Ieri sono stati cinquant'anni dal referendum che, di fatto, introdusse il divorzio e, come al solito, le masse si dividono in due tra i progressisti che, se fosse per loro, farebbero sposare persino un pinguino e un'otaria, e i conservatori che vorrebbero ritornare alla potestà maritale, smarrendo così il vero punto della questione che è a mio avviso un altro e che si può provare a chiarire solo se nel contempo si chiarisce cos'è il matrimonio.
L'indissolubilità di questa unione nasce in un momento in cui, tanto per cominciare, la vita aveva una durata molto più breve di quella di oggi. Se nel 2024, a quarantatré anni posso guardare al futuro con una prospettiva certo meno illimitata di quando ne avevo diciotto ma comunque - facendo i dovuti scongiuri - ancora abbastanza ampia, due secoli fa probabilmente sarei stato considerato prossimo alla fossa, perché si moriva prima e più facilmente e, dunque, nessuno divorziava semplicemente perché schiattava prima.
In più, il matrimonio si rendeva necessario in una fase della storia dell'umanità in cui non esisteva il test del DNA e quindi occorreva una funzione, scolpita sia nelle leggi che nei testi sacri, che vincolasse il marito a prendersi cura dei figli, che altrimenti avrebbe tranquillamente potuto ripudiare, con la moglie che ovviamente era tenuta - proprio perché "mater semper certa, pater numquam" - alla massima fedeltà. Non essendoci il test di paternità, il padre avrebbe potuto dire tranquillamente che quei figli non fossero i suoi, abbandonando la madre al proprio destino, con tutto quel che poi ne sarebbe conseguito cioè con la "compromissione" della donna, eternamente "consacrata" come zoccola e col padre ed i fratelli di lei che avrebbero dato la caccia al fuggitivo a colpi di lupara, salvo che quest'ultimo non si redimesse sposandola. In sintesi, il matrimonio non aveva niente di romantico e di simbolico ma rispondeva all'esigenza meramente pratica di vincolare i coniugi, davanti a Dio e allo Stato, al dovere di crescere dei figli e provvedere alle cure parentali, in un momento storico in cui la mortalità infantile era elevatissima, facendo presente - a questo servivano le pubblicazioni - che da quel momento nessuno si sarebbe dovuto intromettere nella coppia.
Oggi le condizioni sono molto diverse. Tanto per cominciare, la nostra società vive una fase di relativo - per quanto declinante - benessere, la durata della vita media si aggira attorno ai 75-80 anni, c'è meno bisogno di un compagno a tutti i costi in generale e c'è la possibilità, con un test molto preciso, di sapere se un uomo ha rifiutato di riconoscere un figlio per insicurezza circa la serietà della madre o semplicemente perché amava fare sesso senza assumersi delle responsabilità. Dunque, sostanzialmente, del matrimonio inteso come era una volta, non c'è più bisogno e sopravvive come libera volontà dei coniugi di rimanere insieme, magari anche per sempre, purché sia una specifica scelta, non un vincolo sacro da tenere in piedi anche se non si sta più bene insieme, per i motivi più validi. Perché, per il resto, se in questa unione vengono meno la concordia, l'affetto e il rispetto, non si vede perché due persone debbano rimanere insieme per sempre. Peraltro non è neanche vero che prima non si potesse divorziare. Esisteva l'annullamento del matrimonio che, ufficialmente, poteva essere concesso soltanto per mancata consumazione - impotenza o sterilità - mentre nei fatti bastava pagare una stecca al vescovo, in danaro o, per così dire eufemisticamente, altre utilità, come avvenne ad una mia amica che se lo sentì proporre.
Se poi qualcuno ci pone come contraltare le selvatiche società dove ancora si crede nell'indissolubilità di questo vincolo, gli possiamo rispondere senza alcun problema che uno dei pochi motivi per essere contenti di essere nati nel Terzo Millennio e in Occidente, è che possiamo mandare a fanculo un coniuge che altrimenti ci verrebbe la tentazione di avvelenare.
La realtà è che nella guerra tra divorzisti e tradizionalisti, alla fine ha prevalso l'interesse personale. Il divorzio in Italia ha vinto perché, sotto sotto, ad essere favorevoli erano anzitutto quelli che fingevano di deprecarlo, a partire dagli stessi democristiani e anche da tantissimi camerati, si pensi ad Almirante e alla sua Donna Assunta che, entrambi sposati e con prole, vissero in clandestinità il loro amore fin quando giustappunto il divorzio non consentì loro di ufficializzarlo.
