Ieri avevo chiesto l'amicizia ad un utente di Facebook, circostanza che capita abbastanza di rado proprio perché non voglio dare l'impressione di uno che accumula contatti. Ma mi era piaciuto ciò che aveva scritto. Ricevuta la mia richiesta, così esordisce in privato.
"Buongiorno, ti ringrazio per la richiesta di amicizia, non conoscendoti di persona pongo alcune domande in modo che entrambi valutiamo se vale la pena rimanere in contatto. In funzione delle risposte valutare se accettare o meno la richiesta, come ovviamente puoi evitare di rispondere e ritirarla. Grazie. 1. La libertà ammette eccezioni? Si o No? 2. I diritti collettivi prevalgono sui diritti individuali? Si o No? 3. Lo stato è necessario? Si o No? 4. Le tasse sono?".
In fasi storiche in cui avessi avuto tempo da perdere, avrei risposto a queste domande con un lungo commento o polemico o pacato a seconda del mio umorale stato d'animo. Ma questa è una fase in cui tempo da perdere ne ho zero. Senonché gli rispondo "Se dico viva la figa, va bene lo stesso?". Che è un modo per mandare a quel paese una persona a cui non voglio dire in maniera diretta "fottiti" come si potrebbe rispondere a qualcuno. Perché, per me, uno che replica così ad una banalissima richiesta di amicizia, qualche problemino mentale ce l'ha.
Sempre ieri, ho anticipato come la penso sulla questione Pitbull, così un contatto in privato mi fa "Ma tu non eri il liberale, quello che è contrario agli obblighi, ai divieti etc.".
Queste due scenette mi hanno riportato in mente un vecchio problema del liberalismo all'amatriciana: credere che essere liberi coincida con i propri comodi, che la libertà sia assenza di regole, assenza dello stato, assenza di qualsiasi divieto che regoli il vivere civile, credere che lo Stato sia un abusivo capitato per caso in un'umanità che altrimenti sarebbe "libera e felice come una farfalla", come diceva una pubblicità di assorbenti di molti anni fa. E naturalmente, così non è.
Ma veniamo al punto: è giusto vietare i Pitbull? E' in generale giusto vietare qualcosa?
I fondamenti di ogni libertà sono i suoi limiti e il fatto che se li violo, me ne devo assumere la responsabilità. Sono libero di corteggiare una donna ma non sono libero di continuare se questa mi palesa il suo rifiuto. E di conseguenza, sono libero di comprare un cane aggressivo ma, nel momento in cui ammazza qualcuno, io, in quanto padrone, ne sono responsabile. E se lo Stato si rende conto che questa tipologia di "amici a quattro zampe" inizia ad inimicarsi tante povere persone che non hanno fatto niente nella vita per meritarsi un'amputazione o di finire anzitempo al Creatore perché "non sai comportarti davanti ad un cane, non sai mantenere il necessario sangue freddo, perché sei scappato invece dovevi rimanere impassibile e sorridente davanti a lui", è inevitabile, ad onta di ciò che sostengono i massimalisti libertari, che si intervenga con un divieto.
La questione pitbull poi, in sé, è abbastanza chiara. I pitbull sono il frutto di razze canine incrociate con uno scopo chiarissimo: creare un cane in grado, se sollecitato in un certo modo, anche di uccidere.
Si può dire, come viene in effetti detto, che non tutti i cani pericolosi arrivano ad uccidere. E anche che non uccidono soltanto loro. Ma certe razze hanno, scolpita nella carne, una fortissima carica di aggressività mentre altri non ce l'hanno. Non credo di aver mai sentito non dico di uno Yorkshire - che in fondo è facilmente accoppabile con un calcione - ma di un labrador o di un dalmata che uccidono persone.
Queste tragedie capitano con alcuni specifici esemplari creati appositamente per uno scopo ben preciso che può tanto riguardare la difesa della persona o della proprietà, tanto essere tristemente corrispondente a scopi illegali, tipo i combattimenti. Per cui la questione non è che in un paese libero non debbano esserci divieti perché è proprio la presenza di leggi e regole che permette ad un individuo di godere dei propri diritti.
Naturalmente poi si discute sul merito. Sicuramente costringere la gente ad inocularsi una sostanza per difendersi da un'influenza è cosa ben diversa e molto peggiore dal proteggerla contro una razza canina molto aggressiva. Se, quindi, ad un certo momento, si intuisce che c'è un pericolo oggettivo per la gente, lo Stato, nell'emanare divieti, semplicemente risponde ad un'esigenza di protezione richiesta dai cittadini.
E che i pitbull siano pericolosi e siano un'arma impropria che spesso finisce nelle mani di (pit)bulli che li usano come feticcio per impaurire le persone o degli integralisti animalisti che vanno a prenderli dai canili, mi sembra chiaro. Quindi o si fa in modo che il fenomeno venga limitato oppure si deve ricorrere ad un divieto.
