Una costante del dopo elezioni è che i duellanti rivendichino di aver ottenuto un ottimo risultato anche se, per definizione, perché qualcuno possa vincere, deve per forza perdere qualcun altro. Questo paradosso non di rado sforna perle di comicità involontaria, come quando Bersani si presentò a chiosare non ricordo più quale elezione con un memorabile "abbiamo non vinto". Se, però, qualcuno ha messo in dubbio il successo - a mio avviso trionfale - della Meloni, un risultato che possiamo dare incontestabilmente come sicuro è il flop totale del Movimento 5 Stelle. Che non è certo roba di oggi e che nasce da lontano e su cui, da tanto, volevo scrivere. Ma quando, spesso su stimolo di molti contatti del broadcast che mi chiedono un parere su questo crollo, mi accingevo a farlo, mi accorgevo di non riuscire a trovare le parole giuste. Quando questo accade, bisogna riporre la penna - o meglio la tastiera - al suo posto: significa che non si ha chiaro ciò che si ha da dire, o che magari si ha anche una bozza di cosa pensare ma poi, mentre si cerca di far fluire il ragionamento, ci si accorge che sul piano logico è facilmente obiettabile.
Poi mi sono accorto che le parole venivano molto più facilmente quando, riflettendo, mi è venuto in mente che la vera causa del progressivo crollo del Movimento ha a che fare con un qualcosa che va oltre il partito: ed è la fine del gatekeeping. Ma cos'è il gatekeeping?
Se cerco su google il significato di questa parola, ne trovo decine e tutti contraddittori. Quel che ho capito io è che il gatekeeper debba intendersi come colui che, identificata una sacca di malcontento, si occupa di animarla, di dare spazio alle rivendicazioni, di dar voce, facendo tuttavia in modo che questi fermenti rimangano confinati nello status quo senza fare nulla di concreto che possa rovesciarlo. Lo scopo può tanto essere di garantire una rendita attraverso lo stipendio da parlamentare all'animatore del movimento, tanto una carriera in ambienti tematicamente affini alla propria "battaglia", tanto limitarsi a creare un giro d'affari che induca il malcontento a comprare libri, visitare siti, guardare canali televisivi e anche qui sono soldi che girano, tanto agire come infiltrato di qualche partito avversario.
Il Movimento 5 Stelle è stato il partito che, più di tutti, tra blog ufficiale, siti di controinformazione e indotti vari, grazie ad un genio come Casaleggio, ha sfruttato il malcontento politico. La sua capacità è stata identificare un oggettivo malessere e saper dare risposte chiare che giustificassero il voto: non ci sono più soldi? Vuol dire che i politici sono tutti ladri. Mandiamoli in galera e se ci voterete, vi daremo il reddito di cittadinanza.
Quando poi si è trattato di governare, si è capito che nel cilindro non c'era il coniglio, che il fantomatico reddito di cittadinanza era, in realtà, un banalissimo e miserrimo reddito minimo, concesso a condizioni talmente stringenti da dar vita ad abusi di ogni tipo, che un politico onesto non necessariamente è anche capace di risolvere i problemi, che tutti quei nuovi ragazzotti apparentemente dalla faccia pulita alla fine erano interessati soltanto al generoso stipendio parlamentare, col risultato che alla fine la realtà ha bussato alla porta e ha mostrato cosa si rischia quando si decide di dare fiducia ai cialtroni.
Ma i gatekeeper non sono soltanto nella politica fatta nelle istituzioni. Sono gatekeeper anche, per esempio, i movimenti LGBT che agiscono da veri e propri contenitori di malcontento. Nessuno ha nulla da dire sul fatto che si debbano chiamare "gay" e non froci gli omosessuali e che costoro possano godere di tutti i diritti, fin dove ovviamente inizino quelli altrui. Ma se qualcuno vuol far credere che dagli anni Ottanta ad oggi non siano stati fatti enormi progressi nella lotta all'omofobia, o è in malafede o ha la memoria cortissima. E invece, eccoli ogni giorno guardare in cagnesco e scagliare gli orwelliani minuti di odio nei confronti di chiunque dica la parola sbagliata al momento sbagliato. Risultato? Riecco i rigurgiti omofobici. Perché la realtà è che questi gruppi sono pregevolmente descritti dalla barzelletta del figlio del medico che più volte ho raccontato, quando al giovane che chiedeva al padre come mai non fosse riuscito a guarire facilmente quei pazienti a cui il figlio aveva debellato i mali, rispondeva "Bravo cretino: secondo te come ho pagato gli studi?". Il loro obiettivo non è la guarigione ma l'agonia.
In questo senso, il flop dei grillini - anche se va detto che ormai Grillo, sebbene ancora proprietario del marchio e del nome, è fuori dai giochi e il movimento stesso è stato degrillizzato per consegnarsi nelle mani di Conte - è solo il più rumoroso per via delle sue passate dimensioni. Ma la stessa crisi del dissenso è un segnale.
