Durante un Sanremo di una trentina di anni fa - mamma mia come passa il tempo - Piero Chiambretti lanciò un tormentone destinato a divenire proverbiale: comunque vada sarà un successo, ad indicare che se anche perdiamo una sfida, comunque il fatto di esserci rappresenta una sorta di vittoria.
Non sempre si può prendere alla lettera questa dichiarazione d'intenti, altrimenti nel mondo non succederebbero le cose brutte che spesso ci troviamo a commentare. Ed anzi ci sono anche alcune circostanze in cui questo slogan potremmo tranquillamente ribaltarlo dicendo che comunque vada sarà un disastro.
Infatti, tra pochi mesi si terranno le elezioni in America e, dal momento che gli ultimi sondaggi danno sostanzialmente per vincitore Trump, molti della destra radicale europea esultano immaginando chissà quali scenari idilliaci, mentre la persona seria sa benissimo che se le cose cambieranno, non è certo detto che sarà in meglio.
Intendiamoci, se fossi americano sarei trumpiano con la stessa passione con cui sono stato berlusconiano, sia perché il vecchio Donald - al pari della buonanima di Silviuccio - umanamente mi è molto più simpatico dei suoi nemici, sia perché, chiunque abbia un solido contatto sia con l'Italia che con gli Stati Uniti, può confermare che l'America è molto più in avanti dell'Europa nei deliri progressistici.
Ma c'è un piccolo problema: non sono americano e dunque non posso certo tifare per la vittoria di Trump se questa significasse la distruzione dell'Europa. E del resto anche la vittoria di Biden sarebbe un disastro. Qual è allora il vero punto della questione?
Noi italiani, diceva Montanelli, siamo un popolo cattolico che crede nella Provvidenza e quando arriva un Uomo che la rappresenta, ci mettiamo al suo seguito. Il problema è che non abbiamo l'approccio tipicamente calvinista della visione dell'uomo come padrone del proprio destino e pensiamo sempre che la nostra salvezza derivi da qualcun altro che ci libererà. Se prendiamo Israele, per esempio, quella nazione può piacere o no ma questa consapevolezza l'ha fatta propria: si è dotata dell'atomica e di un servizio segreto potentissimo, capace di andare a stanare i terroristi che fecero la strage di Monaco ed ammazzarli tutti, guadagnandosi il rispetto di tutti, ha infiltrato le banche e le partitocrazie di molti paesi, aumentando il proprio potere pressorio sui rispettivi governi e, soprattutto, costringe i suoi giovani a ben tre anni di servizio militare, così che basti un fischio e tutti siano pronti al combattimento. L'israeliano, anche quando nella vita fa tutt'altro, è comunque sempre pronto a prendere le armi contro i nemici. Gli italiani no. Hanno pressoché soppresso il servizio militare, hanno iscritto il ripudio della guerra in Costituzione e continuano ad aspettare il cavaliere bianco che li salvi, l'Apocalisse che distrugga tutto - tranne, ca va sans dire, il proprio orticello - e così come ieri celebravano la fantomatica Liberazione, oggi aspettano Putin o, peggio, Xi Jinping.
La lezione che nessuno libera o salva gratis proprio non vogliamo capirla nemmeno ora che il salvatore ci chiede un salatissimo conto.
Questo come si sposa con Trump? A dispetto di ciò che ci viene fatto credere, gli americani sono divisi su tutto tranne che su come trattare l'Europa. E al riguardo esistono due teorie: quella repubblicana di abbandonare immediatamente le nazioni europee al loro destino e quella democratica di proseguire lo spolpamento del Vecchio Continente. Ciò che li unisce è, in sintesi, che nessuno degli schieramenti ha intenzione - e questo è, dal punto di vista dei loro interessi, pienamente legittimo - di sostenere un maiale grasso e attempato, che non sa stare in piedi da solo.
In sintesi, se prende piede la dottrina trumpiana, dobbiamo aspettarci che il mondo intero ci invada senza che nessuno muova un dito. Se, invece, prende piede la dottrina bideniana oppure obamiana, kamalaharrisiana o quel che pare a voi, l'Europa sarà il bancomat americano da usare per una guerra che tutti ormai hanno capito essere perduta.
Chiunque vinca il prossimo Novembre, l'Europa deve capire che l'America è diventata una nemica e che prima ci si libera di questa non-alleanza diventando padroni del nostro destino e ripristinando rapporti paritari con la Federazione Russa e col resto del pianeta e prima finiranno gran parte dei problemi che stiamo vivendo. E prima che i filoamericani decidano di ammorbarci accusandoci di antiamericanismo, di ingratitudine, è bene ribadire loro che se gli americani vogliono spolpare il continente europeo, questo è perfettamente legittimo dal punto di vista dei loro interessi. Così come è legittimo che un italiano pensi che l'interesse proprio venga prima di quelli degli altri.
Poi, da osservatori esterni, possiamo giustamente ridere delle scemenze progressiste dei Democratici Americani, preoccuparci che minchiate come quelle della California - depenalizzare i furti al di sotto dei 900 dollari, confiscare i beni a chi lascia quello stato - prendano progressivamente piede anche in altri stati USA e vengano casomai copiati anche da noi.
