Permettetemi una barzelletta. Il figlio di un famoso e stimato medico si accorge, con grande sorpresa, di riuscire a guarire a bassissimo costo e con grande facilità tutti quei pazienti che il padre, pur lautamente retribuito, non aveva guarito. Quando va a riferirlo al vecchio genitore chiedendogliene conto, questi gli risponde "Bravo cretino! Secondo te come ho pagato i tuoi studi?".
In effetti, il ragionamento è semplice: se il paziente guarisce o muore, non ti paga più, sicché il bravo medico è quello che lo tiene in agonia. E' a questa barzelletta che penso quando cerco di capire perché molti gruppi che, in teoria, dovrebbero combattere per alcuni diritti civili, sembrino invece raccogliere tanti disagiati. L'ultima boiata è quella di un sondaggio che ci riferisce come molte donne si sentano molto meno in pericolo con un orso che non con un maschio.
In un paese normale, si rintraccerebbero le disagiate in questione per ricoverarle in qualche reparto psichiatrico, se non altro per evitare che vadano a blandire qualche orso che, va da sé, potrebbe non gradire il corteggiamento, ma in un paese che ha divorziato dalla realtà, molti riescono perfino a buttarla in sociologia. E dal momento che certe demenzialità sono troppo sistematiche per non generare sospetti, viene inevitabile chiedersi perché i movimenti che lottano per i diritti civili si siano riempiti di imbecilli fino a rendersi ridicoli.
Qualsiasi persona di buonsenso che abbia avuto dei fallimenti - professionali, economici, sentimentali - sa che il sistema che lo circonda ha una parte di responsabilità. Ma ecco il punto: una parte. C'è sempre, nelle proprie sconfitte, una parte di responsabilità propria, di azioni sbagliate che non andavano compiute, di azioni giuste non compiute. Ed è comprensibilissimo che chi non ha saputo indirizzare certe cose viva nel rimorso di aver fatto la cosa sbagliata quando non andava fatta.
In questa fase, se convinciamo quel fallito che la colpa dei suoi fallimenti non è sua ma del sistema, sarà con noi per sempre. Comprerà i nostri libri, ci voterà, potrebbe persino morire per noi, perché noi gli abbiamo dato l'assoluzione dal suo fallimento. Ed è inutile dire che odierà i nemici a cui daremo la colpa dei suoi fallimenti.
Ecco perché, dopo un iniziale smarrimento, non faticai a comprendere il successo di Burioni quando comparve sul proscenio con la sua pagina facebook e il suo libro "la congiura dei somari". In tanti si chiesero il perché di quei toni aggressivi e la risposta venne dall'enorme successo che quel professore riuscì a coagulare in breve tempo: il suo obiettivo non era fare chiarezza cercando di convincere chi, per motivi più o meno razionali, aveva smesso di vaccinare i propri figli, ma assurgere al rango di capo ultrà dei cosiddetti "studiati", cioè un gruppo di imbecilli sinceramente convinti che portare la pantofola a qualsiasi scienziato - senza porsi mai dubbi sulla sua buonafede ed onestà - li faccia, per osmosi, ascendere all'Olimpo dei Saggi, i quali, va da sé, avrebbero comprato ogni suo libro come effettivamente avvenne. Risultato? Molti indecisi, per ripicca, iniziarono a chiedersi se tutta l'ira di Burioni nei confronti dei novax non nascondesse secondi fini, che in effetti emersero con la pandemia.
Nondimeno, se qualcuno leggesse il manifesto di certe femministe, o di associazioni semiterroristiche come il Black Lives Matter, o anche certi manifesti della cultura LGBT, proverebbe un misto tra la commiserazione e la preoccupazione.
I gruppi woke non emergono - se non facendosi scudo del bastone del potere - non perché non detengano qualche ragione ma perché radunano nei propri spazi orde di disagiati che non vogliono migliorare le proprie condizioni di vita ma coltivare ambizioni di potere e di dominio del tutto speculari a quelle che hanno subito, aizzati da capi ultrà il cui obiettivo è vendere libri e comprare voti.
