Da quando, due anni fa, si è entrati nella seconda fase della guerra in Ucraina - che in realtà, è iniziata dieci anni fa - mi sono limitato a scrivere pochissimi articoli nei quali ho sempre evitato di entrare nel retroscenismo e nel computo delle atrocità commesse dall'una e dall'altra parte.
Questo per vari motivi: tanto per cominciare, in un'infowar quale questa è, tutti mentono. Quindi non c'è mai modo di verificare se, per esempio, Hamas abbia davvero mozzato le teste di neonati israeliani come sostiene Israele o se Netanyahu abbia compiuto massacri contro i palestinesi, se i russi siano responsabili dei massacri di Bucha, se abbiano davvero abbattuto l'ospedale pediatrico di Kiev o se gli ucraini facciano le schifezze di cui li accusa Mosca. Chi può mai dare per certe da qui queste cose?
Peraltro, e questa è l'altra ragione che mi porta a disinteressarmi di questi reportage, se anche fossero vere le nefandezze che spesso ci troviamo a commentare, evidentemente si conosce poco la storia, che di brutalità commesse ce ne può tramandare "a beverun, a migliara" come diceva la buonanima del famoso Boss delle Cerimonie.
Naturalmente questi discorsi non significano che si debba rimanere indifferenti dinnanzi alla crudeltà gratuita. Ma ogni critica sulla brutalità del nemico non tiene conto di un fatto: questi si gioca praticamente tutto ed è quindi autorizzato a fare al nemico tutto il male che può fargli.
Questa realtà, in fondo banale, tuttavia all'italiano suona strana e per un motivo in fondo banale: l'Italia non si è mai misurata con le reali conseguenze di una guerra perduta. Quando nel 1945 il mondo ritornò alla pace, ai perdenti furono risparmiate le conseguenze reali di quando si perde un conflitto. Anche qui basta aprire un libro e rendersi conto dell'innaturalità di ritrovarsi più ricchi e più felici per giunta dopo aver riportato una devastante e completa sconfitta militare. E per scoprire, attraverso la triste fine di gloriosi popoli di cui ci giunge poco o nulla, che al vinto accade tutto il peggio che possa accadergli. Tanto per cominciare, la nazione sconfitta viene letteralmente cancellata dalla memoria. Poi, il suo popolo viene ridotto in schiavitù, con i cittadini che un tempo erano uomini liberi e che da quel momento verranno utilizzati per lavorare aggratisse per ripagare i danni subiti dal vincitore.
Chi nel 2024, per esempio, sarebbe in grado di raccontarci qualcosa sui cartaginesi - la cui epopea durò ben sei secoli - e, per esempio, della lingua punica, di cui ci giungono pochi frammenti soltanto grazie a Sant'Agostino?
Quanto accaduto a Cartagine - cioè essere cancellata dalla storia - nel 1945 non è accaduto e, dunque, l'italiano si è convinto che si possa perdere e poi ricominciare come se niente fosse accaduto. Che questa sia stata una contingenza storica dovuta alla presenza di un'URSS pronta a sfruttare tutte le contraddizioni occidentali e che oggi, con ottant'anni di ritardo, si stia pagando il conto di una guerra perduta, non sfiora minimamente il nostro pacifista moralista, sinceramente convinto che ci si possa astenere dalla commissione delle atrocità più brutali e che esista davvero una "morale di guerra" che esuli dal semplice bivio tra la vittoria e la sconfitta, tra la sopravvivenza e la cancellazione dai libri di geografia e poi di storia.
Così, dinnanzi all'accusa rivolta a Putin di aver distrutto un ospedale pediatrico, non mi pongo il problema che la notizia sia o meno vera. Forse è vera o forse è l'ennesima notizia falsa concepita per essere ammannita ai disorientati di cui i social sono pieni. Semmai faccio una domanda: siete di fronte ad un bivio dove dovete scegliere tra la sopravvivenza della vostra nazione al fine di evitare che i vostri concittadini vengano schiavizzati e la consapevolezza che dovrete commettere azioni bruttissime, tra cui per l'appunto distruggere l'ospedale pediatrico di Kiev, ben sapendo che l'alternativa è che altrimenti ad essere fatti fuori saranno i vostri bambini. Cosa fate?
Questa è la domanda che andrebbe posta. Possibilmente non agli italiani, non abituati ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a pagare le proprie colpe, ché se invece avessero sperimentato l'esperienza di vedersi cancellati come popolo e nazione, non riempirebbero i media, quelli tradizionali e quelli moderni, con le tonnellate di retorica che invece siamo costretti a sciropparci e vedrebbero le schifezze nel Donbass e in Palestina per quel che sono: cose orribili che purtroppo appartengono al "patrimonio" di qualsiasi guerra e dunque alla specie umana, qualcosa che è nato con l'uomo e con esso si estinguerà.
