Esistono due lenti per valutare un risultato elettorale. Quello politico e quello sociologico.
Dal punto di vista politico, per ora mi astengo in attesa del ballottaggio in Francia, perché la situazione è ancora in movimento e non è sicuro che, alla fine, la Le Pen e Bardella governeranno. Infatti, la partitocrazia tradizionale francese - in linea con quella tradizionale di tutti i governi europei - mostrando di non aver capito un tubo del dato uscito dalle elezioni, prepara l'ennesima ammucchiata antilepenista, nell'illusione che questo non irriti ulteriormente l'opinione pubblica francese, in perfetta scia con quanto sta accadendo nell'Eurozona. Da quel punto di vista, la partita è tutta da giocare e l'esultanza di molti della destra è prematura.
Poi c'è il lato sociologico che ci dice come i media stanno reagendo all'affermazione della Le Pen. In tal senso, non posso fare a meno di provare una profonda indignazione per ciò che sta uscendo sui giornali. Nella più pacifica delle ipotesi, Marine viene paragonata ad un'incapace che rovinerà la Francia mentre, in quella più aggressiva, è considerata sostanzialmente una Hitler in gonnella. Insomma il clima è questo qui. Che conclusioni trarne?
Non c'è da fare molti giri di parole: la sinistra è diventata un problema da sradicare, se necessario, anche con le maniere forti. E non lo dico perché a quarantatré anni mi sia presa la sindrome di Pinochet, ma perché quando tutti i media delegittimano i risultati elettorali di partiti e candidati che saranno discutibili quanto si vuole, ma sono scelti dal popolo, mi sembra chiarissima la conclusione a cui giungere.
In un paese con pulsioni totalitarie, si vede nella vittoria dell'avversario una sciagura, un pericolo, una iattura. In un paese democratico, si accetta l'esito delle urne, si fanno i complimenti al vincitore e dal giorno dopo si inizia una feroce opposizione, sui contenuti, non sul diritto da parte dell'avversario di governare, di dire la sua, che invece in una democrazia è la base.
In questo senso, memorabile fu il discorso con cui McCain salutò la vittoria di Obama nel 2008, che invito i lettori a cercare su Google e a prendere come esempio su come ci si comporta con l'avversario politico. E, per essere chiari, non è che poi i repubblicani, dopo quel riconoscimento della vittoria dell'avversario, presero ad andarvi morbidi contro Obama, anzi: dal giorno dopo gli fecero un mazzo così, su tutto, a partire dalle tante macerie che questi nel 2016 avrebbe lasciato a Trump. Ma la forma, in democrazia, è sostanza. E quanto sto leggendo in questi giorni, dove non a caso sono stato zitto - sia perché poco sereno mentalmente per via di miei problemi personali, sia perché stomacato dalla piega che ha preso il dibattito - mi fa davvero temere circa la credibilità di coloro che ambiscono così tanto a definirsi democratici, che lo mettono come nome del proprio partito, un po' come anche la Germania Est si riteneva democratica. Perché se questa è la forma, chi crederà d'ora in avanti nella natura sostanziale della democrazia?
Dopodiché, io non so se Marine Le Pen sia la nuova Hitler come sostiene qualcuno, anche solo pensarlo mi pare un delirio da ritardati mentali, certo è che io non ho visto né da lei, né dalla Meloni, né da Salvini, né da quelli di AFD in Germania e neanche, addirittura, da Trump, i toni da guerra civile che vedo, invece, nelle macchine da guerra del progressismo occidentale. Nessuno di destra si è mai infiltrato nei centri sociali spacciandosi per un militante di sinistra, conquistando la fiducia dei militanti per poi vomitare merda contro di loro, come invece hanno fatto quelli di Fanpage. Altro che giornalismo di inchiesta: a parti invertite, si sarebbe urlato al pericolo fascista, come se poi di merda nei centri sociali di sinistra non ve ne fosse in sovrabbondanza.
Se la situazione è questa, mi sembra chiaro il punto di fondo: la sinistra è la più grave minaccia alla democrazia in Occidente.
