Sono (stato) un grande appassionato di calcio ma ho sempre mal sopportato i vari "Processi del Lunedì", "Controcampi", "Domeniche Sportive" e quant'altro. Andavo direttamente allo stadio oppure vedevo la partita in TV, spesso togliendo pure la telecronaca. In sintesi, detesto la critica sportiva. Tifoso del Napoli, rigetto - con la sola eccezione di Paolo Del Genio, unica persona di buonsenso - ogni talk-show sulla mia squadra perché popolati da una vrancata di invasati che pontificano di calcio con l'aria di chi crede che se un presidente si fosse affidato a loro, le cose sarebbero andate meglio. Poi, dopo che quest'anno il Napoli è arrivato al decimo posto in campionato, si sono scatenati tutti con gli insulti: De Laurentiis pappone, magliaro, A16 (con riferimento alla Napoli-Bari, tradotto "vattene a Bari", l'altra squadra del presidente) e il tutto dopo che il Napoli ha vinto l'anno prima uno scudetto praticamente stradominato. E se questo è vero per una cosa in fondo poco importante - la più importante delle cose non importanti per citare Arrigo Sacchi - figuriamoci quanto può essere vero per questioni vitali come quella palestinese.
Qui si raggiunge l'epitome della stupidità. Orde barbariche di fessi che di Israele e Palestina non sanno nulla, salvo notoriamente i bollettini della propaganda, ogni giorno inondano i social con dovizia di particolari su quanto sia cattivo Israele che sta facendo un genocidio, su quanto sia brutto Hamas che decapita i neonati. Il tutto con tanto di amicizie tolte, litigate sui social, nei talk-show e altre amenità. La persona razionale si accorge che sono tutte fesserie e, dopo aver detto la sua, si defila e parla d'altro. Anche perché si rende conto che non può farci nulla. Una volta riempito ogni spazio di prefiche contro l'una o l'altra parte, cosa cambia? Il nulla assoluto. Ma, dopo aver detto ai lettori perché decido di saltare totalmente ogni discussione sul tema "Palestina", per non farci la figura dello snob, devo anche rispondere alla domanda sul perché tutto questo è inutile. E la risposta è semplice: l'Italia non ha alcun peso internazionale. L'idea che una guerra finisca perché Gennaro Esposito sui social ha messo la bandiera della Palestina o che Ambrogio Brambilla metta quella di Israele, è indubbiamente suggestiva: in effetti, ce lo immaginiamo Netanyahu che dice "Ah Gennarino ha detto che sto facendo un genocidio, allora va bene, ritiro le truppe da Gaza", oppure quelli di Hamas che dicono "Ah Ambrogio ha detto che non dobbiamo lottare? Ok va bene, Netanyahu ammazzaci tutti!".
Nella realtà, questa è una situazione in cui l'Italia può incidere solo nella misura in cui acquisisce prestigio: e i filo e gli anti dell'una e dell'altra parte, hanno sempre sistematicamente votato tutti quei partiti che volevano per principio la sudditanza ora economica, ora militare, ora politica del nostro Paese. Come si può pensare che un'Italia senza alcun peso possa lottare per la pace in Palestina è un mistero.
Se la Turchia, nel conflitto in Palestina, può avere un ruolo decisivo, non è certo perché Mehmet, Hakan, Ali o Mustafa mettono la bandierina, ma perché i turchi, più razionali di noi, si tengono stretto Erdogan, che sarà pure un bastardo ma è il loro bastardo, e ha fatto acquisire un grosso potere al suo paese.
Tutto il chiacchiericcio sulla questione palestinese ha stancato. Verrebbe voglia di prendere uno per uno chiunque se ne stia interessando e, indipendentemente dalle sue posizioni (sionista, antisemita, filopalestinese, quel che vi pare) deriderlo, prenderlo in giro, metterlo in ridicolo, bullizzarlo e ricordargli che conta meno del due di briscola, trattandolo alla maniera di come facevano con gli imperatori dell'antica Roma quando entravano in trionfo nella città "Ricordatevi di essere mortali". E se questo trattamento se lo vedevano riservare Cesare, Augusto e tutti gli altri, per quale motivo uno non dovrebbe ridere della spocchia di gente che si mette su un trespolo ad urlare slogan contro Israele o contro Hamas, dandosi arie che non si permettono nemmeno leader politici che avrebbero tutti i requisiti per darsi delle arie, figuriamoci chi di certe cose ne parla come un ubriaco al bar.
