Non si rivela niente di nuovo a nessuno se si dice che, da qualche mese, il progressismo internazionale ha la bava alla bocca e sembra un cane rabbioso pronto a saltare addosso a chiunque non gli porga i più sentiti e commossi omaggi, inventando le accuse più sanguinose e inconsistenti per denunciare i suoi avversari come colpevoli di tutti i mali, del passato e del futuro. Ci avverte gridando dell’arrivo dell'Apocalisse, provocata dai sovranisti e, in generale, dai cosiddetti populisti, e dell’oscuramento del Sole a titolo definitivo.
Normalmente, dinanzi ad un simile comportamento, uno si chiede se non si tratti di turbe psichiatriche. Ma quando abbiamo a che fare con centinaia di migliaia di persone - alcune tra le quali anche accanto a noi en plein air - e con quasi tutti i grandi media (tutti similmente morsi dalla medesima tarantola), prima di invocare un TSO è meglio pensarci due volte. Cercando innanzi tutto di capire quali possano essere le ragioni di questo delirio pressoché generalizzato.
Dal momento che non è possibile che a sinistra siano tutti idioti o impazziti, bisogna trovare una spiegazione meno colorita e più realistica.
A mio parere, la ragione del fenomeno è insita nell'essenza stessa del progressismo. Questa categoria dello spirito, se così vogliamo definirla, riposa su alcuni pilastri: l'insoddisfazione esistenziale - della quale si cerca sempre il colpevole - e l'idealismo, ossia l'illusione che qualcuno possa metterci rimedio.
Tutti noi siamo insoddisfatti di qualcosa. Non solo. Tutti ingrandiamo questo qualcosa - anche se insignificante - fino a fargli occupare tutto il proscenio. Il paralitico si lamenta giustamente di non avere l'uso delle gambe, ma se l'avesse si lamenterebbe di non essere alto uno e ottanta. E se fosse alto uno e ottanta, si lamenterebbe di non essere bello. E se fosse bello, si lamenterebbe di essere disoccupato, se avesse un lavoro si lamenterebbe che guadagna poco.. e via ad libitum. Se raccontassi cosa mi rendeva insoddisfatto a quindici anni, quei quattro gatti che mi onorano della loro lettura penserebbero di andare a miagolare da qualche altra parte, abbandonandomi al mio destino. Quando ad un grandissimo attore, colpito dal cancro e fortunatamente guarito, chiesero se l'esperienza lo avesse cambiato, questi con saporita sincerità rispose sorridendo "Non fatevi illusioni. Una volta passata la paura di morire, torniamo a fare le scemenze di prima". Chi ha una grave malattia pensa, giustamente, che se non l'avesse avrebbe il dovere di essere felice. Ma una volta guarito, dimenticherà quel dovere e si lamenterà di qualcosa: fino ai problemi di condominio o al dispiacere di vedere il Napoli prendere botte persino dal Frosinone. L'uomo è insoddisfatto perché ingrandisce i propri problemi e dimentica i propri vantaggi. E sia chiaro, lo dico con lo spirito oraziano di correggere i costumi ridendo, perché sono il primo a rientrare in questo ritratto.
Ma in questo atteggiamento ci sono gradazioni: l'uomo di buonsenso non se la prende troppo e cerca di vivere ciò che la vita gli regala. Se la natura lo mette nelle condizioni di essere parte di una minoranza (gay, nero, disabile) cerca di compensare le criticità che ne derivano con altre qualità, così che la gente alla fine manco se ne accorga. Il progressismo invece è composto da persone che considerano l'insoddisfazione un dovere e sono davvero scontenti. Poi, essendo idealisti, cercano un rimedio. Ma con quale governo? Con i progressisti. Così non sono contenti di aver "normalizzato" cose che un tempo sarebbero state considerati disturbi mentali, pretendono addirittura che vengano privilegiati i malati di mente di ieri. E, dunque, quando finalmente la sinistra va al potere, non possono esserne che delusi. "Ma come, nemmeno loro riescono ad ottenere quella palingenesi morale che noi cerchiamo? Però non possiamo scaricarli troppo perché sennò vince il babau, rappresentato dalla destra". E quindi, se c'è da criticare un progressista, gli si spara contro "a palle incatenate", sia mai che vincano "li fascisti".
Per cui cosa accade quando in un paese vince un governo che va contro i loro ideali? Ecco la bava fluire dalla bocca, ecco gli insulti, le accuse, le scomuniche, le dimissioni costrette, insomma il campionario di una classe politica che non si limita semplicemente a governare la realtà ma a creare quasi eugeneticamente un uomo nuovo, in uno stato nuovo.
Non deve stupire che a Varoufakis neghino di entrare in Germania, che il sindaco di Bruxelles cerchi di ostacolare l'ingresso nelle aule parlamentari di quei partiti che vengono definiti - perché loro non si definiscono tali - di estrema destra e che persino un intellettuale come Canfora si permetta di definire neonazista Giorgia Meloni o Saviano definire Salvini "ministro della malavita" salvo poi frignare quando i destinatari di queste carinerie, giustamente, li querelano. Perché è nella natura del progressismo pensare di poter offendere impunemente le persone pretendendo di non pagarne dazio.