"Buongiorno, ti ringrazio per la richiesta di amicizia, non conoscendoti di persona pongo alcune domande in modo che entrambi valutiamo se vale la pena rimanere in contatto. In funzione delle risposte valutare se accettare o meno la richiesta, come ovviamente puoi evitare di rispondere e ritirarla. Grazie. 1. La libertà ammette eccezioni? Si o No? 2. I diritti collettivi prevalgono sui diritti individuali? Si o No? 3. Lo stato è necessario? Si o No? 4. Le tasse sono?".
In fasi storiche in cui avessi avuto tempo da perdere, avrei risposto a queste domande con un lungo commento o polemico o pacato a seconda del mio umorale stato d'animo. Ma questa è una fase in cui tempo da perdere ne ho zero. Senonché gli rispondo "Se dico viva la figa, va bene lo stesso?". Che è un modo per mandare a quel paese una persona a cui non voglio dire in maniera diretta "fottiti" come si potrebbe rispondere a qualcuno. Perché, per me, uno che replica così ad una banalissima richiesta di amicizia, qualche problemino mentale ce l'ha.
Sempre ieri, ho anticipato come la penso sulla questione Pitbull, così un contatto in privato mi fa "Ma tu non eri il liberale, quello che è contrario agli obblighi, ai divieti etc.".
Queste due scenette mi hanno riportato in mente un vecchio problema del liberalismo all'amatriciana: credere che essere liberi coincida con i propri comodi, che la libertà sia assenza di regole, assenza dello stato, assenza di qualsiasi divieto che regoli il vivere civile, credere che lo Stato sia un abusivo capitato per caso in un'umanità che altrimenti sarebbe "libera e felice come una farfalla", come diceva una pubblicità di assorbenti di molti anni fa. E naturalmente, così non è.
Ma veniamo al punto: è giusto vietare i Pitbull? E' in generale giusto vietare qualcosa?
I fondamenti di ogni libertà sono i suoi limiti e il fatto che se li violo, me ne devo assumere la responsabilità. Sono libero di corteggiare una donna ma non sono libero di continuare se questa mi palesa il suo rifiuto. E di conseguenza, sono libero di comprare un cane aggressivo ma, nel momento in cui ammazza qualcuno, io, in quanto padrone, ne sono responsabile. E se lo Stato si rende conto che questa tipologia di "amici a quattro zampe" inizia ad inimicarsi tante povere persone che non hanno fatto niente nella vita per meritarsi un'amputazione o di finire anzitempo al Creatore perché "non sai comportarti davanti ad un cane, non sai mantenere il necessario sangue freddo, perché sei scappato invece dovevi rimanere impassibile e sorridente davanti a lui", è inevitabile, ad onta di ciò che sostengono i massimalisti libertari, che si intervenga con un divieto.
La questione pitbull poi, in sé, è abbastanza chiara. I pitbull sono il frutto di razze canine incrociate con uno scopo chiarissimo: creare un cane in grado, se sollecitato in un certo modo, anche di uccidere.
Si può dire, come viene in effetti detto, che non tutti i cani pericolosi arrivano ad uccidere. E anche che non uccidono soltanto loro. Ma certe razze hanno, scolpita nella carne, una fortissima carica di aggressività mentre altri non ce l'hanno. Non credo di aver mai sentito non dico di uno Yorkshire - che in fondo è facilmente accoppabile con un calcione - ma di un labrador o di un dalmata che uccidono persone.
Queste tragedie capitano con alcuni specifici esemplari creati appositamente per uno scopo ben preciso che può tanto riguardare la difesa della persona o della proprietà, tanto essere tristemente corrispondente a scopi illegali, tipo i combattimenti. Per cui la questione non è che in un paese libero non debbano esserci divieti perché è proprio la presenza di leggi e regole che permette ad un individuo di godere dei propri diritti.
Naturalmente poi si discute sul merito. Sicuramente costringere la gente ad inocularsi una sostanza per difendersi da un'influenza è cosa ben diversa e molto peggiore dal proteggerla contro una razza canina molto aggressiva. Se, quindi, ad un certo momento, si intuisce che c'è un pericolo oggettivo per la gente, lo Stato, nell'emanare divieti, semplicemente risponde ad un'esigenza di protezione richiesta dai cittadini.
E che i pitbull siano pericolosi e siano un'arma impropria che spesso finisce nelle mani di (pit)bulli che li usano come feticcio per impaurire le persone o degli integralisti animalisti che vanno a prenderli dai canili, mi sembra chiaro. Quindi o si fa in modo che il fenomeno venga limitato oppure si deve ricorrere ad un divieto.
I pitbullisti che in queste ore dicono che "la colpa è della vittima che ha reagito in una certa maniera, non del cane", semplicemente si fottano. E si fottano anche quelli che dicono che la libertà non ha limiti. Quando si ritroveranno senza una mano o con un familiare ammazzato, ne riparleremo.