Il tradimento è il bivio di un rapporto. Il tradito si vede letteralmente crollare il mondo addosso - o, se si vuole, tutto quel mondo immaginifico che si era costruito nella testa senza fare i conti con l'oste/coniuge-fidanzato - mentre il traditore sa che, da quel momento, non verrà guardato più con gli stessi occhi. E' però sbagliato dire che da un evento così traumatico non si possa ricostruire un rapporto anche migliore. Jovanotti, per esempio, dopo essere stato tradito dalla moglie, disse di aver capito molte cose sui suoi errori da quell'esperienza e, riconciliatosi con lei, le dedicò diverse famose canzoni. Quali fossero le sue colpe, è affare di Lorenzo Cherubini. Certo è che il perdono e la pacificazione avvengono quando, anche se si subisce un torto, si è disposti ad ammettere la propria parte di colpe.
Ovviamente, quando due parti del paese si odiano, non si può pensare di fare pace con una canzonetta e quindi, in tal senso, il paragone può provocare più di un sorriso sarcastico. E tuttavia, basta scorrere TV, media e giornali, per comprendere come si sia ripiombati in un clima da guerra fredda che personalmente induce più di una preoccupazione. Ma per poter chiudere la questione, se non ha senso snocciolare il rosario dei crimini dell'una e dell'altra fazione, occorre, invece, che i belligeranti in causa comprendano i propri errori, partendo da alcuni punti fermi.
Prima di tutto, il 25 Aprile non ha niente a che fare con la Resistenza ma soltanto con un evento storico insignificante e peraltro neanche commendevole, quello di Piazzale Loreto, uno scempio che per stomacare non occorre essere fascisti, basta essere semplicemente umani: la scena dei cadaveri appesi a testa in giù, con gli entusiasti applauditori del regime di qualche mese prima che pisciavano su Mussolini e sulla povera Petacci che non c'entrava nulla, può essere approvata soltanto da codardi e vigliacchi, da gente senza onore. E la fantomatica Liberazione, venduta ignobilmente come la cacciata dei tedeschi dal suolo italiano, è stata semplicemente una faida tra compatrioti, dipanatasi su schifezze dell'una e dell'altra parte e conclusasi non con l'effettiva Liberazione ma con un passaggio di proprietà. Dai tedeschi agli americani. La sinistra attuale non ha niente a che fare con un sano antifascismo di ispirazione liberaldemocratica perché tutto ciò che volevano i comunisti - che ebbero un ruolo molto marginale nella Resistenza - era di consegnare l'Italia ad un'altra tirannia, quella di Stalin. L'antifascismo militante di oggi, come anche quello delle messe cantate del passato, è molto più pericoloso del fascismo.
Secondo punto fermo, il fascismo da qualsiasi punto di vista lo si guardi, ha condotto il nostro paese ad una sconfitta non solo totale ma soprattutto disonorevole. Il periodo che va dalla capitolazione di Mussolini al famoso trattato di pace del 1947 fu talmente ignominioso, la posizione dell'Italia talmente indifendibile, che rimasero indimenticabili le parole di Alcide De Gasperi al cospetto delle potenze vincitrici: "Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me". "Tranne la vostra personale cortesia" non significava che De Gasperi si aspettasse qualche forma di clemenza da far valere in ambito politico, ma che molto più realisticamente sperava che non lo avrebbero letteralmente preso a pedate sul sedere. Perché tolta la personale cortesia, per il resto, non aveva nessun serio argomento da far valere.
Chiarito questo e saltando ogni ulteriore considerazione storica sul tema - perché tanto leggerete ovunque le rivendicazioni di fascisti e antifascisti - forse è più utile chiedersi come chiudere una volta e per tutte una questione di cui la persona di buonsenso ne ha piene le scatole. E qui si torna al discorso di Jovanotti: o tutti si prendono la responsabilità di quello che è successo in quegli anni e soprattutto di ciò che stanno ricreando nei nostri anni, oppure tra qualche anno si tornerà a spararsi in mezzo alle strade. E non dico niente di strano perché il timore di una guerra civile non è soltanto di un modesto Carneade come chi scrive, ma anche il tema di un film, Civil War, dove si paventa il rischio di una guerra fratricida proprio negli Stati Uniti.