Questo per vari motivi: tanto per cominciare, in un'infowar quale questa è, tutti mentono. Quindi non c'è mai modo di verificare se, per esempio, Hamas abbia davvero mozzato le teste di neonati israeliani come sostiene Israele o se Netanyahu abbia compiuto massacri contro i palestinesi, se i russi siano responsabili dei massacri di Bucha, se abbiano davvero abbattuto l'ospedale pediatrico di Kiev o se gli ucraini facciano le schifezze di cui li accusa Mosca. Chi può mai dare per certe da qui queste cose?
Peraltro, e questa è l'altra ragione che mi porta a disinteressarmi di questi reportage, se anche fossero vere le nefandezze che spesso ci troviamo a commentare, evidentemente si conosce poco la storia, che di brutalità commesse ce ne può tramandare "a beverun, a migliara" come diceva la buonanima del famoso Boss delle Cerimonie.
Naturalmente questi discorsi non significano che si debba rimanere indifferenti dinnanzi alla crudeltà gratuita. Ma ogni critica sulla brutalità del nemico non tiene conto di un fatto: questi si gioca praticamente tutto ed è quindi autorizzato a fare al nemico tutto il male che può fargli.
Questa realtà, in fondo banale, tuttavia all'italiano suona strana e per un motivo in fondo banale: l'Italia non si è mai misurata con le reali conseguenze di una guerra perduta. Quando nel 1945 il mondo ritornò alla pace, ai perdenti furono risparmiate le conseguenze reali di quando si perde un conflitto. Anche qui basta aprire un libro e rendersi conto dell'innaturalità di ritrovarsi più ricchi e più felici per giunta dopo aver riportato una devastante e completa sconfitta militare. E per scoprire, attraverso la triste fine di gloriosi popoli di cui ci giunge poco o nulla, che al vinto accade tutto il peggio che possa accadergli. Tanto per cominciare, la nazione sconfitta viene letteralmente cancellata dalla memoria. Poi, il suo popolo viene ridotto in schiavitù, con i cittadini che un tempo erano uomini liberi e che da quel momento verranno utilizzati per lavorare aggratisse per ripagare i danni subiti dal vincitore.
Chi nel 2024, per esempio, sarebbe in grado di raccontarci qualcosa sui cartaginesi - la cui epopea durò ben sei secoli - e, per esempio, della lingua punica, di cui ci giungono pochi frammenti soltanto grazie a Sant'Agostino?
Quanto accaduto a Cartagine - cioè essere cancellata dalla storia - nel 1945 non è accaduto e, dunque, l'italiano si è convinto che si possa perdere e poi ricominciare come se niente fosse accaduto. Che questa sia stata una contingenza storica dovuta alla presenza di un'URSS pronta a sfruttare tutte le contraddizioni occidentali e che oggi, con ottant'anni di ritardo, si stia pagando il conto di una guerra perduta, non sfiora minimamente il nostro pacifista moralista, sinceramente convinto che ci si possa astenere dalla commissione delle atrocità più brutali e che esista davvero una "morale di guerra" che esuli dal semplice bivio tra la vittoria e la sconfitta, tra la sopravvivenza e la cancellazione dai libri di geografia e poi di storia.
Così, dinnanzi all'accusa rivolta a Putin di aver distrutto un ospedale pediatrico, non mi pongo il problema che la notizia sia o meno vera. Forse è vera o forse è l'ennesima notizia falsa concepita per essere ammannita ai disorientati di cui i social sono pieni. Semmai faccio una domanda: siete di fronte ad un bivio dove dovete scegliere tra la sopravvivenza della vostra nazione al fine di evitare che i vostri concittadini vengano schiavizzati e la consapevolezza che dovrete commettere azioni bruttissime, tra cui per l'appunto distruggere l'ospedale pediatrico di Kiev, ben sapendo che l'alternativa è che altrimenti ad essere fatti fuori saranno i vostri bambini. Cosa fate?
Questa è la domanda che andrebbe posta. Possibilmente non agli italiani, non abituati ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a pagare le proprie colpe, ché se invece avessero sperimentato l'esperienza di vedersi cancellati come popolo e nazione, non riempirebbero i media, quelli tradizionali e quelli moderni, con le tonnellate di retorica che invece siamo costretti a sciropparci e vedrebbero le schifezze nel Donbass e in Palestina per quel che sono: cose orribili che purtroppo appartengono al "patrimonio" di qualsiasi guerra e dunque alla specie umana, qualcosa che è nato con l'uomo e con esso si estinguerà.
Ma perdere una guerra è peggio di qualsiasi delitto si possa commettere pur di vincerla. Questa è la lezione della realtà che non è ancora giunta all'italiano medio e, in generale, a chiunque non abbia conosciuto sulla propria pelle il peso di una sconfitta.
Franco Marino
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