Dal punto di vista politico, per ora mi astengo in attesa del ballottaggio in Francia, perché la situazione è ancora in movimento e non è sicuro che, alla fine, la Le Pen e Bardella governeranno. Infatti, la partitocrazia tradizionale francese - in linea con quella tradizionale di tutti i governi europei - mostrando di non aver capito un tubo del dato uscito dalle elezioni, prepara l'ennesima ammucchiata antilepenista, nell'illusione che questo non irriti ulteriormente l'opinione pubblica francese, in perfetta scia con quanto sta accadendo nell'Eurozona. Da quel punto di vista, la partita è tutta da giocare e l'esultanza di molti della destra è prematura.
Poi c'è il lato sociologico che ci dice come i media stanno reagendo all'affermazione della Le Pen. In tal senso, non posso fare a meno di provare una profonda indignazione per ciò che sta uscendo sui giornali. Nella più pacifica delle ipotesi, Marine viene paragonata ad un'incapace che rovinerà la Francia mentre, in quella più aggressiva, è considerata sostanzialmente una Hitler in gonnella. Insomma il clima è questo qui. Che conclusioni trarne?
Non c'è da fare molti giri di parole: la sinistra è diventata un problema da sradicare, se necessario, anche con le maniere forti. E non lo dico perché a quarantatré anni mi sia presa la sindrome di Pinochet, ma perché quando tutti i media delegittimano i risultati elettorali di partiti e candidati che saranno discutibili quanto si vuole, ma sono scelti dal popolo, mi sembra chiarissima la conclusione a cui giungere.
In un paese con pulsioni totalitarie, si vede nella vittoria dell'avversario una sciagura, un pericolo, una iattura. In un paese democratico, si accetta l'esito delle urne, si fanno i complimenti al vincitore e dal giorno dopo si inizia una feroce opposizione, sui contenuti, non sul diritto da parte dell'avversario di governare, di dire la sua, che invece in una democrazia è la base.
In questo senso, memorabile fu il discorso con cui McCain salutò la vittoria di Obama nel 2008, che invito i lettori a cercare su Google e a prendere come esempio su come ci si comporta con l'avversario politico. E, per essere chiari, non è che poi i repubblicani, dopo quel riconoscimento della vittoria dell'avversario, presero ad andarvi morbidi contro Obama, anzi: dal giorno dopo gli fecero un mazzo così, su tutto, a partire dalle tante macerie che questi nel 2016 avrebbe lasciato a Trump. Ma la forma, in democrazia, è sostanza. E quanto sto leggendo in questi giorni, dove non a caso sono stato zitto - sia perché poco sereno mentalmente per via di miei problemi personali, sia perché stomacato dalla piega che ha preso il dibattito - mi fa davvero temere circa la credibilità di coloro che ambiscono così tanto a definirsi democratici, che lo mettono come nome del proprio partito, un po' come anche la Germania Est si riteneva democratica. Perché se questa è la forma, chi crederà d'ora in avanti nella natura sostanziale della democrazia?
Dopodiché, io non so se Marine Le Pen sia la nuova Hitler come sostiene qualcuno, anche solo pensarlo mi pare un delirio da ritardati mentali, certo è che io non ho visto né da lei, né dalla Meloni, né da Salvini, né da quelli di AFD in Germania e neanche, addirittura, da Trump, i toni da guerra civile che vedo, invece, nelle macchine da guerra del progressismo occidentale. Nessuno di destra si è mai infiltrato nei centri sociali spacciandosi per un militante di sinistra, conquistando la fiducia dei militanti per poi vomitare merda contro di loro, come invece hanno fatto quelli di Fanpage. Altro che giornalismo di inchiesta: a parti invertite, si sarebbe urlato al pericolo fascista, come se poi di merda nei centri sociali di sinistra non ve ne fosse in sovrabbondanza.
Se la situazione è questa, mi sembra chiaro il punto di fondo: la sinistra è la più grave minaccia alla democrazia in Occidente.
Franco Marino
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