La morte di Berlusconi, se qualcuno ci ha fatto caso, ha avuto un effetto dirompente nel giorno della sua scomparsa per poi svaporare successivamente. Così, ad un anno dalla sua morte, del Cavaliere non si parla praticamente più, come se fosse un personaggio esistito ere geologiche fa. Su questo molto ha inciso la pandemia che ha ridisegnato molti equilibri ma anche, forse, il fatto che da diversi anni non era più un protagonista. E tuttavia, quest'uomo per molti anni è stato il vero polo della vita politica - e non solo - del nostro Paese. Non si parlava che di lui. In suo nome si rompevano amicizie, si litigava persino tra parenti e, una volta, io e mio padre fummo costretti - faticando non poco - a far appello a tutta la nostra forza fisica per separare uno zio e un nipote che si presero a botte su cosa? Sul caso Ruby.
Questo autorizza una domanda: Berlusconi è ancora attuale?
La prima cosa da dire è che Silvio non era solo una semplice figura politica ed imprenditoriale ma un simbolo. Non è possibile schierarsi con o contro di lui con onestà intellettuale se prima non si descrive cos'era il paese e cos'era soprattutto la televisione prima del suo avvento.
L'Italia pre-berlusconiana era una repubblica iraniana di fatto che si reggeva su un duopolio politico, la DC e il PCI. Tutto ciò che era fuori da questo schema, semplicemente, non esisteva. Qualche vagito di vitalità imprenditoriale e culturale veniva dall'ala craxiana del Partito Socialista, poi c'era la farloccheide pseudofascista del Movimento Sociale, ma per il resto era tutto spento, morto.
E quanto alle malefatte della politica e dell'imprenditoria, nemmeno a parlarne, perché era un sistema più o meno palesemente mafioso, dove era impossibile fare qualcosa senza chiedere permesso al padrino politico di turno, che fosse democristiano o comunista.
Quando il Cavaliere arriva e, certamente anche grazie a molte amicizie politiche e a qualche contatto che definiremmo eufemisticamente oscuro, riesce a penetrare nel sistema, riuscendo a realizzare quella Fininvest che poi diventerà Mediaset e poi fondando Forza Italia, molti - me compreso e rivendico ancora oggi la cosa - si identificano così tanto in lui perché lo vedono come un uomo che, pur con tutte le sue ombre, è riuscito ad emergere contro la burocrazia, modernizzando un paese talmente ingessato che se uno guarda i programmi televisivi, il linguaggio e il vestiario degli anni Settanta e lo confronta con gli anni Ottanta, si rende immediatamente conto dell'enorme stacco realizzato.
Grazie a lui, tanti italiani imparano a fare pace col concetto di ricchezza, stigmatizzato e avversato sia dalla cultura cattolica che da quella comunista, non vedendola più come lo sterco del diavolo ma come il segno che si è fatto qualcosa di importante.
Berlusconi è stato il simbolo dell'uomo italiano che, tra qualche marachella più o meno grave e lampi di autentica genialità, lottava non solo contro uno Stato spezzasogni che fa di tutto per rompere le palle alla gente ma anche contro il bigottismo cattocomunista che raduna attorno a sé due culture politiche ed ideologiche che si somigliavano molto più di quanto differissero e contro l'idea che si possa vivere felici soltanto parassitando lo Stato con uno stipendio fisso dalla culla alla tomba. I suoi oppositori non erano i santi che lottavano contro il Diavolo rappresentato dal Cavaliere Nero di Arcore, ma mafiosi molto peggiori di quanto potesse ipoteticamente esserlo lui. E questo i berlusconiani, che pure non erano all'oscuro di certe sue malefatte e che lo perdonavano soltanto perché sapevano che queste erano dovute al particolare sistema italiano, lo avevano capito ed è per questo che il legame tra lui e il suo popolo fu così forte fino a pochi anni dalla fine e soltanto quando questi fece capire che la sua battaglia politica ormai era sostanzialmente persa e che era ricattato.