Così, se l'obiettivo è di fare i conti col Ventennio e con tutte le nefandezze dell'una e dell'altra parte, bisogna semplicemente mettersi a tavolino e capire che il fascismo non è stato un cancro generatosi per caso in un corpo sano ma la conseguenza inevitabile di una combinazione di fattori, di cui gran parte delle colpe è ascrivibile proprio ai progenitori degli antifascisti. Perché se Francia e Gran Bretagna prima si alleano con l'Italia e poi le negano il bottino di una guerra vinta e, a poche centinaia di chilometri, umiliano la Germania, facendole sprofondare nella miseria, non ci si può lamentare del rancore che poi porta al potere Mussolini e Hitler. Come non ci si può lamentare di reflussi fascisti quando l'antifascismo non solo diventa il cane da guardia di forze politiche che vogliono spogliare l'Italia ma, soprattutto, mostra un volto totalitario e censorio, dove le leggi vengono violentate a seconda delle logiche di fazione.
Ma l'antifascista 2.0 di oggi, a differenza di Jovanotti, non vuole assumersi responsabilità. Per lui, il fascismo è stato un'associazione criminale, che non ha portato niente di buono, soltanto crimini e dittatura, e ripropone la medesima reductio ad hitlerum contro chiunque metta in discussione il pensiero unico. E non a caso, coloro che si sono autonominano numi tutelari dell'antifascismo, sventolano la bandiera rossa e inneggiano ai gulag sovietici e, peggio ancora, alle foibe titine, negando l'apporto dato alla Resistenza da liberali, cattolici e socialisti riformisti.
Non solo. Gli antifascisti hanno anche creato una serie di leggi, scritte e non, che vietano non soltanto l'apologia del Ventennio - e fin qui ci sarebbe da discutere ma prendiamola per buona - ma addirittura di parlarne senza il cipiglio duro e lo sguardo corrucciato della condanna senza appello di chiunque osi discutere la messa cantata dell'antifascismo e voglia indagare a fondo su quel periodo, casomai proprio per curare quelle ferite, non per favorire una nuova marcia su Roma. Per tacere della squallida transumanza che ha portato accaniti simpatizzanti del Regime diventare le guardie rosse della Resistenza.
Un atteggiamento sereno imporrebbe, invece, di considerare quello fascista come un periodo storico, con cose bellissime e cose bruttissime che, come tutti i periodi storici, ha avuto un inizio e una fine. L'antifascismo è stata la conseguenza inevitabile di un regime ormai putrescente, che aveva tolto ogni libertà agli italiani, trascinandoli in un conflitto che era palese che sarebbe stato perduto. Entrambe le parti hanno i loro morti da rivendicare, i propri rancori da sanare. Ma se non ci si mette a tavolino e si decide di fare un reset di ciò che c'è stato, prima o poi torneremo a spararci in mezzo alla strada. E, come nella favola di Esopo, mentre il leone e il cinghiale si scannano, ci sono tanti avvoltoi pronti a saltare sui nostri cadaveri.
Ovviamente, quando due parti del paese si odiano, non si può pensare di fare pace con una canzonetta e quindi, in tal senso, il paragone può provocare più di un sorriso sarcastico. E tuttavia, basta scorrere TV, media e giornali, per comprendere come si sia ripiombati in un clima da guerra fredda che personalmente induce più di una preoccupazione. Ma per poter chiudere la questione, se non ha senso snocciolare il rosario dei crimini dell'una e dell'altra fazione, occorre, invece, che i belligeranti in causa comprendano i propri errori, partendo da alcuni punti fermi.
Prima di tutto, il 25 Aprile non ha niente a che fare con la Resistenza ma soltanto con un evento storico insignificante e peraltro neanche commendevole, quello di Piazzale Loreto, uno scempio che per stomacare non occorre essere fascisti, basta essere semplicemente umani: la scena dei cadaveri appesi a testa in giù, con gli entusiasti applauditori del regime di qualche mese prima che pisciavano su Mussolini e sulla povera Petacci che non c'entrava nulla, può essere approvata soltanto da codardi e vigliacchi, da gente senza onore. E la fantomatica Liberazione, venduta ignobilmente come la cacciata dei tedeschi dal suolo italiano, è stata semplicemente una faida tra compatrioti, dipanatasi su schifezze dell'una e dell'altra parte e conclusasi non con l'effettiva Liberazione ma con un passaggio di proprietà. Dai tedeschi agli americani. La sinistra attuale non ha niente a che fare con un sano antifascismo di ispirazione liberaldemocratica perché tutto ciò che volevano i comunisti - che ebbero un ruolo molto marginale nella Resistenza - era di consegnare l'Italia ad un'altra tirannia, quella di Stalin. L'antifascismo militante di oggi, come anche quello delle messe cantate del passato, è molto più pericoloso del fascismo.
