Giobbe Covatta in uno dei suoi divertentissimi libri densi di travolgente comicità, si divertiva a descrivere il fenomeno per cui i bianchi, approdati in Africa, vedendo che i locali ce l'avevano lungo, per consolarsi dicevano "Non sono importanti le dimensioni ma come si usa", salvo poi ripiombare nella depressione accorgendosi che anche i neri lo usano benissimo.
La gag, come spesso accade, ha un significato più serio e profondo. L'essere umano, per perdonare a se stesso i propri limiti, crea dei meccanismi di rimozione che alterino la realtà, impedendo a se stesso di vederla nella sua chiarezza. Ed è quello che si verifica tutte le volte che l'Occidente vede i fatti contraddire le sue teorie, e dunque anche in Russia dove, di fronte alla plebiscitaria vittoria di Putin, si cerca in tutti i modi di rimuovere una realtà troppo brutta per essere accettata.
Così mentre i media mainstream, per l'occasione, rispolverano i mantra tipici della propria narrazione - su tutti, quella del dittatore che spaventa e opprime il popolo in virtù della sua schiacciante maggioranza, oppure la fantomatica mancata alternanza che sarebbe la prova della non democrazia russa - a tutti sfugge una serie di fatti proditoriamente ignorati.
Primo: le sanzioni non funzionano e questo ormai è chiaro, ma era stato detto in anticipo. Perché provvedimenti di questo genere abbiano effetti, occorre che il paese da aggredire basi tutta la propria economia sull'importazione e sull'esportazione e che non abbia una filiera da produttore a consumatore. Tutte cose che appartengono all'Italia, per esempio, che dipende in tutto e per tutto dai paesi stranieri ma che non riguardano certo la Russia.
Secondo: il motivo per cui in Occidente c'è un'alternanza politica mentre Putin è al potere da venticinque anni, non ha niente a che fare con la sua effettiva democraticità ma col fatto che le classi dirigenti occidentali sistematicamente sono destinate a deludere il proprio elettorato. Se qualcuno consultasse tutti i parametri più vitali dello stato di salute di un paese, noterebbe, negli ultimi trent'anni, un calo del tenore di vita, della sicurezza e dei diritti. E si renderebbe conto che i partiti si contendono risorse che sono sempre più esigue, al punto che si è iniziato ad erodere diritti un tempo considerati intangibili, a partire dal diritto di proprietà - attraverso la minaccia del green deal - fino alle limitazioni della libertà di parola.
Al contrario, dal 1999, da quando si è insediato Putin, la Russia è passata dal fallimento ad una situazione che certamente è ancora lontana dallo strapotere sovietico ma anche dagli anni Novanta. L'opinione pubblica russa, che certamente non ignora le probabili malefatte di Putin, è divisa tra il "Putin è il nostro eroe" e la pragmatica considerazione che "E' un bastardo ma è il nostro bastardo", consapevole com'è che qualsiasi alternativa, filoccidentale o ancor più antioccidentale, sarebbe peggiore.
Questo naturalmente non trasforma la Federazione Russa in una democrazia perfetta, ma è ridicolo che l'Occidente, dopo aver sequestrato i diritti dei suoi cittadini prima con la pandemia e poi con le varie emergenze, dopo aver battuto Trump solo con brogli elettorali, si impanchi a dare lezioni di democraticità.
Putin stravince perché governa bene e nell'interesse dei russi che, grazie a lui, stanno tornando ad essere una potenza, con una produttività in aumento, senza che aumenti il debito. Non ci sono altre spiegazioni. E se anche fosse un dittatore, non esiste tiranno vincente senza consenso.
La differenza tra democrazia e dittatura sta unicamente nel meccanismo che regola la formazione delle classi dirigenti. Anche e a maggior ragione una dittatura richiede che il capo abbia un consenso.
La gag, come spesso accade, ha un significato più serio e profondo. L'essere umano, per perdonare a se stesso i propri limiti, crea dei meccanismi di rimozione che alterino la realtà, impedendo a se stesso di vederla nella sua chiarezza. Ed è quello che si verifica tutte le volte che l'Occidente vede i fatti contraddire le sue teorie, e dunque anche in Russia dove, di fronte alla plebiscitaria vittoria di Putin, si cerca in tutti i modi di rimuovere una realtà troppo brutta per essere accettata.
Così mentre i media mainstream, per l'occasione, rispolverano i mantra tipici della propria narrazione - su tutti, quella del dittatore che spaventa e opprime il popolo in virtù della sua schiacciante maggioranza, oppure la fantomatica mancata alternanza che sarebbe la prova della non democrazia russa - a tutti sfugge una serie di fatti proditoriamente ignorati.
Primo: le sanzioni non funzionano e questo ormai è chiaro, ma era stato detto in anticipo. Perché provvedimenti di questo genere abbiano effetti, occorre che il paese da aggredire basi tutta la propria economia sull'importazione e sull'esportazione e che non abbia una filiera da produttore a consumatore. Tutte cose che appartengono all'Italia, per esempio, che dipende in tutto e per tutto dai paesi stranieri ma che non riguardano certo la Russia.
Secondo: il motivo per cui in Occidente c'è un'alternanza politica mentre Putin è al potere da venticinque anni, non ha niente a che fare con la sua effettiva democraticità ma col fatto che le classi dirigenti occidentali sistematicamente sono destinate a deludere il proprio elettorato. Se qualcuno consultasse tutti i parametri più vitali dello stato di salute di un paese, noterebbe, negli ultimi trent'anni, un calo del tenore di vita, della sicurezza e dei diritti. E si renderebbe conto che i partiti si contendono risorse che sono sempre più esigue, al punto che si è iniziato ad erodere diritti un tempo considerati intangibili, a partire dal diritto di proprietà - attraverso la minaccia del green deal - fino alle limitazioni della libertà di parola.
Al contrario, dal 1999, da quando si è insediato Putin, la Russia è passata dal fallimento ad una situazione che certamente è ancora lontana dallo strapotere sovietico ma anche dagli anni Novanta. L'opinione pubblica russa, che certamente non ignora le probabili malefatte di Putin, è divisa tra il "Putin è il nostro eroe" e la pragmatica considerazione che "E' un bastardo ma è il nostro bastardo", consapevole com'è che qualsiasi alternativa, filoccidentale o ancor più antioccidentale, sarebbe peggiore.
Questo naturalmente non trasforma la Federazione Russa in una democrazia perfetta, ma è ridicolo che l'Occidente, dopo aver sequestrato i diritti dei suoi cittadini prima con la pandemia e poi con le varie emergenze, dopo aver battuto Trump solo con brogli elettorali, si impanchi a dare lezioni di democraticità.
Putin stravince perché governa bene e nell'interesse dei russi che, grazie a lui, stanno tornando ad essere una potenza, con una produttività in aumento, senza che aumenti il debito. Non ci sono altre spiegazioni. E se anche fosse un dittatore, non esiste tiranno vincente senza consenso.
La differenza tra democrazia e dittatura sta unicamente nel meccanismo che regola la formazione delle classi dirigenti. Anche e a maggior ragione una dittatura richiede che il capo abbia un consenso.
E basta parlare con i russi per capire da che parte stanno. Ma questo farebbe piombare l'Occidente in quella disperazione nella quale sempre si precipita quando i fatti smontano le menzogne che si racconta a se stessi.