Di questo, la chiara consapevolezza la ebbi quando, durante la famosa trasmissione di Santoro della spolverata di Berlusconi alla sedia di Travaglio, lo share di quel programma, che normalmente si attestava all'11-12%, arrivò al 33%, triplicando gli ascolti. E il motivo era semplice: il Cavaliere era la bandiera del ceto medio italiano che lottava contro l'ottusità dello Stato, contro il ributtante moralismo dei suoi oppositori, contro l'invadenza della burocrazia e della polizia fiscale nella vita dei cittadini. Non importa quanto fosse autentico il suo impegno, questo era ciò che pensavano tutti, sostenitori e nemici, di lui.
Berlusconi, in sintesi, è ancora attuale? La risposta è "nì". Sì perché i temi che lui propone sono ancora validi. L'Italia è ancora un paese ingessato da una burocrazia asfissiante, da un potere politico soffocante, minacciato da una magistratura che, così com'è, è una spada di Damocle che pende sulla testa di qualsiasi cittadino, in sintesi è ostaggio di un sistema capace solo di generare ansia nella gente. E "No" perché quel ceto medio che un tempo aveva tanta voglia di prosperare, di conquistare il proprio destino, sta lentamente scomparendo nella memoria del proprio passato, nell'ansia di ringiovanire riportando in auge gli anni Ottanta, quando se c'è una cosa che si può dire del Cavaliere è che lui fu, forse, l'ultima vera manifestazione futuristica italiana, l'ultimo grande modernizzatore, di certo non un uomo che guardava al passato.
Con la sua morte, i cui funerali furono così seguiti che alcune maestranze che dovevano farmi dei lavori a casa proprio per il 12 Giugno del 2023 mi dissero di spostare proprio perché volevano stare davanti alla TV, si è avuta davvero la sensazione che si sia chiusa un'epoca in Italia. Non soltanto che si sia chiusa la storia di un grandissimo imprenditore e, forse, della più grande occasione mancata della politica, ma che con lui sia morta anche una parte degli italiani, con i loro sogni, con la loro voglia di trasformare la realtà in qualcosa di più bello, di migliore, e con tutto il carico di nostalgia che questo, inevitabilmente, comporta.
Questo autorizza una domanda: Berlusconi è ancora attuale?
La prima cosa da dire è che Silvio non era solo una semplice figura politica ed imprenditoriale ma un simbolo. Non è possibile schierarsi con o contro di lui con onestà intellettuale se prima non si descrive cos'era il paese e cos'era soprattutto la televisione prima del suo avvento.
L'Italia pre-berlusconiana era una repubblica iraniana di fatto che si reggeva su un duopolio politico, la DC e il PCI. Tutto ciò che era fuori da questo schema, semplicemente, non esisteva. Qualche vagito di vitalità imprenditoriale e culturale veniva dall'ala craxiana del Partito Socialista, poi c'era la farloccheide pseudofascista del Movimento Sociale, ma per il resto era tutto spento, morto.
E quanto alle malefatte della politica e dell'imprenditoria, nemmeno a parlarne, perché era un sistema più o meno palesemente mafioso, dove era impossibile fare qualcosa senza chiedere permesso al padrino politico di turno, che fosse democristiano o comunista.
Quando il Cavaliere arriva e, certamente anche grazie a molte amicizie politiche e a qualche contatto che definiremmo eufemisticamente oscuro, riesce a penetrare nel sistema, riuscendo a realizzare quella Fininvest che poi diventerà Mediaset e poi fondando Forza Italia, molti - me compreso e rivendico ancora oggi la cosa - si identificano così tanto in lui perché lo vedono come un uomo che, pur con tutte le sue ombre, è riuscito ad emergere contro la burocrazia, modernizzando un paese talmente ingessato che se uno guarda i programmi televisivi, il linguaggio e il vestiario degli anni Settanta e lo confronta con gli anni Ottanta, si rende immediatamente conto dell'enorme stacco realizzato.