Secondo punto fermo, il fascismo da qualsiasi punto di vista lo si guardi, ha condotto il nostro paese ad una sconfitta non solo totale ma soprattutto disonorevole. Il periodo che va dalla capitolazione di Mussolini al famoso trattato di pace del 1947 fu talmente ignominioso, la posizione dell'Italia talmente indifendibile, che rimasero indimenticabili le parole di Alcide De Gasperi al cospetto delle potenze vincitrici: "Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me". "Tranne la vostra personale cortesia" non significava che De Gasperi si aspettasse qualche forma di clemenza da far valere in ambito politico, ma che molto più realisticamente sperava che non lo avrebbero letteralmente preso a pedate sul sedere. Perché tolta la personale cortesia, per il resto, non aveva nessun serio argomento da far valere.
Chiarito questo e saltando ogni ulteriore considerazione storica sul tema - perché tanto leggerete ovunque le rivendicazioni di fascisti e antifascisti - forse è più utile chiedersi come chiudere una volta e per tutte una questione di cui la persona di buonsenso ne ha piene le scatole. E qui si torna al discorso di Jovanotti: o tutti si prendono la responsabilità di quello che è successo in quegli anni e soprattutto di ciò che stanno ricreando nei nostri anni, oppure tra qualche anno si tornerà a spararsi in mezzo alle strade. E non dico niente di strano perché il timore di una guerra civile non è soltanto di un modesto Carneade come chi scrive, ma anche il tema di un film, Civil War, dove si paventa il rischio di una guerra fratricida proprio negli Stati Uniti.
Così, se l'obiettivo è di fare i conti col Ventennio e con tutte le nefandezze dell'una e dell'altra parte, bisogna semplicemente mettersi a tavolino e capire che il fascismo non è stato un cancro generatosi per caso in un corpo sano ma la conseguenza inevitabile di una combinazione di fattori, di cui gran parte delle colpe è ascrivibile proprio ai progenitori degli antifascisti. Perché se Francia e Gran Bretagna prima si alleano con l'Italia e poi le negano il bottino di una guerra vinta e, a poche centinaia di chilometri, umiliano la Germania, facendole sprofondare nella miseria, non ci si può lamentare del rancore che poi porta al potere Mussolini e Hitler. Come non ci si può lamentare di reflussi fascisti quando l'antifascismo non solo diventa il cane da guardia di forze politiche che vogliono spogliare l'Italia ma, soprattutto, mostra un volto totalitario e censorio, dove le leggi vengono violentate a seconda delle logiche di fazione.
Ma l'antifascista 2.0 di oggi, a differenza di Jovanotti, non vuole assumersi responsabilità. Per lui, il fascismo è stato un'associazione criminale, che non ha portato niente di buono, soltanto crimini e dittatura, e ripropone la medesima reductio ad hitlerum contro chiunque metta in discussione il pensiero unico. E non a caso, coloro che si sono autonominano numi tutelari dell'antifascismo, sventolano la bandiera rossa e inneggiano ai gulag sovietici e, peggio ancora, alle foibe titine, negando l'apporto dato alla Resistenza da liberali, cattolici e socialisti riformisti.
Non solo. Gli antifascisti hanno anche creato una serie di leggi, scritte e non, che vietano non soltanto l'apologia del Ventennio - e fin qui ci sarebbe da discutere ma prendiamola per buona - ma addirittura di parlarne senza il cipiglio duro e lo sguardo corrucciato della condanna senza appello di chiunque osi discutere la messa cantata dell'antifascismo e voglia indagare a fondo su quel periodo, casomai proprio per curare quelle ferite, non per favorire una nuova marcia su Roma. Per tacere della squallida transumanza che ha portato accaniti simpatizzanti del Regime diventare le guardie rosse della Resistenza.
Un atteggiamento sereno imporrebbe, invece, di considerare quello fascista come un periodo storico, con cose bellissime e cose bruttissime che, come tutti i periodi storici, ha avuto un inizio e una fine. L'antifascismo è stata la conseguenza inevitabile di un regime ormai putrescente, che aveva tolto ogni libertà agli italiani, trascinandoli in un conflitto che era palese che sarebbe stato perduto. Entrambe le parti hanno i loro morti da rivendicare, i propri rancori da sanare. Ma se non ci si mette a tavolino e si decide di fare un reset di ciò che c'è stato, prima o poi torneremo a spararci in mezzo alla strada. E, come nella favola di Esopo, mentre il leone e il cinghiale si scannano, ci sono tanti avvoltoi pronti a saltare sui nostri cadaveri.
Con la differenza che almeno, alla fine, il leone e il cinghiale si mettono d'accordo.