Una delle notizie più battute dalle stampe è che Amadeus lascia la RAI e passa a Nove. In un paese normale, si commenterebbe la cosa alla maniera in cui si discute di calciomercato. Viceversa, in Italia, la RAI è il servizio pubblico e dunque, quando un conduttore importante lo abbandona per passare ad un'emittente privata, ciò rappresenta un'indiscussa perdita di valore di un ente pubblico e dunque anche dei cittadini stessi. Ed apre inevitabilmente un dibattito.
Sulle origini di questa scelta del grande presentatore si sprecano le indiscrezioni: c'è chi parla di pressioni della Meloni per far ospitare Povia e Hoara Borselli a Sanremo, circostanza che ha riaperto il dibattito, sterile ed inutile, sul controllo della RAI mentre la motivazione più realistica è che legittimamente Amadeus abbia ricevuto un'offerta più allettante esattamente come l'ha ricevuta Fazio e abbia deciso di accettarla. E in fin dei conti, sono affari suoi. Dov'è lo scandalo?
Molti vedono il "servizio pubblico" una sorta di spazio anarchico dove fare quel che si vuole. In realtà, tutto ciò che è pubblico è, e non può non essere, gestito dalla politica e dai partiti. In un mondo ideale, nei posti pubblici dovrebbero andare quelli bravi. Nel mondo reale, i posti pubblici sono potere e dunque vengono affidati agli uomini di partito.
La RAI, essendo un servizio pubblico, non sfugge a questa regola. Ai tempi della lottizzazione, la cosa era addirittura trasparente: avevamo così RAI1 in mano alla DC, RAI2 in mano al PSI e RAI3 in mano al PCI. Col maggioritario e, soprattutto durante la Seconda Repubblica, e a maggior ragione dopo la riforma di Renzi del 2015, le reti RAI sono diventate ufficialmente governative. Significa che, di fatto, è la maggioranza a decidere cosa si deve vedere in TV. La sinistra, di questo stato di cose, ne ha letteralmente abusato, trasformando tutti gli organi pubblici di comunicazione in sedi di partito. Non si capisce perché scandalizzarsi se lo faccia la Meloni. La sinistra ha imposto le personalità più improbabili e ora, per essa, il problema è dare spazio a Povia, che comunque un Festival in passato l'ha vinto e che se anche avesse fatto soltanto 2-3 canzoni belle, comunque ne avrebbe fatte di più del 99% dei cantanti che oggi imperversano nei media di regime. O forse pesano le posizioni antisistema di quel bravo cantautore? Non ci si rende davvero conto che dileggiare la Meloni, chiamando la RAI Telemeloni, autorizza la gente a ricordare tutte le volte che è stata Teleprodi, Teledalema, Telerenzi e Teleconte?
Ecco, la cosa davvero insopportabile della sinistra è il doppiopesismo. Quando Scanzi scrive - dicendo una sciocchezza - che la destra non produce alcun valore intellettuale, dimentica che il problema non è che la destra non abbia qualità ma che viene boicottata in tutti i modi possibili da una sinistra che in ottant'anni, seguendo un metodo classicamente gramsciano di occupazione di tutti i gangli comunicativi della vita pubblica, ha invaso ogni settore che potesse invadere e sentendosi autorizzata a farlo, naturalmente condannando qualsiasi avversario che si comportasse in analoga guisa. Se anche la destra, una volta al potere, fa lo stesso, la cosa può suscitare tutte le legittime - ma a mio avviso non condivisibili - critiche del mondo, ma rientra nel suo naturale diritto.
Bisogna semplicemente capire se una forza politica, quando amministra un qualsiasi spazio pubblico, lo faccia bene e giudicarla unicamente su quello. Se un giorno prevarrà questo principio, avremo finalmente una politica che risponde anche di come viene gestita la televisione di Stato. E questa sarà la vera garanzia della sua indipendenza, perché qualsiasi governo, sapendo che verrà chiamato a rispondere anche della qualità della sua TV, capirà che le cose non vanno affidate a sodali e amici ma a chi è bravo. E' solo dando il potere ad una classe dirigente di lasciare la sua impronta che noi potremo avere prove certe dei suoi fallimenti.
