I social sono spazi che possono raccontare molto dell'umanità, a patto di non prenderli sul serio. Ogni giorno, va in onda una pantomima nel corso della quale ognuno mette in vetrina ciò che crede di avere. Poi ci sono alcune persone che sono irritanti e amaramente divertenti al tempo stesso. Chi ha il dispiacere di conoscerle dal vivo le legge e si rende conto della profonda dissonanza tra ciò che dicono di essere e ciò che in realtà sono. Così col tempo uno si sorprende a leggerle e a ridere amaramente su quanto ipocrita sappia essere l'umanità.
Un'analoga sensazione la provo quando ascolto gli antifascisti di professione. Oggi sono scandalizzati perché la Cassazione ha assolto quei militanti che nel 2016, ad Acca Larentia, avevano commemorato Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi.
A parte ricordare loro che se, da antifascisti, si battono contro la violenza politica, a maggior ragione dovrebbero condannare anche le vittime di destra della violenza politica. Ma quando li vedo appropriarsi di battaglie che non hanno mai combattuto, tirare calci alla bara di quel Priebke che, se lo avessero visto dal vivo, magari sarebbero scappati a gambe levate, so benissimo che il loro antifascismo è posticcio. Come del resto, sarebbe ridicolo dissertare di un fascismo che non hanno conosciuto, se non per i ricordi dei loro codardi nonni che, viceversa, se fossero stati davvero sinceri, avrebbero descritto il fascismo per quel che era, non per l'immagine stereotipata che vorrebbero i media. Infatti, il mio nonno paterno, che antifascista lo fu davvero e che ne pagò le conseguenze - vedendosi temporaneamente confiscati i propri terreni e provando l'angoscia di un fratello deportato ad Auschwitz - stupiva sempre tutti perché aveva del fascismo un giudizio molto più mite dei tanti antifascisti a cadavere appeso che avrebbero funestato il dibattito pubblico nei decenni a venire. Ancor più patetici sono gli antifascisti della nuova generazione. Cosa pensereste, del resto, di un ragazzino di vent'anni che si scaglia contro un altro ragazzino per via di fatti storici di cento anni fa? Che avete a che fare con dei babbei.
Ed è la stessa sensazione che provo quando leggo un antifascista, quando lo vedo puntare l'indice contro i presunti fascisti con l'aria truce di chi, se ne vedesse uno vero - non le parodie di Casapound e di Forza Nuova, ma un vero fascista facente parte di un Partito Fascista ricostituito e dominante - sarebbe pronto a prenderlo a botte. Mentre tutti sanno che, invece, se la farebbe sotto. Quando, per esempio, sento mio cognato decantare le imprese dei suoi nonni antifascisti, lo guardo con la commiserazione di una libellula che guarda una mosca: perché so benissimo che quei suoi nonni in vita sicuramente erano stati fascisti e, altrettanto sicuramente, sono diventati antifascisti quando il fascismo iniziò a puzzare di cadavere. E questo ha ovviamente una spiegazione molto chiara. L'antifascismo ha una serie di tare all'origine che ne vulnerano la credibilità.
In primis, l'antifascismo in Italia non è mai esistito. Salvo pochissimi sparuti cittadini (parliamo di poche migliaia), la stragrande maggioranza degli italiani era fascista, a partire da tutti quegli intellettuali che avrebbero, successivamente, avvelenato col loro settarismo pseudoantifascista il dibattito pubblico in Italia. Giorgio Bocca, Scalfari, Dario Fo, Giorgio Napolitano. E non si dice questo con lo spirito di chi vuole condannarli alla damnatio memoriae, ma giusto per far presente come ognuno di noi può imboccare posizioni sbagliate ma che è ridicolo rinnegarle poi.
L'altro grande falso storico è il fatto che gli antifascisti abbiano avuto un ruolo decisivo. In realtà, in Italia nacque una Resistenza soltanto quando americani e sovietici decisero di intervenire nella Seconda Guerra Mondiale e fu, allora, chiaro a tutti che essendo persa la partita, bisognasse correre in soccorso del vincitore. Senza Stati Uniti e URSS, oggi l'Europa sarebbe del tutto nazionalsocialista.
