Chiunque osservasse il dibattito pubblico noterebbe che negli ultimi anni l'ossessione per il politically correct ha preso una preoccupante accelerazione. E dunque non può non notare che, ogni dì che il Padreterno manda in terra, vengono inventate nuove parole che dovrebbero edulcorare un concetto che invece nella sua brutalità esprime tutt'altro. Intendiamoci, una società inclusiva è nell'interesse di tutti perché, una volta o l'altra, chiunque può aver bisogno di aiuto. Ma il disgraziato che vede la propria vita sconvolta da una malattia invalidante se ne farà poco di sapere che verrà definito "diversamente abile" invece che handicappato. Come non sarà certo il demenziale "femminile sovraesteso" dell'Università di Trento - per chi ha avuto il fegato di leggere l'ennesima scemenza progressista - ossia l'iniziativa per la quale tutto il personale dell'università dovrà definirsi al femminile anche se è maschio, a rendere più morbide le sorti dell'altra metà del cielo. Ma da dove origina questa demenzialità?
Il progressismo, per sommi capi - poi, certo, ci sarebbe tanto altro da dire - nasce dal sogno di un mondo diverso, popolato da un'umanità migliore. Ed ecco le ideologie più demenziali. Il comunismo, che teorizza un'umanità senza l'istinto di arricchirsi, il femminismo che predica un maschio che non sia maschio, l'ecologismo e l'animalismo che auspicano un'umanità al servizio di cani, gatti, orsi e bestiame generale, dove ci si limiti sostanzialmente a mangiare bacche o carne sintetica. Tutte teorie che si infrangono nella realtà che ci racconta, ogni giorno, a voler davvero scoprirla, che gli uomini sono diversi da quelli presentati nei libri di scuola e nei mielosi discorsi di papi e presidenti della repubblica. A partire da una certa età, soprattutto se si ritrova orfano, divorziato o vedovo, se ha perso il lavoro e ha poche prospettive di trovarne un altro, un uomo capisce di essere completamente solo e circondato da persone che non gli faranno del male nella misura in cui non temano una reazione sua o di un'entità superiore metafisica (Dio) o fisica (Stato o anche morale comune) o che gli faranno del bene e lo aiuteranno nella misura in cui intuiscano un'utilità da ricevere in cambio, materiale o morale. Sa che mentre la pubblicistica nelle sue varie declinazioni - giornali, TV, social - gli presenta una rosea umanità, viceversa sott'acqua, come nelle partite di pallanuoto, si scatenano battaglie di istinti inconfessabili, a suon di colpi bassi, bidoni, truffe e fregature. Sa che per quella moglie a cui ha detto "Sì" all'altare, vedendosi giurare eterno amore, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, diventerà un fallito e un perdente da scaricare dopo la prima mesata saltata, magari per rimpiazzarlo con un altro.
Per conto mio, di esempi illuminanti di questa dissonanza tra l'ideale e il reale ne ho visti tantissimi ma mi limiterò a riferire quello che mi ha colpito di più, che fu quando, rivolgendomi ad una chat di un'azienda di vendita di spazi web, scoprii ben presto che l'assistente, invece del nominativo inglese con cui si presentava, aveva un'identità palesemente indiana che l'azienda gli aveva costretto a cambiare, sennò i clienti si sarebbero allontanati. Nell'America progressista, tutta buoni sentimenti e principi morali, c'è ancora un razzismo così strisciante da costringere le aziende a cambiare nome ai propri dipendenti indiani altrimenti la gente non compra i loro prodotti.
In questo senso, il progressismo tanto attecchisce in un popolo non abituato ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni quanto provoca l'orticaria a chi, invece, è costretto a sudarsi la vita di giorno in giorno. Tanto ha successo quando le vacche sono grasse, quanto provoca crisi di rigetto quando sono magre. Se qualcuno crede davvero che la parità dei sessi si raggiunga costringendo un rettore di sesso maschile ad autodefinirsi rettrice, questo può dipendere solo dal conclamato divorzio dalla realtà a cui è giunta la nostra società.
Ecco perché scrissi che una guerra - ma vale per qualsiasi catastrofe non necessariamente guerresca - sarebbe una grande opportunità di crescita. Perché riporterebbe tutti con i piedi per terra in un mondo che non fa sconti a nessuno. In situazioni di precarietà, ad uno studente non interessa che nella sua università il rettore si faccia chiamare rettrice anche se ha il pisello, ma gli importa soltanto di imparare cose nuove. In situazioni di precarietà, un popolo non accoglie indiscriminatamente stranieri senza sincerarsi che essi siano un'effettiva risorsa. In situazioni di precarietà, una persona non sceglie di schierarsi con Putin o con Zelensky in base a fantomatici principi universali, ma unicamente guardando il proprio interesse. In situazioni di precarietà, non si sprecano soldi per favorire "politiche di inclusione", ma si pensa unicamente a sviluppare le risorse del proprio paese. In situazioni di precarietà, l'omofobo più omofobo del mondo non si priverà certo di un collaboratore transessuale se questi, con la sua bravura, gli aumenterà i fatturati. In situazioni di precarietà, si fanno ponti d'oro a chi produce ricchezza e si lascia indietro chi vuole consumare sulle spalle di chi la produce.