In generale, alla lunga, tutti questi movimenti stancano. L'astensione, che certamente non impedisce che le istituzioni mettano in atto ciò che non ci piace, non riflette soltanto l'indignazione del popolo nei confronti della politica ma anche, in generale, una palpabile sfiducia verso la possibilità di cambiare la realtà sociale anche in quegli ambiti che vanno oltre quelle della politica.
Alla fin fine, tutto ciò che vogliamo è risolvere i problemi che ci angustiano.
A nessuno piace stare in un eterno limbo con un piede nell'inferno.
Poi mi sono accorto che le parole venivano molto più facilmente quando, riflettendo, mi è venuto in mente che la vera causa del progressivo crollo del Movimento ha a che fare con un qualcosa che va oltre il partito: ed è la fine del gatekeeping. Ma cos'è il gatekeeping?
Se cerco su google il significato di questa parola, ne trovo decine e tutti contraddittori. Quel che ho capito io è che il gatekeeper debba intendersi come colui che, identificata una sacca di malcontento, si occupa di animarla, di dare spazio alle rivendicazioni, di dar voce, facendo tuttavia in modo che questi fermenti rimangano confinati nello status quo senza fare nulla di concreto che possa rovesciarlo. Lo scopo può tanto essere di garantire una rendita attraverso lo stipendio da parlamentare all'animatore del movimento, tanto una carriera in ambienti tematicamente affini alla propria "battaglia", tanto limitarsi a creare un giro d'affari che induca il malcontento a comprare libri, visitare siti, guardare canali televisivi e anche qui sono soldi che girano, tanto agire come infiltrato di qualche partito avversario.
Il Movimento 5 Stelle è stato il partito che, più di tutti, tra blog ufficiale, siti di controinformazione e indotti vari, grazie ad un genio come Casaleggio, ha sfruttato il malcontento politico. La sua capacità è stata identificare un oggettivo malessere e saper dare risposte chiare che giustificassero il voto: non ci sono più soldi? Vuol dire che i politici sono tutti ladri. Mandiamoli in galera e se ci voterete, vi daremo il reddito di cittadinanza.
Quando poi si è trattato di governare, si è capito che nel cilindro non c'era il coniglio, che il fantomatico reddito di cittadinanza era, in realtà, un banalissimo e miserrimo reddito minimo, concesso a condizioni talmente stringenti da dar vita ad abusi di ogni tipo, che un politico onesto non necessariamente è anche capace di risolvere i problemi, che tutti quei nuovi ragazzotti apparentemente dalla faccia pulita alla fine erano interessati soltanto al generoso stipendio parlamentare, col risultato che alla fine la realtà ha bussato alla porta e ha mostrato cosa si rischia quando si decide di dare fiducia ai cialtroni.
Ma i gatekeeper non sono soltanto nella politica fatta nelle istituzioni. Sono gatekeeper anche, per esempio, i movimenti LGBT che agiscono da veri e propri contenitori di malcontento. Nessuno ha nulla da dire sul fatto che si debbano chiamare "gay" e non froci gli omosessuali e che costoro possano godere di tutti i diritti, fin dove ovviamente inizino quelli altrui. Ma se qualcuno vuol far credere che dagli anni Ottanta ad oggi non siano stati fatti enormi progressi nella lotta all'omofobia, o è in malafede o ha la memoria cortissima. E invece, eccoli ogni giorno guardare in cagnesco e scagliare gli orwelliani minuti di odio nei confronti di chiunque dica la parola sbagliata al momento sbagliato. Risultato? Riecco i rigurgiti omofobici. Perché la realtà è che questi gruppi sono pregevolmente descritti dalla barzelletta del figlio del medico che più volte ho raccontato, quando al giovane che chiedeva al padre come mai non fosse riuscito a guarire facilmente quei pazienti a cui il figlio aveva debellato i mali, rispondeva "Bravo cretino: secondo te come ho pagato gli studi?". Il loro obiettivo non è la guarigione ma l'agonia.
In questo senso, il flop dei grillini - anche se va detto che ormai Grillo, sebbene ancora proprietario del marchio e del nome, è fuori dai giochi e il movimento stesso è stato degrillizzato per consegnarsi nelle mani di Conte - è solo il più rumoroso per via delle sue passate dimensioni. Ma la stessa crisi del dissenso è un segnale.
In generale, alla lunga, tutti questi movimenti stancano. L'astensione, che certamente non impedisce che le istituzioni mettano in atto ciò che non ci piace, non riflette soltanto l'indignazione del popolo nei confronti della politica ma anche, in generale, una palpabile sfiducia verso la possibilità di cambiare la realtà sociale anche in quegli ambiti che vanno oltre quelle della politica.
Alla fin fine, tutto ciò che vogliamo è risolvere i problemi che ci angustiano.
A nessuno piace stare in un eterno limbo con un piede nell'inferno.
Franco Marino
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