L'America viene considerata il luogo dove regnano libertà e democrazia. Su questo punto, non tutti sono d'accordo ma, per quanto gli antiamericani trovino parecchie maniglie per fare propaganda, la questione è, ovviamente, molto più complessa.
Andiamo al nocciolo del problema: l'America ha grossi problemi e questi dipendono dall'emersione di un mondo ormai multipolare dove non hanno più spazi vitali di penetrazione. In Ucraina, gli americani stanno giocando una partita a scacchi pericolosissima - per giunta contro un abilissimo scacchista come Putin - nella quale, se sbagliano anche solo una mossa, rischiano concretamente la fine. In Africa, Russia e Cina stanno facendo passi da gigante, senza contare un nuovo attore geopolitico che tutti, colpevolmente, sottovalutano: l'India. In un mondo multipolare, gli americani non possono pensare che, se qualche gerarca di qualche colonia locale si ribella, si possano mandare aerei e marines come ai bei tempi. Perché quei gerarchi, oggi, hanno altre sponde ben interessate a sostituirsi ad un'America che appare sempre più in declino.
La premessa, in merito all'anticipazione della questione Trump, può sembrare non centrata e invece - che la si condivida o meno - è centratissima.
Il fatto che Trump sia stato escluso dalla corsa alle primarie in alcuni stati è il chiaro segnale di un autoritarismo che sta penetrando quella che un tempo era definita la patria delle libertà e della democrazia. Ma non è nulla di strano che non sia stato detto né in queste pagine né nelle altre dove prima scrivevo.
Il crescente autoritarismo americano si fonda su un dato molto semplice: quando una potenza geopolitica basa tutto il proprio benessere su un debito enormemente superiore al PIL - e si tenga conto che non stiamo calcolando il debito nascosto, assai più alto, frutto del meccanismo delle esenzioni fiscali - è inevitabile che mano mano che gli spazi per poter scaricare questo debito su altri paesi si fanno più ristretti, un paese sia costretto a ridurre quei diritti che garantivano quel benessere artificiale.
Non è dato capire quanto Trump sia la malattia, il sintomo o il rimedio. Il punto è che il vecchio Donald è la voce di un'America stanca di farsi carico dei problemi del mondo, di vedere le proprie aziende messe in crisi dalla concorrenza della Cina e dell'India, infastidita dai continui richiami che ogni giorno, su ogni cittadino, giungono dalla polizia del linguaggio, in sostanza di un'America che vuole liberarsi dal grumo di potere che tenta inutilmente di recuperare le posizioni perse, imponendo un socialismo misoneista e misantropico, ai propri alleati e anche a qualche avversario, per drenare fondi di altri paesi presso le proprie casse. Quindi non si può nemmeno dire che i Dem americani governino contro gli Stati Uniti. Il punto da capire è che la politica americana è divisa in due grandi partiti: quello Dem cerca di imporsi sul mondo e poi ci sono i repubblicani, di cui Trump rappresenta l'ala massimalista, convinti che ormai la partita per la conquista del mondo sia definitivamente persa e che sia il caso di togliere le tende.
Trump viene temuto proprio per questo. E' il Gorbaciov americano. Quello sovietico, disprezzato ben oltre i propri effettivi demeriti (pari quasi a zero) ad un certo punto mise in atto la perestrojka e la glasnost perché aveva capito che il modello sovietico era imploso, accartocciandosi sulle proprie contraddizioni.
Il Gorbaciov americano, viceversa, cerca solo di abbreviare un'agonia che i Dem invece vogliono prolungare nella speranza che avvenga un miracolo che riporti l'America in primo piano nel mondo.
Andiamo al nocciolo del problema: l'America ha grossi problemi e questi dipendono dall'emersione di un mondo ormai multipolare dove non hanno più spazi vitali di penetrazione. In Ucraina, gli americani stanno giocando una partita a scacchi pericolosissima - per giunta contro un abilissimo scacchista come Putin - nella quale, se sbagliano anche solo una mossa, rischiano concretamente la fine. In Africa, Russia e Cina stanno facendo passi da gigante, senza contare un nuovo attore geopolitico che tutti, colpevolmente, sottovalutano: l'India. In un mondo multipolare, gli americani non possono pensare che, se qualche gerarca di qualche colonia locale si ribella, si possano mandare aerei e marines come ai bei tempi. Perché quei gerarchi, oggi, hanno altre sponde ben interessate a sostituirsi ad un'America che appare sempre più in declino.
La premessa, in merito all'anticipazione della questione Trump, può sembrare non centrata e invece - che la si condivida o meno - è centratissima.
Il fatto che Trump sia stato escluso dalla corsa alle primarie in alcuni stati è il chiaro segnale di un autoritarismo che sta penetrando quella che un tempo era definita la patria delle libertà e della democrazia. Ma non è nulla di strano che non sia stato detto né in queste pagine né nelle altre dove prima scrivevo.
Il crescente autoritarismo americano si fonda su un dato molto semplice: quando una potenza geopolitica basa tutto il proprio benessere su un debito enormemente superiore al PIL - e si tenga conto che non stiamo calcolando il debito nascosto, assai più alto, frutto del meccanismo delle esenzioni fiscali - è inevitabile che mano mano che gli spazi per poter scaricare questo debito su altri paesi si fanno più ristretti, un paese sia costretto a ridurre quei diritti che garantivano quel benessere artificiale.
Non è dato capire quanto Trump sia la malattia, il sintomo o il rimedio. Il punto è che il vecchio Donald è la voce di un'America stanca di farsi carico dei problemi del mondo, di vedere le proprie aziende messe in crisi dalla concorrenza della Cina e dell'India, infastidita dai continui richiami che ogni giorno, su ogni cittadino, giungono dalla polizia del linguaggio, in sostanza di un'America che vuole liberarsi dal grumo di potere che tenta inutilmente di recuperare le posizioni perse, imponendo un socialismo misoneista e misantropico, ai propri alleati e anche a qualche avversario, per drenare fondi di altri paesi presso le proprie casse. Quindi non si può nemmeno dire che i Dem americani governino contro gli Stati Uniti. Il punto da capire è che la politica americana è divisa in due grandi partiti: quello Dem cerca di imporsi sul mondo e poi ci sono i repubblicani, di cui Trump rappresenta l'ala massimalista, convinti che ormai la partita per la conquista del mondo sia definitivamente persa e che sia il caso di togliere le tende.
Trump viene temuto proprio per questo. E' il Gorbaciov americano. Quello sovietico, disprezzato ben oltre i propri effettivi demeriti (pari quasi a zero) ad un certo punto mise in atto la perestrojka e la glasnost perché aveva capito che il modello sovietico era imploso, accartocciandosi sulle proprie contraddizioni.
Il Gorbaciov americano, viceversa, cerca solo di abbreviare un'agonia che i Dem invece vogliono prolungare nella speranza che avvenga un miracolo che riporti l'America in primo piano nel mondo.
Per cui, chi si preoccupa del crescente autoritarismo della classe dirigente americano fa benissimo, purché tenga presente che l'America non ha scelta. Perché gli Stati Uniti sono la versione occidentale di ciò che era l'URSS: un impero fondato su un'ideologia non sostenibile e che o gestisce la propria caduta come stanno facendo i Dem, oppure si balcanizza come accadrebbe con Trump. Il quale ha capito che il problema dell'America e in generale dell'Occidente è il deep state. E che proprio per questo viene visto, giustamente dal loro punto di vista, come un pericolo.