Esistono due tipologie di non credenti. L'ateo che fa dell'inesistenza di Dio una religione e la impone nelle maniere più bieche, meschine e arroganti - ma solo perché sa che non esiste uno Stato Pontificio o un potente servizio segreto che venga a prenderlo e bruciarlo al rogo - infatti non ha mai nulla da dire contro gli oscurantismi islamici. Poi c'è il non credente, scettico esistenziale, che applica la propria non religiosità ad ogni aspetto della sua vita. Non crede nel miracolo della Resurrezione ma non lo esclude nemmeno. Semplicemente lo considera indimostrabile dal suo punto di vista di razionalista, che tuttavia, non ritiene automaticamente superiore agli altri.
Lo stesso atteggiamento lo porta a non vedere in un crocifisso sui muri di scuola un pericolo per la propria laicità ma semplicemente considerarlo il simbolo di una cultura da cui discendono le basi su cui oggi si fonda la nostra società e che ha generato anche tanti figli illegittimi e degeneri come il marxismo, per esempio. E, dunque, chi non crede, nei confronti di Cristo e della Chiesa, ha comunque il rispetto che si deve ad un'istituzione che sopravvive da 2024 anni. Questo paradosso fu ben riassunto da Benedetto Croce nel suo "Non possiamo non dirci cristiani".
Questa dicotomia è possibile leggerla in ogni bacheca, con gli auguri in occasione delle festività, da parte di gente che poi non frequenta minimamente né pratica la religione. Ma questo ha un perché.
La figura di Gesù detiene infatti la caratteristica di andare oltre la sua dimensione cristiana. Intanto perché è un personaggio storicamente esistito, indipendentemente dal fatto che si creda o no alla Resurrezione. Sbatacchiato di qua e di là, dall’insopportabile clericalismo di destra e dal pestilenziale ateismo bilioso della sinistra, Cristo è anzitutto un emblema di laicità ("Date a Cesare quel che è di Cesare") nonché il cardine del vero motivo per cui la civiltà europea rimanga, pur con tutti i propri logorii molto più preferibile rispetto alle altre, ossia il messaggio universale di giustizia e di fratellanza di cui Cristo si fa portatore. E infine perché il suo rifiuto di sottomettersi all’autorità dello stato di fronte ad una palese ingiustizia costituisce il vero faro della libertà individuale. Esattamente come Socrate, Gesù nel consegnarsi ai suoi sicari compie il più sublime atto di libertà individuale, dicendo in sostanza "Io non rinuncio alla mia missione solo per qualche anno in più di vita". Di fronte alla prospettiva di disonorare i princìpi che hanno ispirato i propri cammini, preferiscono morire ammazzati tra dolori atroci, pur sapendo che con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula avrebbero potuto agevolmente salvarsi.
Perché dunque bisogna, anche da non credenti, difendere il Cristianesimo? Perché non è soltanto il frutto dei testi di quattro discepoli di Cristo ma il fondamento della civiltà europea e della sua prosperità diffusa, imperfetta come tutto ciò che è di costruzione umano, ma sicuramente da preferirsi alle logiche del capitale sovranazionale e del materialismo socialistico. E' scardinando l’identità cristiana, con i suoi "valori non negoziabili", che i popoli diventano piume ai venti totalitari che squassano l'Europa. Il progressivo smarrimento dei fondamenti della cristianità costituiscono la legittimazione, agli occhi dei nemici, dell'invasione territoriale e spirituale che rischia di scardinare la più forte e lirica civiltà di tutti i tempi.
Non è un caso che la scristianizzazione punti sempre dritto alle festività più importanti del Cristianesimo. Perché colpendo il figlio di Dio non si offende solo la religiosità bigotta di qualche chierico o clericale ma si distrugge l'anima di un popolo che al Natale non ha affidato soltanto la speranza di una presenza metafisica o il miraggio di una vita eterna ma la chiave di un'identità che va oltre la dimensione religiosa.
Mai come in questi tempi oscuri, il Natale e la Pasqua rappresentano non solo una festività religiosa ma il simbolo di un popolo che non deve arrendersi a chi, giocando a fare Dio, pretende di disporre delle sorti di milioni di persone.
