E' vero che con i "se" e con i ma la storia non si fa, ma è anche vero che in questo spazio non leggete i discorsi del Papa ma le riflessioni di un amico a cui voi concedete l'onore di una frazione del vostro prezioso tempo. Così possiamo anche giocare e fingere di essere americani e chiederci come la penseremmo nel momento in cui fossimo - virtualmente, dato che non siamo americani - chiamati a votare.
Naturalmente, la nostra personalità non sarebbe granché diversa da quella degli italiani che siamo. Infatti, da moderato di destra, liberale conservatore, sostanzialmente sovranista, ho idee ben radicate ma non sono immune al fascino di chi, stando dall'altra parte, abbia dialettica suadente e capacità di convincimento. E invece, se provassimo ad immaginarci nei panni di un cittadino, diciamo di destra, che, scontento di questo governo, decidesse di guardare a sinistra, neanche il tempo di volgere lo sguardo da quella parte e gli si materializzerebbe un ospedale psichiatrico gestito e frequentato da gente desiderosa di rivoluzionare il mondo partendo dalla distruzione del ceto medio, obbligandolo a spendere decine di migliaia di euro per rifare casa e cambiare l'automobile, ove il progresso non viene identificato nel concetto fordiano di "più possibilità per tutti" ma nei bagni inclusivi, ove si invoca il diritto di cambiare sesso come si cambiano le mutande e si pretende l'accettazione della tesi, falsa e diffamante, che l'Italia sia un paese razzista, si propaganda lo statalismo invadente e la divinizzazione della magistratura e dove Alessandro Gassmann, con fare ieratico, propaganda la gentilezza mentre su Twitter blocca preventivamente chiunque non la pensi come lui, compreso il sottoscritto che, ben consapevole delle fattezze del signore in questione, non si è mai minimamente sognato di rivolgergli la parola.
Di fronte a quest'umanità, l'elettore conservatore, subito si pentirebbe e si dolerebbe con tutto il cuore per il peccato commesso e direbbe che in fondo sono meglio la Meloni e Salvini, che, poveracci, hanno i loro difetti e pure belli grossi, ma non raggiungono questi livelli di follia.
In America, il corrispondente dell'ospedale psichiatrico italiano - ma sarebbe il caso di dire "la sede principale", perché è un franchising internazionale - è il Partito Democratico. E quel che so, con certezza, è che, ragionando per come ragiono in Italia, se fossi americano non voterei Kamala Harris neanche se mi pagassero.
La probabile candidata presidente rappresenta tutto ciò che il conservatore, anche non ottusamente ideologico, detesta. Tanto per cominciare, viene dalla California, lo stato dove i mantra del progressismo liberal che minaccia la libertà in Occidente sono attivi da tanti anni, un posto orrendo, dove una persona normale, sinceramente amante della libertà, non andrebbe a vivere manco se gli prospettassero uno stipendio da venti milioni di euro all'anno, anche perché una volta incassati, se poi se ne volesse andare, glieli sequestrerebbero - tutta roba che uno attribuirebbe alla Corea del Nord o alla Cina ma che avviene nella California celebrata da film, canzoni, serial televisivi - e dove il progressismo ha raggiunto vette talmente psichedeliche che addirittura hanno depenalizzato tutti i furti del valore al di sotto dei 1000 dollari.
Kamala Harris, per ciò che è fisicamente - una negritudine meticcia riveduta e corretta (un nero in stile George Weah o Koulibaly non avrebbe la minima possibilità di proporsi come presidente USA) - e per le cose che dice e che fa, rappresenta la quintessenza del progressismo psichiatrico che tutti conosciamo e che si caratterizza per l'ossessione per la neolingua liberal, per i diritti civili delle minoranze - casomai mentre le maggioranze si puzzano di fame - l'aria sempre truce di chi possiede la verità e nel contempo ha la consapevolezza di avere il potere di imporla al mondo. Manco si è insediata come candidata democratica e subito ha detto "Io sono un ex-magistrato che combatte il criminale Trump". Cioè ma porco mondo boia, ti candidi come presidente di un paese sull'orlo della guerra civile e debutti dando del criminale al tuo avversario?
Molti sostengono che la sua candidatura è vincente e che è competitiva per votare Trump.
Ebbene, io moderato di destra che però ascolta volentieri anche le persone di valore di sinistra, una come la Harris non la voterei né ora né mai, non starei nemmeno ad ascoltarla. E se questo ragionamento lo faccio io, quasi sicuramente lo faranno anche tantissimi altri americani conservatori e repubblicani, a partire da quelli californiani, che hanno sperimentato sulla loro pelle cosa significa vivere in un incubo progressista.
Le elezioni, è inutile che ci si giri attorno, si vincono al centro. Che non significa fare i molliconi con l'avversario, alienandosi le simpatie dello zoccolo duro del proprio elettorato, ma porsi come figura rappresentativa di tutta l'America e al tempo stesso con una visione definita di come governare.
Tutte qualità che Obama - che aveva sedotto molti anche a destra, salvo poi far vedere la scarsa qualità della pasta di cui era fatto - possedeva e che Kamala Harris non ha.
Perché tra chi come Obama diceva "Non c'è un'America progressista e un'America conservatrice, ci sono gli Stati Uniti d'America" e una come la Harris che dice "Da una parte c'è il Bene rappresentato da me e dall'altra il male rappresentato da Trump", non c'è un mare ma l'oceano Pacifico e quello Atlantico messi insieme.