Ma questa grande fiera della vanità è la grande corrente del golfo che oggi anima ogni interrelazione umana, sui social e non. E per andare contro corrente occorre una pazienza che francamente non ho più.
Qui si raggiunge l'epitome della stupidità. Orde barbariche di fessi che di Israele e Palestina non sanno nulla, salvo notoriamente i bollettini della propaganda, ogni giorno inondano i social con dovizia di particolari su quanto sia cattivo Israele che sta facendo un genocidio, su quanto sia brutto Hamas che decapita i neonati. Il tutto con tanto di amicizie tolte, litigate sui social, nei talk-show e altre amenità. La persona razionale si accorge che sono tutte fesserie e, dopo aver detto la sua, si defila e parla d'altro. Anche perché si rende conto che non può farci nulla. Una volta riempito ogni spazio di prefiche contro l'una o l'altra parte, cosa cambia? Il nulla assoluto. Ma, dopo aver detto ai lettori perché decido di saltare totalmente ogni discussione sul tema "Palestina", per non farci la figura dello snob, devo anche rispondere alla domanda sul perché tutto questo è inutile. E la risposta è semplice: l'Italia non ha alcun peso internazionale. L'idea che una guerra finisca perché Gennaro Esposito sui social ha messo la bandiera della Palestina o che Ambrogio Brambilla metta quella di Israele, è indubbiamente suggestiva: in effetti, ce lo immaginiamo Netanyahu che dice "Ah Gennarino ha detto che sto facendo un genocidio, allora va bene, ritiro le truppe da Gaza", oppure quelli di Hamas che dicono "Ah Ambrogio ha detto che non dobbiamo lottare? Ok va bene, Netanyahu ammazzaci tutti!".
Nella realtà, questa è una situazione in cui l'Italia può incidere solo nella misura in cui acquisisce prestigio: e i filo e gli anti dell'una e dell'altra parte, hanno sempre sistematicamente votato tutti quei partiti che volevano per principio la sudditanza ora economica, ora militare, ora politica del nostro Paese. Come si può pensare che un'Italia senza alcun peso possa lottare per la pace in Palestina è un mistero.
Se la Turchia, nel conflitto in Palestina, può avere un ruolo decisivo, non è certo perché Mehmet, Hakan, Ali o Mustafa mettono la bandierina, ma perché i turchi, più razionali di noi, si tengono stretto Erdogan, che sarà pure un bastardo ma è il loro bastardo, e ha fatto acquisire un grosso potere al suo paese.
Tutto il chiacchiericcio sulla questione palestinese ha stancato. Verrebbe voglia di prendere uno per uno chiunque se ne stia interessando e, indipendentemente dalle sue posizioni (sionista, antisemita, filopalestinese, quel che vi pare) deriderlo, prenderlo in giro, metterlo in ridicolo, bullizzarlo e ricordargli che conta meno del due di briscola, trattandolo alla maniera di come facevano con gli imperatori dell'antica Roma quando entravano in trionfo nella città "Ricordatevi di essere mortali". E se questo trattamento se lo vedevano riservare Cesare, Augusto e tutti gli altri, per quale motivo uno non dovrebbe ridere della spocchia di gente che si mette su un trespolo ad urlare slogan contro Israele o contro Hamas, dandosi arie che non si permettono nemmeno leader politici che avrebbero tutti i requisiti per darsi delle arie, figuriamoci chi di certe cose ne parla come un ubriaco al bar.
Ma questa grande fiera della vanità è la grande corrente del golfo che oggi anima ogni interrelazione umana, sui social e non. E per andare contro corrente occorre una pazienza che francamente non ho più.
Scannatevi tranquillamente. Che così almeno i tanti avvoltoi pronti a saltare sui vostri cadaveri, vi diranno grazie quando vi avranno mangiato tutto.