Devo confessare che, pur essendo un informatico di professione - o forse, proprio perché lo sono - tutte le volte che c'è un grosso blackout informatico, ho un blackout totale nella capacità di saper dire di che si tratti.
In realtà, per il solito, si tratta di banali errori e non ci sono oscuri disegni dietro un sistema che si guasta. Quindi niente di cospirazionistico. Chiunque amministri server, software e quant'altro, potrà confermarvi il rischio dell'intoppo dietro l'angolo e, soprattutto, che nessuna ditta ha, ovviamente, interesse a "spegnere i pc per dimostrare che siamo tutti facilmente sopprimibili", perché a parte essere, questa, una cosa di cui ormai tutti abbiamo contezza - e su cui nessuno può fare nulla - la forza di ogni tecnologia sta proprio nella presunzione da parte della gente circa l'indistruttibilità tecnologica e in quella delle loro aziende circa la sua indispensabilità. In sintesi, Crowdstrike ci ha fatto una gran bella figuraccia.
Ciò che, semmai, mi lascia esterrefatto è come in questi frangenti si rispolveri il "si stava meglio quando si stava peggio" e si auspichi il ritorno a tempi antichi, dimenticando che la stragrande maggioranza delle cose che oggi usiamo si possono benissimo non usare. Ma li usiamo perché? Perché ci conviene farlo, molto semplicemente. E dal momento che comunque l'esplosione di Internet è del 1994-1995, cioè quasi trent'anni fa, abbiamo persino i casi di nostalgismo tecnologico, il rimpianto di epoche in cui la tecnologia era più rustica e "tutto era più bello, vero, autentico".

Prendiamo Whatsapp. E' obbligatorio usarlo? Assolutamente no. Gli sms esistono ancora e potete tranquillamente mandarli a chiunque vogliate. Ma mentre gli sms li pagate, Whatsapp è gratuito. E poiché la gente non vuole spendere danaro, preferisce mille volte usare quel sistema e in generale tutti i sistemi di messaggistica.
Prendiamo l'home banking e il prelievo agli sportelli. Sono obbligatori? Assolutamente no. Ognuno di noi può andare in banca a prelevare e depositare in qualsiasi momento. Solo che le banche hanno orari di lavoro estremamente ridotti, per cui uno praticamente deve prendersi un giorno di ferie se vuole disporre di un po' del proprio danaro.
Prendiamo i pagamenti col bancomat. Sono obbligatori? Ad oggi no. Ognuno di noi può pagare in contanti, anche se fino ad un certo limite. Solo che quando si gira con troppi soldi in tasca, si rischiano rapine, scippi o anche più banalmente di perderli. Il bancomat nasce come uno strumento per rendere più sicuro il possesso di danaro e la sua spesa.
Prendiamo le email. E' obbligatorio mandarle? No. Si può sempre ricorrere alla lettera in senso classico. Solo che le lettere ci mettono giorni per arrivare, mentre l'email classica arriva in pochi secondi.
E potremmo proseguire all'infinito. Ma avendo proposto questi esempi, possiamo facilmente comprendere come le innovazioni tecnologiche abbiano facilitato la vita di chi le usa, e che soprattutto quando consideriamo che molte di esse sono gratuite, è inevitabile che vi si inseriscano aziende private il cui scopo è guadagnare dalle informazioni che ogni iscritto fornisce, per fini commerciali o di controllo sociale.
Ed è esattamente qui il nocciolo della questione. La stragrande maggioranza di questi sistemi si regge su ditte non italiane, su cui lo Stato italiano ha diritti molto teorici e assai poco pratici. Questo significa che se domani Facebook o Gmail decidessero di rendere pubblici i messaggi privati - casomai dando la colpa ad un bug - e tante persone vedessero le proprie magagne spiattellate in pubblico, nessuno, nel concreto, potrebbe farci alcunché. Come i poveri cristi che si sono visti saltare le proprie prenotazioni aeree possono farci nulla se Crowdstrike, il servizio di sicurezza informatica, non ha fatto bene l'aggiornamento dei propri script.

Perché il vero punto è esattamente questo. Abbiamo delegato troppe cose a sistemi tecnologici sovranazionali su cui il singolo non ha il controllo. E questo non si risolve - come scrive, delirando, qualcuno - espropriando i software ai privati e tornando all'età della pietra. Semplicemente, i singoli paesi devono capire che il vero sovranismo passa dalla fioritura di realtà tecnologiche private, su base nazionale. E questo è ancor più vero quando il mondo non è in una fase di bonaccia ma, al contrario, di conflitti. Non una Silicon Valley di stato italiana, ma la fioritura di un solido distretto industriale privato, italiano.
L'italianità dei social, dei sistemi operativi, della telefonia, della messaggistica, è molto più importante di quella della caciotta.
Ci vuole un vero sovranismo tecnologico, qualcosa di cui nessuno davvero parla. E su cui questo blackout ci costringe a riflettere.
E forse, un po' tutti, dovremmo cercare di usare la tecnologia ma non al punto di non saperne fare a meno.
La tecnologia, come ogni mezzo, diventa pericoloso se si trasforma in fine.



Franco Marino


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Io credo che quello che tu giustamente suggerisci possa concretizzarsi … abbiamo degli ottimi informatici e quello che è successo ieri credo che velocizzerà tutto
Come sempre hai centrato un punto fondamentale… come sempre
 

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