Naturalmente, la nostra personalità non sarebbe granché diversa da quella degli italiani che siamo. Infatti, da moderato di destra, liberale conservatore, sostanzialmente sovranista, ho idee ben radicate ma non sono immune al fascino di chi, stando dall'altra parte, abbia dialettica suadente e capacità di convincimento. E invece, se provassimo ad immaginarci nei panni di un cittadino, diciamo di destra, che, scontento di questo governo, decidesse di guardare a sinistra, neanche il tempo di volgere lo sguardo da quella parte e gli si materializzerebbe un ospedale psichiatrico gestito e frequentato da gente desiderosa di rivoluzionare il mondo partendo dalla distruzione del ceto medio, obbligandolo a spendere decine di migliaia di euro per rifare casa e cambiare l'automobile, ove il progresso non viene identificato nel concetto fordiano di "più possibilità per tutti" ma nei bagni inclusivi, ove si invoca il diritto di cambiare sesso come si cambiano le mutande e si pretende l'accettazione della tesi, falsa e diffamante, che l'Italia sia un paese razzista, si propaganda lo statalismo invadente e la divinizzazione della magistratura e dove Alessandro Gassmann, con fare ieratico, propaganda la gentilezza mentre su Twitter blocca preventivamente chiunque non la pensi come lui, compreso il sottoscritto che, ben consapevole delle fattezze del signore in questione, non si è mai minimamente sognato di rivolgergli la parola.
Di fronte a quest'umanità, l'elettore conservatore, subito si pentirebbe e si dolerebbe con tutto il cuore per il peccato commesso e direbbe che in fondo sono meglio la Meloni e Salvini, che, poveracci, hanno i loro difetti e pure belli grossi, ma non raggiungono questi livelli di follia.
In America, il corrispondente dell'ospedale psichiatrico italiano - ma sarebbe il caso di dire "la sede principale", perché è un franchising internazionale - è il Partito Democratico. E quel che so, con certezza, è che, ragionando per come ragiono in Italia, se fossi americano non voterei Kamala Harris neanche se mi pagassero.
La probabile candidata presidente rappresenta tutto ciò che il conservatore, anche non ottusamente ideologico, detesta. Tanto per cominciare, viene dalla California, lo stato dove i mantra del progressismo liberal che minaccia la libertà in Occidente sono attivi da tanti anni, un posto orrendo, dove una persona normale, sinceramente amante della libertà, non andrebbe a vivere manco se gli prospettassero uno stipendio da venti milioni di euro all'anno, anche perché una volta incassati, se poi se ne volesse andare, glieli sequestrerebbero - tutta roba che uno attribuirebbe alla Corea del Nord o alla Cina ma che avviene nella California celebrata da film, canzoni, serial televisivi - e dove il progressismo ha raggiunto vette talmente psichedeliche che addirittura hanno depenalizzato tutti i furti del valore al di sotto dei 1000 dollari.
Kamala Harris, per ciò che è fisicamente - una negritudine meticcia riveduta e corretta (un nero in stile George Weah o Koulibaly non avrebbe la minima possibilità di proporsi come presidente USA) - e per le cose che dice e che fa, rappresenta la quintessenza del progressismo psichiatrico che tutti conosciamo e che si caratterizza per l'ossessione per la neolingua liberal, per i diritti civili delle minoranze - casomai mentre le maggioranze si puzzano di fame - l'aria sempre truce di chi possiede la verità e nel contempo ha la consapevolezza di avere il potere di imporla al mondo. Manco si è insediata come candidata democratica e subito ha detto "Io sono un ex-magistrato che combatte il criminale Trump". Cioè ma porco mondo boia, ti candidi come presidente di un paese sull'orlo della guerra civile e debutti dando del criminale al tuo avversario?
Molti sostengono che la sua candidatura è vincente e che è competitiva per votare Trump.
Ebbene, io moderato di destra che però ascolta volentieri anche le persone di valore di sinistra, una come la Harris non la voterei né ora né mai, non starei nemmeno ad ascoltarla. E se questo ragionamento lo faccio io, quasi sicuramente lo faranno anche tantissimi altri americani conservatori e repubblicani, a partire da quelli californiani, che hanno sperimentato sulla loro pelle cosa significa vivere in un incubo progressista.
Le elezioni, è inutile che ci si giri attorno, si vincono al centro. Che non significa fare i molliconi con l'avversario, alienandosi le simpatie dello zoccolo duro del proprio elettorato, ma porsi come figura rappresentativa di tutta l'America e al tempo stesso con una visione definita di come governare.
Tutte qualità che Obama - che aveva sedotto molti anche a destra, salvo poi far vedere la scarsa qualità della pasta di cui era fatto - possedeva e che Kamala Harris non ha.
Perché tra chi come Obama diceva "Non c'è un'America progressista e un'America conservatrice, ci sono gli Stati Uniti d'America" e una come la Harris che dice "Da una parte c'è il Bene rappresentato da me e dall'altra il male rappresentato da Trump", non c'è un mare ma l'oceano Pacifico e quello Atlantico messi insieme.
Poi, per carità, questi sono soltanto i miei due centesimi.
Franco Marino
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