La prima volta che sentii parlare dell'attacco di Pearl Harbor fu a scuola e ricordo di aver pensato "Questi giapponesi, a proposito di Pearl, sono davvero dei pirloni ad aver attaccato gli americani. Siamo sicuri che le cose sono come ci vengono raccontate?". Non è che da piccolo fossi capace di chissà quali vette di ragionamento - né lo sono adesso che mi avvio alla mezza età - ma propenso al dubbio com'ero, avrei scoperto successivamente che il famoso assalto giapponese alla flotta americana avvenne a seguito di una lunghissima serie di provocazioni ad opera degli Stati Uniti, alle quali il Giappone rispose in maniera impropria. D'altra parte, il concetto di "casus belli" non l'ho certo inventato io e, termine non a caso di derivazione latina, nasce nell'era di un Impero Romano che aveva bisogno di un pretesto per poter aggredire dei territori, senza allarmare le altre popolazioni che a quel punto, intuendo le ambizioni dell'imperatore di turno, avrebbero potuto coalizzarsi e sconfiggerlo.
L'Occidente da due anni è a caccia, in Ucraina di un pretesto che scateni una reazione impropria dell'orso russo - l'ultimo è il danneggiamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia, di cui cercano di incolpare Putin (come se quest'ultimo avesse interesse a devastare una centrale nucleare a poche centinaia di miglia da casa) - e parimenti, in Palestina, anche se qui fa fare il lavoro sporco a Israele, cerca di provocare l'Iran affinché una risposta imprudente gli dia il destro per poter colpire senza allarmare tutta quella parte di mondo che ad oggi non si è ancora ufficialmente schierata.
I paesi aggrediti, al momento, non reagiscono. Secondo molti, questo è un segnale di debolezza. Da questa pagina si ha l'ambizione, se volete persino presuntuosa, di cercare di spiegare perché, al contrario, questo sia, per l'Occidente, un pessimo segnale.
Chi le cose della politica le segue senza le lenti rosa della propaganda ma con quelle scure del realista, sa benissimo che gli Stati Uniti sono in grave difficoltà. Il combinato disposto dell'enorme debito pubblico americano sommato alla progressiva perdita di forza penetrativa, mette in discussione la bilancia commerciale americana che non ha più spazi da depredare per sfamare il proprio popolo e quello dei paesi sottoposti alla sua influenza.
La Federazione Russa e l'Iran lo sanno benissimo e quindi cercano di resistere per non dare pretesti agli Stati Uniti. Ma questo, che potrebbe sembrare come un segnale di debolezza, è al contrario un sintomo di grande forza.
Mio nonno, proprio per raccomandare al figlio - mio padre - di non farsi trascinare nelle risse, gli raccontava sempre di quella volta che, nella sua campagna, un contadino grosso come un armadio, che veniva provocato da un contadino molto più giovane e debole, un bel giorno si incazzò e saltò addosso a quello più piccolo e che quest'ultimo gli diede un calcio nelle parti intime che lo fece praticamente morire sul colpo. Il senso del discorso era: perché mettersi in una zuffa nella quale ti puoi fare male se sai di essere comunque il più forte?
Se la Federazione Russa e l'Iran non reagiscono è perché sono perfettamente consapevoli che gli Stati Uniti non hanno vita lunga e, dunque, aspettano che si logorino da soli, senza il bisogno di farsi trascinare in una rissa che può essere controproducente per chi è in una condizione di maggiore forza.
L'Occidente da due anni è a caccia, in Ucraina di un pretesto che scateni una reazione impropria dell'orso russo - l'ultimo è il danneggiamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia, di cui cercano di incolpare Putin (come se quest'ultimo avesse interesse a devastare una centrale nucleare a poche centinaia di miglia da casa) - e parimenti, in Palestina, anche se qui fa fare il lavoro sporco a Israele, cerca di provocare l'Iran affinché una risposta imprudente gli dia il destro per poter colpire senza allarmare tutta quella parte di mondo che ad oggi non si è ancora ufficialmente schierata.
I paesi aggrediti, al momento, non reagiscono. Secondo molti, questo è un segnale di debolezza. Da questa pagina si ha l'ambizione, se volete persino presuntuosa, di cercare di spiegare perché, al contrario, questo sia, per l'Occidente, un pessimo segnale.
Chi le cose della politica le segue senza le lenti rosa della propaganda ma con quelle scure del realista, sa benissimo che gli Stati Uniti sono in grave difficoltà. Il combinato disposto dell'enorme debito pubblico americano sommato alla progressiva perdita di forza penetrativa, mette in discussione la bilancia commerciale americana che non ha più spazi da depredare per sfamare il proprio popolo e quello dei paesi sottoposti alla sua influenza.
La Federazione Russa e l'Iran lo sanno benissimo e quindi cercano di resistere per non dare pretesti agli Stati Uniti. Ma questo, che potrebbe sembrare come un segnale di debolezza, è al contrario un sintomo di grande forza.
Mio nonno, proprio per raccomandare al figlio - mio padre - di non farsi trascinare nelle risse, gli raccontava sempre di quella volta che, nella sua campagna, un contadino grosso come un armadio, che veniva provocato da un contadino molto più giovane e debole, un bel giorno si incazzò e saltò addosso a quello più piccolo e che quest'ultimo gli diede un calcio nelle parti intime che lo fece praticamente morire sul colpo. Il senso del discorso era: perché mettersi in una zuffa nella quale ti puoi fare male se sai di essere comunque il più forte?
Se la Federazione Russa e l'Iran non reagiscono è perché sono perfettamente consapevoli che gli Stati Uniti non hanno vita lunga e, dunque, aspettano che si logorino da soli, senza il bisogno di farsi trascinare in una rissa che può essere controproducente per chi è in una condizione di maggiore forza.
L'Occidente continuerà a cercare l'incidente, in una costante guerra che è anzitutto psicologica. Vincerà chi è in grado di usare la testa, non le testate nucleari.