Dal momento che la gente mediamente non studia storia, la memoria dell'uomo comune non va oltre la propria vita e le tradizioni familiari, che per forza di cose sbiadiscono col passar del tempo. Dunque si è portati a pensare alla Russia come la naturale protuberanza dell'URSS, Putin come erede Stalin, alla Pravda, ai carrarmati e altre amenità di analoga guisa. Se si ama *davvero* la democrazia e la libertà, non v'è dubbio che si deve deprecare l'Unione Sovietica e le sue orwelliane costruzioni. Ma chiunque conosca la storia russa e, in generale, lo spirito di quel popolo, sa bene che il periodo sovietico non fu che una fase, peraltro relativamente breve, della lunga, immensa e affascinante ancorché controversa storia del popolo russo. Comprenderà alla perfezione, dunque, la forte connotazione spirituale che permea la ricchissima, multiculturale ed eterogenea cultura di quei posti e come, dunque, non si possa ridurre i russi a qualche decennio di terrore, al pari di come sarebbe assurdo etichettare americani, inglesi, francesi e italiani solo traendo spunto dalle parti meno commendevoli della loro storia.
La Federazione Russa di oggi è completamente diversa dall'URSS e dallo stereotipo del russo gelido e cattivo, pronto a piantarti una pallottola in testa marca FSB. Tanto per cominciare, è un paese fortemente religioso laddove i sovietici tentarono di imporre un ateismo di stato che fu peraltro molto più formale che sostanziale. E' un paese capitalista, quasi reaganiano. I russi, che peraltro mediamente non sono certamente agnellini contro chiunque sparli del loro paese, sono tuttavia ben diversi dallo scenario che li vede con voce alla Ivan Drago, minacciare di "spiezzare in due" chiunque gli capiti a tiro e di ubriacarsi con la vodka mentre sognano di invadere il mondo.
Per conto mio, le persone che ho conosciuto di quel posto sono simpatiche, allegre, con la battuta pronta, accoglienti, innamorate degli italiani, anche aspre e gelide quando non gli si va a genio ma niente di diverso dai rischi che si corrano a pestare i piedi di qualcuno della Magliana, di Scampia, della Falchera, della Bovisa, di Sant'Elia, dello Zen, del Bronx, di Dagenham, di Saint-Denis, di Moabit, de La Rambla e insomma ci siamo capiti. Un popolo di persone normali, insomma, con tutte le differenze in positivo e in negativo di una nazione con una storia ed una cultura diversa dalla nostra. Di sicuro, nei miei viaggi a Mosca e San Pietroburgo, non ho mai provato alcun senso di disagio e, soprattutto in quest'ultima città, mi sono sempre sentito a casa. Non soltanto quando mi appoggiavo da mio zio che vive lì da sessant'anni, ma in generale anche passeggiando per le strade della famosa e bellissima Prospettiva Nevski celebrata anche da Battiato.
La russofobia non è semplicemente e soltanto il frutto di decenni di propaganda antirussa, in cui il russo viene descritto mediamente come un alcolizzato, un oligarca che pensa solo ad accumulare soldi e a far sparare in testa col silenziatore chiunque gli si metta contro. Ma è anche la negazione dello stato di diritto. Ed anche a voler ritenere Putin il pazzo criminale che molti credono, quando si decide di togliere le bandiere russe dai tornei internazionali di sport e boicottare tutto ciò che è russo, il messaggio che arriva è che il diritto vale solo per chi è gradito al potere, ovvero l'antitesi di una democrazia liberale.
Putin poi, descritto come un politico aggressivo, fanatico, come (cit. Obama) "un bullo dell'ultimo banco che, appena ti vede solo, ti prende a botte", è invece persona mite, controllata, una sorta di ibrido tra la gelida mitezza di Andreotti ed un Craxi un po' più mite, che non pronuncerebbe mai le scemenze che nel dissenso ma anche nel cosiddetto "circuito mainstream" gli attribuiscono, tipo quella che "il perdono dei terroristi spetta a Dio mentre a me tocca mandarglieli". Poi certamente, come tutti i grandi leader politici, tiene un conto molto relativo della morale e della legalità, ma questo non autorizza nessuno, specialmente in quel gran ginepraio che è la geopolitica, ad ergersi a modello di virtù e, in sovrappiù, riducendo tutto un popolo al suo capo, esattamente come non tutti gli italiani sono come la Meloni, la Schlein o Conte.