Gli auguri di Buona Pasqua come anche di Buon Natale non sono più i semplici auguri da farsi per ossequiare una tradizione, ma rappresentano l'alito di popoli oppressi dalle dittature del nulla che minacciano millenni di storia.
Lo stesso atteggiamento lo porta a non vedere in un crocifisso sui muri di scuola un pericolo per la propria laicità ma semplicemente considerarlo il simbolo di una cultura da cui discendono le basi su cui oggi si fonda la nostra società e che ha generato anche tanti figli illegittimi e degeneri come il marxismo, per esempio. E, dunque, chi non crede, nei confronti di Cristo e della Chiesa, ha comunque il rispetto che si deve ad un'istituzione che sopravvive da 2024 anni. Questo paradosso fu ben riassunto da Benedetto Croce nel suo "Non possiamo non dirci cristiani".
Questa dicotomia è possibile leggerla in ogni bacheca, con gli auguri in occasione delle festività, da parte di gente che poi non frequenta minimamente né pratica la religione. Ma questo ha un perché.
La figura di Gesù detiene infatti la caratteristica di andare oltre la sua dimensione cristiana. Intanto perché è un personaggio storicamente esistito, indipendentemente dal fatto che si creda o no alla Resurrezione. Sbatacchiato di qua e di là, dall’insopportabile clericalismo di destra e dal pestilenziale ateismo bilioso della sinistra, Cristo è anzitutto un emblema di laicità ("Date a Cesare quel che è di Cesare") nonché il cardine del vero motivo per cui la civiltà europea rimanga, pur con tutti i propri logorii molto più preferibile rispetto alle altre, ossia il messaggio universale di giustizia e di fratellanza di cui Cristo si fa portatore. E infine perché il suo rifiuto di sottomettersi all’autorità dello stato di fronte ad una palese ingiustizia costituisce il vero faro della libertà individuale. Esattamente come Socrate, Gesù nel consegnarsi ai suoi sicari compie il più sublime atto di libertà individuale, dicendo in sostanza "Io non rinuncio alla mia missione solo per qualche anno in più di vita". Di fronte alla prospettiva di disonorare i princìpi che hanno ispirato i propri cammini, preferiscono morire ammazzati tra dolori atroci, pur sapendo che con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula avrebbero potuto agevolmente salvarsi.
Perché dunque bisogna, anche da non credenti, difendere il Cristianesimo? Perché non è soltanto il frutto dei testi di quattro discepoli di Cristo ma il fondamento della civiltà europea e della sua prosperità diffusa, imperfetta come tutto ciò che è di costruzione umano, ma sicuramente da preferirsi alle logiche del capitale sovranazionale e del materialismo socialistico. E' scardinando l’identità cristiana, con i suoi "valori non negoziabili", che i popoli diventano piume ai venti totalitari che squassano l'Europa. Il progressivo smarrimento dei fondamenti della cristianità costituiscono la legittimazione, agli occhi dei nemici, dell'invasione territoriale e spirituale che rischia di scardinare la più forte e lirica civiltà di tutti i tempi.
Non è un caso che la scristianizzazione punti sempre dritto alle festività più importanti del Cristianesimo. Perché colpendo il figlio di Dio non si offende solo la religiosità bigotta di qualche chierico o clericale ma si distrugge l'anima di un popolo che al Natale non ha affidato soltanto la speranza di una presenza metafisica o il miraggio di una vita eterna ma la chiave di un'identità che va oltre la dimensione religiosa.
Mai come in questi tempi oscuri, il Natale e la Pasqua rappresentano non solo una festività religiosa ma il simbolo di un popolo che non deve arrendersi a chi, giocando a fare Dio, pretende di disporre delle sorti di milioni di persone.
Gli auguri di Buona Pasqua come anche di Buon Natale non sono più i semplici auguri da farsi per ossequiare una tradizione, ma rappresentano l'alito di popoli oppressi dalle dittature del nulla che minacciano millenni di storia.