Ma il tifo si fa solo per la gente di casa nostra. Dobbiamo smetterla di aspettarci il cavaliere bianco.
Altrimenti, comunque vada, davvero sarà un disastro.
Non sempre si può prendere alla lettera questa dichiarazione d'intenti, altrimenti nel mondo non succederebbero le cose brutte che spesso ci troviamo a commentare. Ed anzi ci sono anche alcune circostanze in cui questo slogan potremmo tranquillamente ribaltarlo dicendo che comunque vada sarà un disastro.
Infatti, tra pochi mesi si terranno le elezioni in America e, dal momento che gli ultimi sondaggi danno sostanzialmente per vincitore Trump, molti della destra radicale europea esultano immaginando chissà quali scenari idilliaci, mentre la persona seria sa benissimo che se le cose cambieranno, non è certo detto che sarà in meglio.
Intendiamoci, se fossi americano sarei trumpiano con la stessa passione con cui sono stato berlusconiano, sia perché il vecchio Donald - al pari della buonanima di Silviuccio - umanamente mi è molto più simpatico dei suoi nemici, sia perché, chiunque abbia un solido contatto sia con l'Italia che con gli Stati Uniti, può confermare che l'America è molto più in avanti dell'Europa nei deliri progressistici.
Ma c'è un piccolo problema: non sono americano e dunque non posso certo tifare per la vittoria di Trump se questa significasse la distruzione dell'Europa. E del resto anche la vittoria di Biden sarebbe un disastro. Qual è allora il vero punto della questione?
Noi italiani, diceva Montanelli, siamo un popolo cattolico che crede nella Provvidenza e quando arriva un Uomo che la rappresenta, ci mettiamo al suo seguito. Il problema è che non abbiamo l'approccio tipicamente calvinista della visione dell'uomo come padrone del proprio destino e pensiamo sempre che la nostra salvezza derivi da qualcun altro che ci libererà. Se prendiamo Israele, per esempio, quella nazione può piacere o no ma questa consapevolezza l'ha fatta propria: si è dotata dell'atomica e di un servizio segreto potentissimo, capace di andare a stanare i terroristi che fecero la strage di Monaco ed ammazzarli tutti, guadagnandosi il rispetto di tutti, ha infiltrato le banche e le partitocrazie di molti paesi, aumentando il proprio potere pressorio sui rispettivi governi e, soprattutto, costringe i suoi giovani a ben tre anni di servizio militare, così che basti un fischio e tutti siano pronti al combattimento. L'israeliano, anche quando nella vita fa tutt'altro, è comunque sempre pronto a prendere le armi contro i nemici. Gli italiani no. Hanno pressoché soppresso il servizio militare, hanno iscritto il ripudio della guerra in Costituzione e continuano ad aspettare il cavaliere bianco che li salvi, l'Apocalisse che distrugga tutto - tranne, ca va sans dire, il proprio orticello - e così come ieri celebravano la fantomatica Liberazione, oggi aspettano Putin o, peggio, Xi Jinping.
La lezione che nessuno libera o salva gratis proprio non vogliamo capirla nemmeno ora che il salvatore ci chiede un salatissimo conto.
Questo come si sposa con Trump? A dispetto di ciò che ci viene fatto credere, gli americani sono divisi su tutto tranne che su come trattare l'Europa. E al riguardo esistono due teorie: quella repubblicana di abbandonare immediatamente le nazioni europee al loro destino e quella democratica di proseguire lo spolpamento del Vecchio Continente. Ciò che li unisce è, in sintesi, che nessuno degli schieramenti ha intenzione - e questo è, dal punto di vista dei loro interessi, pienamente legittimo - di sostenere un maiale grasso e attempato, che non sa stare in piedi da solo.
In sintesi, se prende piede la dottrina trumpiana, dobbiamo aspettarci che il mondo intero ci invada senza che nessuno muova un dito. Se, invece, prende piede la dottrina bideniana oppure obamiana, kamalaharrisiana o quel che pare a voi, l'Europa sarà il bancomat americano da usare per una guerra che tutti ormai hanno capito essere perduta.
Chiunque vinca il prossimo Novembre, l'Europa deve capire che l'America è diventata una nemica e che prima ci si libera di questa non-alleanza diventando padroni del nostro destino e ripristinando rapporti paritari con la Federazione Russa e col resto del pianeta e prima finiranno gran parte dei problemi che stiamo vivendo. E prima che i filoamericani decidano di ammorbarci accusandoci di antiamericanismo, di ingratitudine, è bene ribadire loro che se gli americani vogliono spolpare il continente europeo, questo è perfettamente legittimo dal punto di vista dei loro interessi. Così come è legittimo che un italiano pensi che l'interesse proprio venga prima di quelli degli altri.
Poi, da osservatori esterni, possiamo giustamente ridere delle scemenze progressiste dei Democratici Americani, preoccuparci che minchiate come quelle della California - depenalizzare i furti al di sotto dei 900 dollari, confiscare i beni a chi lascia quello stato - prendano progressivamente piede anche in altri stati USA e vengano casomai copiati anche da noi.
Ma il tifo si fa solo per la gente di casa nostra. Dobbiamo smetterla di aspettarci il cavaliere bianco.
Altrimenti, comunque vada, davvero sarà un disastro.
Franco Marino
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