Il progressismo, per sommi capi - poi, certo, ci sarebbe tanto altro da dire - nasce dal sogno di un mondo diverso, popolato da un'umanità migliore. Ed ecco le ideologie più demenziali. Il comunismo, che teorizza un'umanità senza l'istinto di arricchirsi, il femminismo che predica un maschio che non sia maschio, l'ecologismo e l'animalismo che auspicano un'umanità al servizio di cani, gatti, orsi e bestiame generale, dove ci si limiti sostanzialmente a mangiare bacche o carne sintetica. Tutte teorie che si infrangono nella realtà che ci racconta, ogni giorno, a voler davvero scoprirla, che gli uomini sono diversi da quelli presentati nei libri di scuola e nei mielosi discorsi di papi e presidenti della repubblica. A partire da una certa età, soprattutto se si ritrova orfano, divorziato o vedovo, se ha perso il lavoro e ha poche prospettive di trovarne un altro, un uomo capisce di essere completamente solo e circondato da persone che non gli faranno del male nella misura in cui non temano una reazione sua o di un'entità superiore metafisica (Dio) o fisica (Stato o anche morale comune) o che gli faranno del bene e lo aiuteranno nella misura in cui intuiscano un'utilità da ricevere in cambio, materiale o morale. Sa che mentre la pubblicistica nelle sue varie declinazioni - giornali, TV, social - gli presenta una rosea umanità, viceversa sott'acqua, come nelle partite di pallanuoto, si scatenano battaglie di istinti inconfessabili, a suon di colpi bassi, bidoni, truffe e fregature. Sa che per quella moglie a cui ha detto "Sì" all'altare, vedendosi giurare eterno amore, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, diventerà un fallito e un perdente da scaricare dopo la prima mesata saltata, magari per rimpiazzarlo con un altro.
Per conto mio, di esempi illuminanti di questa dissonanza tra l'ideale e il reale ne ho visti tantissimi ma mi limiterò a riferire quello che mi ha colpito di più, che fu quando, rivolgendomi ad una chat di un'azienda di vendita di spazi web, scoprii ben presto che l'assistente, invece del nominativo inglese con cui si presentava, aveva un'identità palesemente indiana che l'azienda gli aveva costretto a cambiare, sennò i clienti si sarebbero allontanati. Nell'America progressista, tutta buoni sentimenti e principi morali, c'è ancora un razzismo così strisciante da costringere le aziende a cambiare nome ai propri dipendenti indiani altrimenti la gente non compra i loro prodotti.
In questo senso, il progressismo tanto attecchisce in un popolo non abituato ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni quanto provoca l'orticaria a chi, invece, è costretto a sudarsi la vita di giorno in giorno. Tanto ha successo quando le vacche sono grasse, quanto provoca crisi di rigetto quando sono magre. Se qualcuno crede davvero che la parità dei sessi si raggiunga costringendo un rettore di sesso maschile ad autodefinirsi rettrice, questo può dipendere solo dal conclamato divorzio dalla realtà a cui è giunta la nostra società.
Ecco perché scrissi che una guerra - ma vale per qualsiasi catastrofe non necessariamente guerresca - sarebbe una grande opportunità di crescita. Perché riporterebbe tutti con i piedi per terra in un mondo che non fa sconti a nessuno. In situazioni di precarietà, ad uno studente non interessa che nella sua università il rettore si faccia chiamare rettrice anche se ha il pisello, ma gli importa soltanto di imparare cose nuove. In situazioni di precarietà, un popolo non accoglie indiscriminatamente stranieri senza sincerarsi che essi siano un'effettiva risorsa. In situazioni di precarietà, una persona non sceglie di schierarsi con Putin o con Zelensky in base a fantomatici principi universali, ma unicamente guardando il proprio interesse. In situazioni di precarietà, non si sprecano soldi per favorire "politiche di inclusione", ma si pensa unicamente a sviluppare le risorse del proprio paese. In situazioni di precarietà, l'omofobo più omofobo del mondo non si priverà certo di un collaboratore transessuale se questi, con la sua bravura, gli aumenterà i fatturati. In situazioni di precarietà, si fanno ponti d'oro a chi produce ricchezza e si lascia indietro chi vuole consumare sulle spalle di chi la produce.
La battaglia progressista è persa in partenza - e quando tenta di affermarsi, lo fa soltanto in forza di divieti, ricatti e boicottaggi - perché si rivolge ad un'umanità che può scorgersi soltanto nei libri dei sogni, mentre nelle dure e amare pagine di una realtà troppo amara per non essere umana, pulsa il cuore di chi la vita deve conquistarsela ogni giorno.