Finora la vicenda di Ilaria Salis è stata affrontata da molti punti di vista e molti si sono posti alcune domande, meno quella più importante: cosa ci faceva in Ungheria?
Fortunatamente, la risposta è semplice. La maestra sarda non viveva lì né aveva, con quel paese, rapporti molto stretti. Semplicemente partecipava, a Budapest, ad una contromanifestazione contro il Giorno dell'Onore, una giornata che celebra la resistenza degli ungheresi all'assedio sovietico e che viene, molto frettolosamente, attribuita ad idee e partiti neonazisti, e nel corso della quale si sono verificati alcuni scontri. Alcuni militanti, considerati di estrema destra - loro rifiutano energicamente questo accostamento - sono stati feriti da un'aggressione, a cui la Salis è accusata di aver partecipato.
Premettendo che chiunque non abbia letto le carte processuali non può esprimersi né sulla sua innocenza né sulla sua colpevolezza, già da quel che ci è noto possiamo dire che la tizia sia affetta da una turba narcisistica tipica dell'occidentale medio, il moralismo universalistico, la pretesa di dover partecipare ad una sorta di opera di moralizzazione mondiale, nell'idea che tutto il pianeta debba essere contrassegnato da una sorta di fratellanza e giustizia universale. Questa convinzione, che se ci si pensa bene è una fesseria, è talmente ben sedimentata nella testa di molti che questo articolo potrebbe suonare persino eretico. E invece, nel contestarlo, mi pare semplicemente di dire delle ovvietà. Perché?
La persona di buonsenso sa che, anche a voler riconoscere certe ingiustizie, non può far assolutamente nulla, nella propria singolarità, per rimediarvi. Sa che ogni dì che il Padreterno manderà in Terra, è sufficiente che metta il naso fuori dal portone e incontrerà tante iniquità, tante persone che soffrono, tanto disagio. E già qui nasce la prima criticità: infatti, se donerà qualche euro al povero disgraziato che non ha come mangiare, non gli avrà risolto il problema ma solo prolungato l'agonia. O forse avrà pure nutrito qualche clan criminale che lucra sullo zingaro che al semaforo vi chiede di lavarvi i vetri. La vera beneficenza che può fare un cittadino è di fare in modo che questa povertà diminuisca. E questo non è sua competenza ma della politica.
Come vedete, fare del Bene, senza rischiare di fare - anche inavvertitamente - del Male, è già complicatissimo quando si parla di cose italiane, figuriamoci quando ci si misura con paesi culturalmente all'opposto di quelli a noi vicini. Già è infantile donare oboli ad associazioni umanitarie senza sincerarci dell'effettivo uso dei nostri soldi. Figuriamoci quando, andando in un paese straniero, scopriamo realtà dove, molto spesso, i nostri diritti sono i loro reati e viceversa.
Raccontava il badante indiano di mio padre, proveniente dal Kerala - stato cattolico dell'India - che secondo la cultura di altre realtà indiane non cattoliche (che lui disprezzava) la malattia di mio padre dipendeva dal fatto che in una vita precedente, è stato o un delinquente o un uomo orrendo e quindi il karma lo ha ripagato facendolo ammalare. A fronte di questo, se io mi chiamassi Ilaria Salis o Giulio Regeni, dovrei auspicare che l'Italia rompa le sue relazioni diplomatiche con l'India oppure andare a sfasciare la testa di tutti gli indiani. Se ci provassi e venissi sbattuto in galera, purtroppo me la sarei cercata. Potrei chiedere che l'Italia si interessi alla mia sorte ma non che la magistratura indiana mi dichiari innocente.
A paesi stranieri corrispondono culture ed usanze straniere, dunque leggi diverse. A quel punto, o dichiariamo guerra a tutti coloro che non si riconoscono nell'Occidente ammazzando quei 3-4 miliardi di esseri umani che non accettano il nostro stile di vita (tanti cari auguri!) oppure ci si rassegna all'idea che se si va in casa altrui con la pretesa di dettare legge, per giunta commettendo dei crimini, si paga.
Per cui cosa fare con la Salis? E che volete che si faccia? In fondo sono italiano anche io e non posso non provare pena per una connazionale che sta nelle patrie galere straniere, anche se è una compagna che non solo sbaglia ma addirittura persevera. Soprattutto se sappiamo bene che la giustizia ungherese non è certo una barzelletta come quella italiana. Il problema poi non è nemmeno lei nello specifico, dal momento che la Salis è figlia di una subcultura tipicamente occidentale e soprattutto italiana: l'idea che tutto ciò che non sia marchiato a stelle e strisce vada redento, la convinzione eccezionalistica che il globo terracqueo inizi e finisca dove iniziano e finiscono i tentacoli dello Zio Sam e che tutto ciò che vi fuoriesce sia il Male, tutta roba iniettata al nostro lobotomizzato woke sin dalla più tenera età. Ed è anche inutile dire che la candidatura di Ilaria Salis alle europee è l'ennesimo degli autogol della sinistra. Con quale coraggio poi moralizzeranno contro i candidati che non devono entrare in Parlamento se hanno commesso dei reati? Con quale credibilità un partito potrà presentarsi agli elettori se candiderà gente che, senza alcuna competenza, andrà a discutere di MES, di Green Deal, di guerra in Ucraina, togliendo il posto magari a gente competente?
Senza dubbio non è abbandonando la Salis al suo destino che bonificheremo questo malcostume. Che non è a valle ma a monte. E' nel narcisismo di chi sfrutta "i mali del mondo" per nutrire il proprio ego, quando, nel proprio paese, di mali da curare ne può trovare quante ne vuole.