Tutte le volte che a qualcuno viene affidato il compito non di veleggiare in bolina bensì di guadagnare spazio andando contro la corrente, questo è il risultato. E chi non ne può più del baccano che ogni giorno la sinistra costringe il mondo ad ascoltare può soltanto sperare che il mare si agiti in maniera tale da insegnare loro la prima cosa che si impara quando la bonaccia finisce e arrivano onde alte come quelle di Nazarè in Portogallo: la natura si comanda soltanto obbedendole.
Normalmente, dinanzi ad un simile comportamento, uno si chiede se non si tratti di turbe psichiatriche. Ma quando abbiamo a che fare con centinaia di migliaia di persone - alcune tra le quali anche accanto a noi en plein air - e con quasi tutti i grandi media (tutti similmente morsi dalla medesima tarantola), prima di invocare un TSO è meglio pensarci due volte. Cercando innanzi tutto di capire quali possano essere le ragioni di questo delirio pressoché generalizzato.
Dal momento che non è possibile che a sinistra siano tutti idioti o impazziti, bisogna trovare una spiegazione meno colorita e più realistica.
A mio parere, la ragione del fenomeno è insita nell'essenza stessa del progressismo. Questa categoria dello spirito, se così vogliamo definirla, riposa su alcuni pilastri: l'insoddisfazione esistenziale - della quale si cerca sempre il colpevole - e l'idealismo, ossia l'illusione che qualcuno possa metterci rimedio.
Tutti noi siamo insoddisfatti di qualcosa. Non solo. Tutti ingrandiamo questo qualcosa - anche se insignificante - fino a fargli occupare tutto il proscenio. Il paralitico si lamenta giustamente di non avere l'uso delle gambe, ma se l'avesse si lamenterebbe di non essere alto uno e ottanta. E se fosse alto uno e ottanta, si lamenterebbe di non essere bello. E se fosse bello, si lamenterebbe di essere disoccupato, se avesse un lavoro si lamenterebbe che guadagna poco.. e via ad libitum. Se raccontassi cosa mi rendeva insoddisfatto a quindici anni, quei quattro gatti che mi onorano della loro lettura penserebbero di andare a miagolare da qualche altra parte, abbandonandomi al mio destino. Quando ad un grandissimo attore, colpito dal cancro e fortunatamente guarito, chiesero se l'esperienza lo avesse cambiato, questi con saporita sincerità rispose sorridendo "Non fatevi illusioni. Una volta passata la paura di morire, torniamo a fare le scemenze di prima". Chi ha una grave malattia pensa, giustamente, che se non l'avesse avrebbe il dovere di essere felice. Ma una volta guarito, dimenticherà quel dovere e si lamenterà di qualcosa: fino ai problemi di condominio o al dispiacere di vedere il Napoli prendere botte persino dal Frosinone. L'uomo è insoddisfatto perché ingrandisce i propri problemi e dimentica i propri vantaggi. E sia chiaro, lo dico con lo spirito oraziano di correggere i costumi ridendo, perché sono il primo a rientrare in questo ritratto.
Ma in questo atteggiamento ci sono gradazioni: l'uomo di buonsenso non se la prende troppo e cerca di vivere ciò che la vita gli regala. Se la natura lo mette nelle condizioni di essere parte di una minoranza (gay, nero, disabile) cerca di compensare le criticità che ne derivano con altre qualità, così che la gente alla fine manco se ne accorga. Il progressismo invece è composto da persone che considerano l'insoddisfazione un dovere e sono davvero scontenti. Poi, essendo idealisti, cercano un rimedio. Ma con quale governo? Con i progressisti. Così non sono contenti di aver "normalizzato" cose che un tempo sarebbero state considerati disturbi mentali, pretendono addirittura che vengano privilegiati i malati di mente di ieri. E, dunque, quando finalmente la sinistra va al potere, non possono esserne che delusi. "Ma come, nemmeno loro riescono ad ottenere quella palingenesi morale che noi cerchiamo? Però non possiamo scaricarli troppo perché sennò vince il babau, rappresentato dalla destra". E quindi, se c'è da criticare un progressista, gli si spara contro "a palle incatenate", sia mai che vincano "li fascisti".
Per cui cosa accade quando in un paese vince un governo che va contro i loro ideali? Ecco la bava fluire dalla bocca, ecco gli insulti, le accuse, le scomuniche, le dimissioni costrette, insomma il campionario di una classe politica che non si limita semplicemente a governare la realtà ma a creare quasi eugeneticamente un uomo nuovo, in uno stato nuovo.
Non deve stupire che a Varoufakis neghino di entrare in Germania, che il sindaco di Bruxelles cerchi di ostacolare l'ingresso nelle aule parlamentari di quei partiti che vengono definiti - perché loro non si definiscono tali - di estrema destra e che persino un intellettuale come Canfora si permetta di definire neonazista Giorgia Meloni o Saviano definire Salvini "ministro della malavita" salvo poi frignare quando i destinatari di queste carinerie, giustamente, li querelano. Perché è nella natura del progressismo pensare di poter offendere impunemente le persone pretendendo di non pagarne dazio.
Tutte le volte che a qualcuno viene affidato il compito non di veleggiare in bolina bensì di guadagnare spazio andando contro la corrente, questo è il risultato. E chi non ne può più del baccano che ogni giorno la sinistra costringe il mondo ad ascoltare può soltanto sperare che il mare si agiti in maniera tale da insegnare loro la prima cosa che si impara quando la bonaccia finisce e arrivano onde alte come quelle di Nazarè in Portogallo: la natura si comanda soltanto obbedendole.
L'immagine dell'articolo è di Pubble l'imbannabile