cui si è capaci, si pongono queste argomentazioni, si ottengono sempre risposte acide. Si va da chi fa la lista di tutti gli omosessuali della storia a partire da Giulio Cesare ritenuto "la moglie di tutti i mariti", dimenticando che un secondo prima, secondo la citazione, veniva definito anche "il marito di tutte le mogli", in quanto era noto che avesse disseminato figli in giro per tutto l'Impero Romano, compreso quel Bruto figlio adottivo - che però Cesare sospettava fosse biologico - che poi lo avrebbe ammazzato. Volendo fare una battuta, forse in quel caso, essere gay e basta gli avrebbe salvato la vita. Ma restando seri, un omosessuale esclusivamente tale sarebbe stato oggetto, anche in quei tempi antichi che si vorrebbero aperti sessualmente, di molte più ironie e persecuzioni di oggi. Perché è la semplice reazione del sistema nervoso umano di fronte a qualsiasi cosa che viene considerata come un pericolo per la specie.
Altra argomentazione: "Sì ma l'OMS dice che in realtà è un semplice orientamento". E qua viene davvero da sorridere. Con questo ragionamento, se un domani l'Organizzazione Mondiale della Matematica - posto che ve ne sia una - dicesse che 2+2 fa 5, dovremmo tutti adeguarci supinamente.
Il problema di fondo è che il progressismo nasce dall'idealismo hegeliano, da cui discendono, non a caso, tutti i veleni totalitari che da duecento anni ammorbano il dibattito pubblico e la politica.
L'idealista, se nella sua testa si convince che l'uomo debba volare, farà in modo che gli crescano le ali. Il realista fabbrica un bell'aereo, lo dota di uno speciale carburante e alla fine farà provare all'aspirante volatore l'ebbrezza del volo, senza che però questi pretenda di definirsi un uccello.
Chi vuole cambiare sesso, chi desidera persone del suo stesso sesso, ha diritto di vivere la propria sessualità come meglio crede. E chi cerca di frapporsi a questi diritti è giusto che venga punito dalla legge. Non ha, però, il diritto di imporre agli altri di considerare la propria condizione come sana né più né meno di come un obeso non può andare in TV a dire che "grasso è bello" e pretendere che tutti lo trovino bello. Che poi la sinistra e in generale il progressismo cerchino di vietare in tutti i modi che si dica che 2+2 fa 4, non lo fa diventare automaticamente 5.
Franco Marino
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