Fortunatamente, la risposta è semplice. La maestra sarda non viveva lì né aveva, con quel paese, rapporti molto stretti. Semplicemente partecipava, a Budapest, ad una contromanifestazione contro il Giorno dell'Onore, una giornata che celebra la resistenza degli ungheresi all'assedio sovietico e che viene, molto frettolosamente, attribuita ad idee e partiti neonazisti, e nel corso della quale si sono verificati alcuni scontri. Alcuni militanti, considerati di estrema destra - loro rifiutano energicamente questo accostamento - sono stati feriti da un'aggressione, a cui la Salis è accusata di aver partecipato.
Premettendo che chiunque non abbia letto le carte processuali non può esprimersi né sulla sua innocenza né sulla sua colpevolezza, già da quel che ci è noto possiamo dire che la tizia sia affetta da una turba narcisistica tipica dell'occidentale medio, il moralismo universalistico, la pretesa di dover partecipare ad una sorta di opera di moralizzazione mondiale, nell'idea che tutto il pianeta debba essere contrassegnato da una sorta di fratellanza e giustizia universale. Questa convinzione, che se ci si pensa bene è una fesseria, è talmente ben sedimentata nella testa di molti che questo articolo potrebbe suonare persino eretico. E invece, nel contestarlo, mi pare semplicemente di dire delle ovvietà. Perché?
La persona di buonsenso sa che, anche a voler riconoscere certe ingiustizie, non può far assolutamente nulla, nella propria singolarità, per rimediarvi. Sa che ogni dì che il Padreterno manderà in Terra, è sufficiente che metta il naso fuori dal portone e incontrerà tante iniquità, tante persone che soffrono, tanto disagio. E già qui nasce la prima criticità: infatti, se donerà qualche euro al povero disgraziato che non ha come mangiare, non gli avrà risolto il problema ma solo prolungato l'agonia. O forse avrà pure nutrito qualche clan criminale che lucra sullo zingaro che al semaforo vi chiede di lavarvi i vetri. La vera beneficenza che può fare un cittadino è di fare in modo che questa povertà diminuisca. E questo non è sua competenza ma della politica.
Come vedete, fare del Bene, senza rischiare di fare - anche inavvertitamente - del Male, è già complicatissimo quando si parla di cose italiane, figuriamoci quando ci si misura con paesi culturalmente all'opposto di quelli a noi vicini. Già è infantile donare oboli ad associazioni umanitarie senza sincerarci dell'effettivo uso dei nostri soldi. Figuriamoci quando, andando in un paese straniero, scopriamo realtà dove, molto spesso, i nostri diritti sono i loro reati e viceversa.
Raccontava il badante indiano di mio padre, proveniente dal Kerala - stato cattolico dell'India - che secondo la cultura di altre realtà indiane non cattoliche (che lui disprezzava) la malattia di mio padre dipendeva dal fatto che in una vita precedente, è stato o un delinquente o un uomo orrendo e quindi il karma lo ha ripagato facendolo ammalare. A fronte di questo, se io mi chiamassi Ilaria Salis o Giulio Regeni, dovrei auspicare che l'Italia rompa le sue relazioni diplomatiche con l'India oppure andare a sfasciare la testa di tutti gli indiani. Se ci provassi e venissi sbattuto in galera, purtroppo me la sarei cercata. Potrei chiedere che l'Italia si interessi alla mia sorte ma non che la magistratura indiana mi dichiari innocente.
A paesi stranieri corrispondono culture ed usanze straniere, dunque leggi diverse. A quel punto, o dichiariamo guerra a tutti coloro che non si riconoscono nell'Occidente ammazzando quei 3-4 miliardi di esseri umani che non accettano il nostro stile di vita (tanti cari auguri!) oppure ci si rassegna all'idea che se si va in casa altrui con la pretesa di dettare legge, per giunta commettendo dei crimini, si paga.
Per cui cosa fare con la Salis? E che volete che si faccia? In fondo sono italiano anche io e non posso non provare pena per una connazionale che sta nelle patrie galere straniere, anche se è una compagna che non solo sbaglia ma addirittura persevera. Soprattutto se sappiamo bene che la giustizia ungherese non è certo una barzelletta come quella italiana. Il problema poi non è nemmeno lei nello specifico, dal momento che la Salis è figlia di una subcultura tipicamente occidentale e soprattutto italiana: l'idea che tutto ciò che non sia marchiato a stelle e strisce vada redento, la convinzione eccezionalistica che il globo terracqueo inizi e finisca dove iniziano e finiscono i tentacoli dello Zio Sam e che tutto ciò che vi fuoriesce sia il Male, tutta roba iniettata al nostro lobotomizzato woke sin dalla più tenera età. Ed è anche inutile dire che la candidatura di Ilaria Salis alle europee è l'ennesimo degli autogol della sinistra. Con quale coraggio poi moralizzeranno contro i candidati che non devono entrare in Parlamento se hanno commesso dei reati? Con quale credibilità un partito potrà presentarsi agli elettori se candiderà gente che, senza alcuna competenza, andrà a discutere di MES, di Green Deal, di guerra in Ucraina, togliendo il posto magari a gente competente?
Senza dubbio non è abbandonando la Salis al suo destino che bonificheremo questo malcostume. Che non è a valle ma a monte. E' nel narcisismo di chi sfrutta "i mali del mondo" per nutrire il proprio ego, quando, nel proprio paese, di mali da curare ne può trovare quante ne vuole.
Possiamo però auspicare che Ilaria Salis torni in Italia per gentile concessione della giustizia ungherese e non attraverso una candidatura ad una roba seria quale dovrebbe essere il Parlamento Europeo?