Dopodiché rimango pur sempre un romantico che si intristisce quando legge/sente di due persone che si sono amate tanto, che hanno costruito una famiglia, ma che decidono di separarsi; e che sogna un mondo in cui due persone rimangono assieme per tutta la vita. Magari anche con un prete che celebra la loro unione. Ma solo se i due riconoscono in Dio un'autorità che veglia sulle loro scelte. E comunque, mai contro la loro volontà.
L'indissolubilità di questa unione nasce in un momento in cui, tanto per cominciare, la vita aveva una durata molto più breve di quella di oggi. Se nel 2024, a quarantatré anni posso guardare al futuro con una prospettiva certo meno illimitata di quando ne avevo diciotto ma comunque - facendo i dovuti scongiuri - ancora abbastanza ampia, due secoli fa probabilmente sarei stato considerato prossimo alla fossa, perché si moriva prima e più facilmente e, dunque, nessuno divorziava semplicemente perché schiattava prima.
In più, il matrimonio si rendeva necessario in una fase della storia dell'umanità in cui non esisteva il test del DNA e quindi occorreva una funzione, scolpita sia nelle leggi che nei testi sacri, che vincolasse il marito a prendersi cura dei figli, che altrimenti avrebbe tranquillamente potuto ripudiare, con la moglie che ovviamente era tenuta - proprio perché "mater semper certa, pater numquam" - alla massima fedeltà. Non essendoci il test di paternità, il padre avrebbe potuto dire tranquillamente che quei figli non fossero i suoi, abbandonando la madre al proprio destino, con tutto quel che poi ne sarebbe conseguito cioè con la "compromissione" della donna, eternamente "consacrata" come zoccola e col padre ed i fratelli di lei che avrebbero dato la caccia al fuggitivo a colpi di lupara, salvo che quest'ultimo non si redimesse sposandola. In sintesi, il matrimonio non aveva niente di romantico e di simbolico ma rispondeva all'esigenza meramente pratica di vincolare i coniugi, davanti a Dio e allo Stato, al dovere di crescere dei figli e provvedere alle cure parentali, in un momento storico in cui la mortalità infantile era elevatissima, facendo presente - a questo servivano le pubblicazioni - che da quel momento nessuno si sarebbe dovuto intromettere nella coppia.
Oggi le condizioni sono molto diverse. Tanto per cominciare, la nostra società vive una fase di relativo - per quanto declinante - benessere, la durata della vita media si aggira attorno ai 75-80 anni, c'è meno bisogno di un compagno a tutti i costi in generale e c'è la possibilità, con un test molto preciso, di sapere se un uomo ha rifiutato di riconoscere un figlio per insicurezza circa la serietà della madre o semplicemente perché amava fare sesso senza assumersi delle responsabilità. Dunque, sostanzialmente, del matrimonio inteso come era una volta, non c'è più bisogno e sopravvive come libera volontà dei coniugi di rimanere insieme, magari anche per sempre, purché sia una specifica scelta, non un vincolo sacro da tenere in piedi anche se non si sta più bene insieme, per i motivi più validi. Perché, per il resto, se in questa unione vengono meno la concordia, l'affetto e il rispetto, non si vede perché due persone debbano rimanere insieme per sempre. Peraltro non è neanche vero che prima non si potesse divorziare. Esisteva l'annullamento del matrimonio che, ufficialmente, poteva essere concesso soltanto per mancata consumazione - impotenza o sterilità - mentre nei fatti bastava pagare una stecca al vescovo, in danaro o, per così dire eufemisticamente, altre utilità, come avvenne ad una mia amica che se lo sentì proporre.
Se poi qualcuno ci pone come contraltare le selvatiche società dove ancora si crede nell'indissolubilità di questo vincolo, gli possiamo rispondere senza alcun problema che uno dei pochi motivi per essere contenti di essere nati nel Terzo Millennio e in Occidente, è che possiamo mandare a fanculo un coniuge che altrimenti ci verrebbe la tentazione di avvelenare.
La realtà è che nella guerra tra divorzisti e tradizionalisti, alla fine ha prevalso l'interesse personale. Il divorzio in Italia ha vinto perché, sotto sotto, ad essere favorevoli erano anzitutto quelli che fingevano di deprecarlo, a partire dagli stessi democristiani e anche da tantissimi camerati, si pensi ad Almirante e alla sua Donna Assunta che, entrambi sposati e con prole, vissero in clandestinità il loro amore fin quando giustappunto il divorzio non consentì loro di ufficializzarlo.
Dopodiché rimango pur sempre un romantico che si intristisce quando legge/sente di due persone che si sono amate tanto, che hanno costruito una famiglia, ma che decidono di separarsi; e che sogna un mondo in cui due persone rimangono assieme per tutta la vita. Magari anche con un prete che celebra la loro unione. Ma solo se i due riconoscono in Dio un'autorità che veglia sulle loro scelte. E comunque, mai contro la loro volontà.
Franco Marino
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