I capibastone del progressismo sono come il padre medico della barzelletta. Non sono interessati a curare i pazienti, ma soltanto a prolungare la loro agonia. E per un motivo in fin dei conti molto semplice nella sua banalità: tengono famiglia.
In effetti, il ragionamento è semplice: se il paziente guarisce o muore, non ti paga più, sicché il bravo medico è quello che lo tiene in agonia. E' a questa barzelletta che penso quando cerco di capire perché molti gruppi che, in teoria, dovrebbero combattere per alcuni diritti civili, sembrino invece raccogliere tanti disagiati. L'ultima boiata è quella di un sondaggio che ci riferisce come molte donne si sentano molto meno in pericolo con un orso che non con un maschio.
In un paese normale, si rintraccerebbero le disagiate in questione per ricoverarle in qualche reparto psichiatrico, se non altro per evitare che vadano a blandire qualche orso che, va da sé, potrebbe non gradire il corteggiamento, ma in un paese che ha divorziato dalla realtà, molti riescono perfino a buttarla in sociologia. E dal momento che certe demenzialità sono troppo sistematiche per non generare sospetti, viene inevitabile chiedersi perché i movimenti che lottano per i diritti civili si siano riempiti di imbecilli fino a rendersi ridicoli.
Qualsiasi persona di buonsenso che abbia avuto dei fallimenti - professionali, economici, sentimentali - sa che il sistema che lo circonda ha una parte di responsabilità. Ma ecco il punto: una parte. C'è sempre, nelle proprie sconfitte, una parte di responsabilità propria, di azioni sbagliate che non andavano compiute, di azioni giuste non compiute. Ed è comprensibilissimo che chi non ha saputo indirizzare certe cose viva nel rimorso di aver fatto la cosa sbagliata quando non andava fatta.
In questa fase, se convinciamo quel fallito che la colpa dei suoi fallimenti non è sua ma del sistema, sarà con noi per sempre. Comprerà i nostri libri, ci voterà, potrebbe persino morire per noi, perché noi gli abbiamo dato l'assoluzione dal suo fallimento. Ed è inutile dire che odierà i nemici a cui daremo la colpa dei suoi fallimenti.
Ecco perché, dopo un iniziale smarrimento, non faticai a comprendere il successo di Burioni quando comparve sul proscenio con la sua pagina facebook e il suo libro "la congiura dei somari". In tanti si chiesero il perché di quei toni aggressivi e la risposta venne dall'enorme successo che quel professore riuscì a coagulare in breve tempo: il suo obiettivo non era fare chiarezza cercando di convincere chi, per motivi più o meno razionali, aveva smesso di vaccinare i propri figli, ma assurgere al rango di capo ultrà dei cosiddetti "studiati", cioè un gruppo di imbecilli sinceramente convinti che portare la pantofola a qualsiasi scienziato - senza porsi mai dubbi sulla sua buonafede ed onestà - li faccia, per osmosi, ascendere all'Olimpo dei Saggi, i quali, va da sé, avrebbero comprato ogni suo libro come effettivamente avvenne. Risultato? Molti indecisi, per ripicca, iniziarono a chiedersi se tutta l'ira di Burioni nei confronti dei novax non nascondesse secondi fini, che in effetti emersero con la pandemia.
Nondimeno, se qualcuno leggesse il manifesto di certe femministe, o di associazioni semiterroristiche come il Black Lives Matter, o anche certi manifesti della cultura LGBT, proverebbe un misto tra la commiserazione e la preoccupazione.
I gruppi woke non emergono - se non facendosi scudo del bastone del potere - non perché non detengano qualche ragione ma perché radunano nei propri spazi orde di disagiati che non vogliono migliorare le proprie condizioni di vita ma coltivare ambizioni di potere e di dominio del tutto speculari a quelle che hanno subito, aizzati da capi ultrà il cui obiettivo è vendere libri e comprare voti.
I capibastone del progressismo sono come il padre medico della barzelletta. Non sono interessati a curare i pazienti, ma soltanto a prolungare la loro agonia. E per un motivo in fin dei conti molto semplice nella sua banalità: tengono famiglia.
Franco Marino
Sostienici! Con un like o un commento all'articolo all'interno di questo spazio e condividendolo sui social.