Grazie a lui, tanti italiani imparano a fare pace col concetto di ricchezza, stigmatizzato e avversato sia dalla cultura cattolica che da quella comunista, non vedendola più come lo sterco del diavolo ma come il segno che si è fatto qualcosa di importante.
Berlusconi è stato il simbolo dell'uomo italiano che, tra qualche marachella più o meno grave e lampi di autentica genialità, lottava non solo contro uno Stato spezzasogni che fa di tutto per rompere le palle alla gente ma anche contro il bigottismo cattocomunista che raduna attorno a sé due culture politiche ed ideologiche che si somigliavano molto più di quanto differissero e contro l'idea che si possa vivere felici soltanto parassitando lo Stato con uno stipendio fisso dalla culla alla tomba. I suoi oppositori non erano i santi che lottavano contro il Diavolo rappresentato dal Cavaliere Nero di Arcore, ma mafiosi molto peggiori di quanto potesse ipoteticamente esserlo lui. E questo i berlusconiani, che pure non erano all'oscuro di certe sue malefatte e che lo perdonavano soltanto perché sapevano che queste erano dovute al particolare sistema italiano, lo avevano capito ed è per questo che il legame tra lui e il suo popolo fu così forte fino a pochi anni dalla fine e soltanto quando questi fece capire che la sua battaglia politica ormai era sostanzialmente persa e che era ricattato.
Di questo, la chiara consapevolezza la ebbi quando, durante la famosa trasmissione di Santoro della spolverata di Berlusconi alla sedia di Travaglio, lo share di quel programma, che normalmente si attestava all'11-12%, arrivò al 33%, triplicando gli ascolti. E il motivo era semplice: il Cavaliere era la bandiera del ceto medio italiano che lottava contro l'ottusità dello Stato, contro il ributtante moralismo dei suoi oppositori, contro l'invadenza della burocrazia e della polizia fiscale nella vita dei cittadini. Non importa quanto fosse autentico il suo impegno, questo era ciò che pensavano tutti, sostenitori e nemici, di lui.
Berlusconi, in sintesi, è ancora attuale? La risposta è "nì". Sì perché i temi che lui propone sono ancora validi. L'Italia è ancora un paese ingessato da una burocrazia asfissiante, da un potere politico soffocante, minacciato da una magistratura che, così com'è, è una spada di Damocle che pende sulla testa di qualsiasi cittadino, in sintesi è ostaggio di un sistema capace solo di generare ansia nella gente. E "No" perché quel ceto medio che un tempo aveva tanta voglia di prosperare, di conquistare il proprio destino, sta lentamente scomparendo nella memoria del proprio passato, nell'ansia di ringiovanire riportando in auge gli anni Ottanta, quando se c'è una cosa che si può dire del Cavaliere è che lui fu, forse, l'ultima vera manifestazione futuristica italiana, l'ultimo grande modernizzatore, di certo non un uomo che guardava al passato.
Con la sua morte, i cui funerali furono così seguiti che alcune maestranze che dovevano farmi dei lavori a casa proprio per il 12 Giugno del 2023 mi dissero di spostare proprio perché volevano stare davanti alla TV, si è avuta davvero la sensazione che si sia chiusa un'epoca in Italia. Non soltanto che si sia chiusa la storia di un grandissimo imprenditore e, forse, della più grande occasione mancata della politica, ma che con lui sia morta anche una parte degli italiani, con i loro sogni, con la loro voglia di trasformare la realtà in qualcosa di più bello, di migliore, e con tutto il carico di nostalgia che questo, inevitabilmente, comporta.
L'Italiano medio, oggi, non vuole più diventare ricco, ma soltanto sopravvivere ricordando il passato, meglio ancora se intascando un regolare reddito di cittadinanza.
Franco Marino
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