Sulle origini di questa scelta del grande presentatore si sprecano le indiscrezioni: c'è chi parla di pressioni della Meloni per far ospitare Povia e Hoara Borselli a Sanremo, circostanza che ha riaperto il dibattito, sterile ed inutile, sul controllo della RAI mentre la motivazione più realistica è che legittimamente Amadeus abbia ricevuto un'offerta più allettante esattamente come l'ha ricevuta Fazio e abbia deciso di accettarla. E in fin dei conti, sono affari suoi. Dov'è lo scandalo?
Molti vedono il "servizio pubblico" una sorta di spazio anarchico dove fare quel che si vuole. In realtà, tutto ciò che è pubblico è, e non può non essere, gestito dalla politica e dai partiti. In un mondo ideale, nei posti pubblici dovrebbero andare quelli bravi. Nel mondo reale, i posti pubblici sono potere e dunque vengono affidati agli uomini di partito.
La RAI, essendo un servizio pubblico, non sfugge a questa regola. Ai tempi della lottizzazione, la cosa era addirittura trasparente: avevamo così RAI1 in mano alla DC, RAI2 in mano al PSI e RAI3 in mano al PCI. Col maggioritario e, soprattutto durante la Seconda Repubblica, e a maggior ragione dopo la riforma di Renzi del 2015, le reti RAI sono diventate ufficialmente governative. Significa che, di fatto, è la maggioranza a decidere cosa si deve vedere in TV. La sinistra, di questo stato di cose, ne ha letteralmente abusato, trasformando tutti gli organi pubblici di comunicazione in sedi di partito. Non si capisce perché scandalizzarsi se lo faccia la Meloni. La sinistra ha imposto le personalità più improbabili e ora, per essa, il problema è dare spazio a Povia, che comunque un Festival in passato l'ha vinto e che se anche avesse fatto soltanto 2-3 canzoni belle, comunque ne avrebbe fatte di più del 99% dei cantanti che oggi imperversano nei media di regime. O forse pesano le posizioni antisistema di quel bravo cantautore? Non ci si rende davvero conto che dileggiare la Meloni, chiamando la RAI Telemeloni, autorizza la gente a ricordare tutte le volte che è stata Teleprodi, Teledalema, Telerenzi e Teleconte?
Ecco, la cosa davvero insopportabile della sinistra è il doppiopesismo. Quando Scanzi scrive - dicendo una sciocchezza - che la destra non produce alcun valore intellettuale, dimentica che il problema non è che la destra non abbia qualità ma che viene boicottata in tutti i modi possibili da una sinistra che in ottant'anni, seguendo un metodo classicamente gramsciano di occupazione di tutti i gangli comunicativi della vita pubblica, ha invaso ogni settore che potesse invadere e sentendosi autorizzata a farlo, naturalmente condannando qualsiasi avversario che si comportasse in analoga guisa. Se anche la destra, una volta al potere, fa lo stesso, la cosa può suscitare tutte le legittime - ma a mio avviso non condivisibili - critiche del mondo, ma rientra nel suo naturale diritto.
Bisogna semplicemente capire se una forza politica, quando amministra un qualsiasi spazio pubblico, lo faccia bene e giudicarla unicamente su quello. Se un giorno prevarrà questo principio, avremo finalmente una politica che risponde anche di come viene gestita la televisione di Stato. E questa sarà la vera garanzia della sua indipendenza, perché qualsiasi governo, sapendo che verrà chiamato a rispondere anche della qualità della sua TV, capirà che le cose non vanno affidate a sodali e amici ma a chi è bravo. E' solo dando il potere ad una classe dirigente di lasciare la sua impronta che noi potremo avere prove certe dei suoi fallimenti.
Oppure l'alternativa è privatizzare la RAI. Altre strade non ci sono.