Prima di quel momento, nessuno aveva sentito parlare di Olocausto. Era, si direbbe oggi, una "fake news". Chiunque ipotizzasse che in qualche posto del mondo si gasassero in massa molti oppositori dei regimi, veniva dipinto come "disfattista", la versione progenitrice del complottista di oggi. Infine, il falso storico definitivo è la pretesa, da parte dei comunisti, di appropriarsi della quota di maggioranza della resistenza al fascismo, quando il vero lavoro ai fianchi lo fecero cattolici, liberali e socialisti democratici. Tutti successivamente perseguitati dalla mafia rossa che da ottant'anni tiranneggia il paese.
In estrema sintesi, non c'è niente nell'antifascismo che meriti di essere ascoltato e letto con attenzione. Niente della Resistenza riabilita anche solo di un briciolo il vergognoso comportamento tenuto dagli italiani che, dapprima, scodinzolarono attorno al Duce, poi appena Sua Eccellenza principiò a puzzare di cadavere, lo appesero a testa in giù in quello scempio che fu Piazzale Loreto - tirando in mezzo pure la Petacci che non c'entrava nulla - e sputando su cadaveri che fino al giorno prima suscitavano adorazione, salvo poi scoprirsi comunisti filosovietici fino al 1989 per poi diventare clintoniani dagli anni Novanta in poi. E si può stare certo che se un giorno dovesse cadere il regime attuale, diventeranno tutti putiniani e novax.
Così, quando sento parlare un antifascista, quando lo vedo sventolare il rischio che scappati di casa come quelli che affollano il centrodestra di oggi possano ricostituire il fascismo - qualsiasi persona scoppierebbe a ridere a pensare a Lollobrigida, Bocchino, Salvini, la Meloni, la Santadeché, Piantedosi che ereditino le cadreghe che furono di Rocco, Gentile, Bottai, Balbo, De Stefani, Farinacci, Dino Grandi - ho la medesima sensazione che provo quando vedo persone che conosco bene dal vivo atteggiarsi sui social come maestri di vita, di virtù, di umanità. So che è tutto un gigantesco falso, una presa per i fondelli, un qualcosa che suscita risate. Che vale la pena leggere, soltanto per osservare a quali livelli di becera ipocrisia sa arrivare l'animo umano.
Un'analoga sensazione la provo quando ascolto gli antifascisti di professione. Oggi sono scandalizzati perché la Cassazione ha assolto quei militanti che nel 2016, ad Acca Larentia, avevano commemorato Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi.
A parte ricordare loro che se, da antifascisti, si battono contro la violenza politica, a maggior ragione dovrebbero condannare anche le vittime di destra della violenza politica. Ma quando li vedo appropriarsi di battaglie che non hanno mai combattuto, tirare calci alla bara di quel Priebke che, se lo avessero visto dal vivo, magari sarebbero scappati a gambe levate, so benissimo che il loro antifascismo è posticcio. Come del resto, sarebbe ridicolo dissertare di un fascismo che non hanno conosciuto, se non per i ricordi dei loro codardi nonni che, viceversa, se fossero stati davvero sinceri, avrebbero descritto il fascismo per quel che era, non per l'immagine stereotipata che vorrebbero i media. Infatti, il mio nonno paterno, che antifascista lo fu davvero e che ne pagò le conseguenze - vedendosi temporaneamente confiscati i propri terreni e provando l'angoscia di un fratello deportato ad Auschwitz - stupiva sempre tutti perché aveva del fascismo un giudizio molto più mite dei tanti antifascisti a cadavere appeso che avrebbero funestato il dibattito pubblico nei decenni a venire. Ancor più patetici sono gli antifascisti della nuova generazione. Cosa pensereste, del resto, di un ragazzino di vent'anni che si scaglia contro un altro ragazzino per via di fatti storici di cento anni fa? Che avete a che fare con dei babbei.
Ed è la stessa sensazione che provo quando leggo un antifascista, quando lo vedo puntare l'indice contro i presunti fascisti con l'aria truce di chi, se ne vedesse uno vero - non le parodie di Casapound e di Forza Nuova, ma un vero fascista facente parte di un Partito Fascista ricostituito e dominante - sarebbe pronto a prenderlo a botte. Mentre tutti sanno che, invece, se la farebbe sotto. Quando, per esempio, sento mio cognato decantare le imprese dei suoi nonni antifascisti, lo guardo con la commiserazione di una libellula che guarda una mosca: perché so benissimo che quei suoi nonni in vita sicuramente erano stati fascisti e, altrettanto sicuramente, sono diventati antifascisti quando il fascismo iniziò a puzzare di cadavere. E questo ha ovviamente una spiegazione molto chiara. L'antifascismo ha una serie di tare all'origine che ne vulnerano la credibilità.