Per cui la persona che è capace di andare oltre i pregiudizi prova la stessa sensazione di fastidio che deve aver provato il protagonista di Benvenuti al Sud quando, trasferito in una ridente cittadina della provincia di Salerno, vi arriva carico di pregiudizi sull'arretratezza meridionale per poi innamorarsi dello stile di vita e della gente del posto e andarsene a malincuore perché "chi viene al Sud piange due volte: quando arriva e quando se ne va".
La Federazione Russa di oggi è completamente diversa dall'URSS e dallo stereotipo del russo gelido e cattivo, pronto a piantarti una pallottola in testa marca FSB. Tanto per cominciare, è un paese fortemente religioso laddove i sovietici tentarono di imporre un ateismo di stato che fu peraltro molto più formale che sostanziale. E' un paese capitalista, quasi reaganiano. I russi, che peraltro mediamente non sono certamente agnellini contro chiunque sparli del loro paese, sono tuttavia ben diversi dallo scenario che li vede con voce alla Ivan Drago, minacciare di "spiezzare in due" chiunque gli capiti a tiro e di ubriacarsi con la vodka mentre sognano di invadere il mondo.
Per conto mio, le persone che ho conosciuto di quel posto sono simpatiche, allegre, con la battuta pronta, accoglienti, innamorate degli italiani, anche aspre e gelide quando non gli si va a genio ma niente di diverso dai rischi che si corrano a pestare i piedi di qualcuno della Magliana, di Scampia, della Falchera, della Bovisa, di Sant'Elia, dello Zen, del Bronx, di Dagenham, di Saint-Denis, di Moabit, de La Rambla e insomma ci siamo capiti. Un popolo di persone normali, insomma, con tutte le differenze in positivo e in negativo di una nazione con una storia ed una cultura diversa dalla nostra. Di sicuro, nei miei viaggi a Mosca e San Pietroburgo, non ho mai provato alcun senso di disagio e, soprattutto in quest'ultima città, mi sono sempre sentito a casa. Non soltanto quando mi appoggiavo da mio zio che vive lì da sessant'anni, ma in generale anche passeggiando per le strade della famosa e bellissima Prospettiva Nevski celebrata anche da Battiato.
La russofobia non è semplicemente e soltanto il frutto di decenni di propaganda antirussa, in cui il russo viene descritto mediamente come un alcolizzato, un oligarca che pensa solo ad accumulare soldi e a far sparare in testa col silenziatore chiunque gli si metta contro. Ma è anche la negazione dello stato di diritto. Ed anche a voler ritenere Putin il pazzo criminale che molti credono, quando si decide di togliere le bandiere russe dai tornei internazionali di sport e boicottare tutto ciò che è russo, il messaggio che arriva è che il diritto vale solo per chi è gradito al potere, ovvero l'antitesi di una democrazia liberale.
Putin poi, descritto come un politico aggressivo, fanatico, come (cit. Obama) "un bullo dell'ultimo banco che, appena ti vede solo, ti prende a botte", è invece persona mite, controllata, una sorta di ibrido tra la gelida mitezza di Andreotti ed un Craxi un po' più mite, che non pronuncerebbe mai le scemenze che nel dissenso ma anche nel cosiddetto "circuito mainstream" gli attribuiscono, tipo quella che "il perdono dei terroristi spetta a Dio mentre a me tocca mandarglieli". Poi certamente, come tutti i grandi leader politici, tiene un conto molto relativo della morale e della legalità, ma questo non autorizza nessuno, specialmente in quel gran ginepraio che è la geopolitica, ad ergersi a modello di virtù e, in sovrappiù, riducendo tutto un popolo al suo capo, esattamente come non tutti gli italiani sono come la Meloni, la Schlein o Conte.
Per cui la persona che è capace di andare oltre i pregiudizi prova la stessa sensazione di fastidio che deve aver provato il protagonista di Benvenuti al Sud quando, trasferito in una ridente cittadina della provincia di Salerno, vi arriva carico di pregiudizi sull'arretratezza meridionale per poi innamorarsi dello stile di vita e della gente del posto e andarsene a malincuore perché "chi viene al Sud piange due volte: quando arriva e quando se ne va".
Tutti quelli che invece ancora sono convinti che la Russia sia l'URSS, che paragonano Putin a Stalin o a Hitler, che pensano che i russi si sveglino al mattino grattandosi la testa e chiedendosi chi invadere o a chi sparare in testa, hanno naturalmente il diritto di mantenere i loro pregiudizi, ma non di imporli a noi che invece abbiamo il dovere di ritenere stupido e violento chi coltiva queste panzane e, indipendentemente da come la si pensi sulle questioni ucraine, di sottolineare - a maggior ragione se si è occidentali e ci si ritiene portatori della democrazia e della libertà - la piega autoritaria che sta prendendo l'Occidente.