Alla conferenza di Davos ha fatto discutere l'intervento di Javier Milei, presidente dell'Argentina. Una breve descrizione del personaggio l'ho già fatta, qui, il mese scorso ma, in questo articolo, mi interessa più che altro approfondire il discorso che ha fatto alla conferenza, che non indica la malattia ma la pericolosità della cura: il socialismo internazionale.
Milei ha efficacemente denunciato la minaccia di una cura sbagliata, controproducente, ma il problema è che se si discute di quale medicina fare uso per guarire i mali del mondo, questo significa che una malattia c'è ed è reale. Perché per quanto si possano ritenere pericolosi i personaggi che animano Davos, c'è anche da dire che a renderli di successo è la loro risposta - fanatica, ridicola, idiota, tutto quel che si vuole e che mi vede d'accordo - a problemi reali: l'esaurimento delle risorse e il sovrappopolamento. E il peggior modo per combattere queste risposte è negare i problemi, pensando che i socialisti siano marziani capitati lì per caso e non semplicemente l'evoluzione (evoluzione si fa per dire) di un vecchio male nato nell'Ottocento, ossia il marxismo. Quindi il vero punto è: come siamo arrivati alla minaccia del socialismo internazionale?

Il progenitore di tutti i socialismi, il marxismo, nasce in un momento ben preciso e non casuale, l'Ottocento. Durante questo secolo, l'umanità attraversa un'enorme penuria di risorse, figlia del combinato disposto dei seguenti fattori: l'illuminismo - che, attraverso lo sviluppo delle scienze e della cultura, allunga la durata della vita e diminuisce la propensione a trovare in un dio il senso della vita, col risultato che ci si concentra unicamente su se stessi - e la progressiva deruralizzazione dell'uomo che abbandona le campagne e si trasferisce nelle città, aggravato dall'evoluzione verticale della tecnologia. Tutto questo provoca un aumento della popolazione mondiale a fronte di risorse che non aumentano, col risultato che il mondo conosce carestie e guerre a gettito continuo. Il fondamento delle teorie di Marx, che non a caso sono frutto dell'idealismo hegeliano, è che un problema di risorse non debba essere risolto dalle guerre - com'è sempre stato nella storia - ma dalla loro redistribuzione, non considerando che anche ad operare una sottrazione di risorse a chi ha di più in favore di chi ha di meno, rimane sempre il problema che se il mondo continua ad aumentare i propri abitanti, non soltanto ci saranno ancor meno risorse da distribuire, ma anzi bisogna essere ancor più violenti nel reprimere chi ne ha più. Senza contare che chi quelle risorse sa produrle, se si vede castrato l'istinto di arricchirsi, non avrà la spinta per impegnarsi a produrle. Sia quel che sia, le teorie di Marx ispirano tutto il Novecento dove il marxismo sfocerà nei totalitarismi che tutti conosciamo, nati proprio dalla convinzione che si possa risolvere questi problemi trasformando le società in enti redistributivi delle risorse.
In questo senso, l'errore alla base della conferenza di Davos non è nel non aver capito il problema, ma nel non capire che il concetto di redistribuzione è stato già dichiarato fallito dalla storia. E che i problemi di sovrappopolamento sono sempre stati risolti dalle guerre. Soltanto che mentre in passato la guerra - non a caso definita da Marinetti "l'unica vera igiene del mondo" - si conduceva con armi pericolose soltanto per chi le subiva, oggi la presenza di armi che potrebbero far saltare per aria il pianeta non una ma venti volte (danneggiando dunque anche chi le usa), rende impossibile un conflitto analogo a quelli del passato, senza contare che il progressivo abbandono della fede trasforma l'essere umano non in un'anima che deve comportarsi bene in vista di un Aldilà ma in un atomo che vive la propria vita in funzione unicamente di se stesso, col risultato che naturalmente, di saltare per aria da qualche parte, non ne ha punta voglia. Tutto questo, ovviamente, provoca l'abnorme aumento della popolazione e la durata media della vita umana.

In questo senso, Milei parla di un problema reale - la minaccia di un socialismo internazionale - ma ignorando le cause che lo ispirano. La risposta, di tipo marxista (qualcuno deve smettere di stare meglio degli altri) è pensata per un mondo diverso, in cui non c'erano le armi di oggi.
Non vorrei passare come profeta, ma di questo problema scrivo da tanti anni e, chi mi conosce, sa quale risposta ho sempre dato: per me gli stati, intesi nel modo con cui li concepiamo oggi, ormai sono in bancarotta e verranno presto soppiantati da realtà digitali che, affrontando il nodo della redistribuzione delle risorse, scateneranno guerre trasversali, interne alle nazioni odierne, che naturalmente non si potranno combattere con le armi oggi conosciute.
L'umanità è sempre passata da un ciclo storico all'altro spargendo sangue. E sarà così anche stavolta.



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Perfetto. Io aggiungo che il buon Schwab che si fa ritrarre col busto di Lenin in bella vista, alla fine ci vuole portare in una sorta di socialismo, naturalmente destinato a quelli definiti da Attali "sdentati", gestito dalle grandi corporation che ci imporrranno quanta CO2 emettere, quanta acqua, carne consumare, a che velocità andare e se uscire di casa. L'addestramento del covid è funzionale a ciò, guerra orizzontale nella popolazione. Per questo motivo la Ursula mette al primo posto la lotta alla disinformazione.
 

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Franco Marino
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