In primis, l'antifascismo in Italia non è mai esistito. Salvo pochissimi sparuti cittadini (parliamo di poche migliaia), la stragrande maggioranza degli italiani era fascista, a partire da tutti quegli intellettuali che avrebbero, successivamente, avvelenato col loro settarismo pseudoantifascista il dibattito pubblico in Italia. Giorgio Bocca, Scalfari, Dario Fo, Giorgio Napolitano. E non si dice questo con lo spirito di chi vuole condannarli alla damnatio memoriae, ma giusto per far presente come ognuno di noi può imboccare posizioni sbagliate ma che è ridicolo rinnegarle poi.
L'altro grande falso storico è il fatto che gli antifascisti abbiano avuto un ruolo decisivo. In realtà, in Italia nacque una Resistenza soltanto quando americani e sovietici decisero di intervenire nella Seconda Guerra Mondiale e fu, allora, chiaro a tutti che essendo persa la partita, bisognasse correre in soccorso del vincitore. Senza Stati Uniti e URSS, oggi l'Europa sarebbe del tutto nazionalsocialista.
Prima di quel momento, nessuno aveva sentito parlare di Olocausto. Era, si direbbe oggi, una "fake news". Chiunque ipotizzasse che in qualche posto del mondo si gasassero in massa molti oppositori dei regimi, veniva dipinto come "disfattista", la versione progenitrice del complottista di oggi. Infine, il falso storico definitivo è la pretesa, da parte dei comunisti, di appropriarsi della quota di maggioranza della resistenza al fascismo, quando il vero lavoro ai fianchi lo fecero cattolici, liberali e socialisti democratici. Tutti successivamente perseguitati dalla mafia rossa che da ottant'anni tiranneggia il paese.
In estrema sintesi, non c'è niente nell'antifascismo che meriti di essere ascoltato e letto con attenzione. Niente della Resistenza riabilita anche solo di un briciolo il vergognoso comportamento tenuto dagli italiani che, dapprima, scodinzolarono attorno al Duce, poi appena Sua Eccellenza principiò a puzzare di cadavere, lo appesero a testa in giù in quello scempio che fu Piazzale Loreto - tirando in mezzo pure la Petacci che non c'entrava nulla - e sputando su cadaveri che fino al giorno prima suscitavano adorazione, salvo poi scoprirsi comunisti filosovietici fino al 1989 per poi diventare clintoniani dagli anni Novanta in poi. E si può stare certo che se un giorno dovesse cadere il regime attuale, diventeranno tutti putiniani e novax.
Così, quando sento parlare un antifascista, quando lo vedo sventolare il rischio che scappati di casa come quelli che affollano il centrodestra di oggi possano ricostituire il fascismo - qualsiasi persona scoppierebbe a ridere a pensare a Lollobrigida, Bocchino, Salvini, la Meloni, la Santadeché, Piantedosi che ereditino le cadreghe che furono di Rocco, Gentile, Bottai, Balbo, De Stefani, Farinacci, Dino Grandi - ho la medesima sensazione che provo quando vedo persone che conosco bene dal vivo atteggiarsi sui social come maestri di vita, di virtù, di umanità. So che è tutto un gigantesco falso, una presa per i fondelli, un qualcosa che suscita risate. Che vale la pena leggere, soltanto per osservare a quali livelli di becera ipocrisia sa arrivare l'animo umano.
Costoro ricordano così quell'aneddoto raccontato da Svetonio, quando un Silla, ormai ritiratosi a vita privata, venne apostrofato da un cittadino che gli rinfacciò una serie di cose. Silla gli rispose chiedendogli se avrebbe avuto il coraggio di dirgli quelle cose quando era al vertice della cosa pubblica. Solo che Silla era ancora vivo. Viceversa, dobbiamo assistere al triste spettacolo di
antifascisti che si scagliano contro i saluti romani soltanto perché vedono quelle mani disarmate. Ché se invece brandissero un manganello, se la farebbero sotto. O al massimo prenderebbero a calci qualche bara.