A Voltaire viene attribuita una citazione, probabilmente apocrifa, che recita più o meno così: "Per capire chi vi comanda, basta scoprire chi non vi è permesso criticare". Se non l'ha detta Voltaire, l'ha detta qualcuno che ha con ogni probabilità capito come stanno le cose. L'arguzia di questo aforisma si può anche ribaltare così: "Per capire chi è prossimo ad essere eliminato, basta scoprire chi vi è permesso di offendere e perseguitare senza pagarne le conseguenze". Oggi più che mai, "criticando" ebrei e musulmani - attraverso la satira oppure mettendo in discussione i capisaldi delle loro culture - si rischia di incorrere in pericolose conseguenze. E più che lamentarsene, non si può certo che lodare ed invidiare quelle forze che hanno permesso a tali culture di diventare praticamente intoccabili. Al contrario, i cristiani vengono quotidianamente offesi qui in Occidente e perseguitati nel mondo senza che nessuno - tra coloro che stigmatizzano, per esempio, l'antisemitismo - si scandalizzi. Il che significa che, se piove come tuona e se è azzeccato l'aforisma ribaltato, a breve assisteremo ad una forte ondata di persecuzioni contro i cristiani, a meno che non si convertano a scemenze come quella appena data in pasto alle stampe: una recita di Natale a cui qualche buontempone ha pensato di sostituire Gesù con Cucù, oppure il presepe con due Marie o due Giuseppi. Perché a parte chiedersi quale roba tagliata male sia giunta all'autore di questa scemenza e meravigliarsi di quanto persone di questo tipo non si rendano conto che tutta la cultura occidentale si fonda su Cristo, non si può non chiedersi perché oggi sia facile imbrattare la sua figura senza che nessuno reagisca.
Per tornare a Voltaire o a chiunque abbia sfornato quell'aforisma, la Chiesa è palesemente sotto attacco. E questo va ben oltre le blasfemie dottrinali - che sicuramente sconcertano ma sono soltanto l'ennesimo anello di una catena che ha avuto inizio col Concilio Vaticano II - fino ad arrivare ad un papa, Jorge Mario Bergoglio, la cui funzione è unicamente di smembrare l'enorme patrimonio immobiliare della Chiesa e di svuotare le casse dello IOR, con conseguenze ovvie. Da anni, le scuole religiose sono in netto calo. Per esempio, il liceo gesuita dove mi sono diplomato, non è più religioso, è stato venduto ai laici, con i preti che conservano soltanto la proprietà dell'immobile. In generale, tutte le istituzioni religiose sono in crisi e dunque le civiltà occidentali sono attraversate da un forte sentimento di ideologico anticristianesimo, con le istituzioni politiche che confondono la laicità con l'ateismo di stato. In queste condizioni, come si può pensare diffondere la parola di Gesù?
I risultati si vedono proprio in questi tempi dove, in pieno delirio positivistico e scientistico, chiunque si proclamasse credente verrebbe visto nella migliore delle ipotesi come un individuo da compatire e nella peggiore come un malato di mente. Il cristiano, privato di una Chiesa un tempo fortissima, capace di rovesciare interi imperi ed oggi al servizio dei suoi nemici, sembra rassegnato ad un cupio dissolvi e ad un ineludibile martirio, la cui speranza di discontinuità risiede unicamente nella prospettiva di una Resurrezione. Al punto che se qualcuno gli dicesse che "bisogna dotare la Chiesa di un apparato militare che le consenta di reagire a coloro che vorrebbero distruggerla" verrebbe quasi visto come un blasfemo. Ma è proprio questo misto tra complessi di colpa relativi alla storia passata e passività nei confronti dei tempi odierni che, se non combattuto, distruggerà la Chiesa. Confrontandosi con un ebreo e con un musulmano - piacciano o non piacciano - ci si rende conto della differenza di marzialità - del resto insita in tutti i loro testi religiosi - con cui difendono il proprio credo. Non che queste culture non prevedano una trascendenza - come qualsiasi confessione religiosa abramitica - ma si occupano anche delle questioni pratiche di vita terrena. E non deve essere un caso se rabbini ed imam, prima ancora che essere guide religiose, spesso si occupino anche di dirimere controversie, di risolvere problemi di vita pratica dei loro fedeli, mostrando di non dimenticare che prima di arrivare alla dimensione dell'Olam Ha-ba e delle settantadue vergini, c'è la dimensione terrena, nella quale ci si deve occupare dei fedeli.
Quando a Stalin riferirono alcune critiche di Pio XII, il dittatore sovietico rispose "Quante divisioni ha il Papa?" e, alla sua morte, Pio XII commentò "Ora potrà vedere quante divisioni abbiamo lassù". L'errore di fondo di quella battuta è che, se le contingenze geopolitiche non lo avessero impedito, Stalin avrebbe mandato le sue divisioni a Roma che avrebbero distrutto tutte le chiese, bruciato tutti i testi sacri e probabilmente oggi non saremmo nemmeno sicuri che sia esistito un falegname in Palestina. Anche gli ebrei un giorno capirono che avrebbero dovuto costituirsi in uno stato superarmato per poter sopravvivere ai loro nemici. Se questa convinzione non si farà strada nella testa dei cristiani, se il cristiano non si riappropria del proprio orgoglio, dell'enorme valore del messaggio di Cristo, ho paura che la Chiesa avrà vita breve.
Per tornare a Voltaire o a chiunque abbia sfornato quell'aforisma, la Chiesa è palesemente sotto attacco. E questo va ben oltre le blasfemie dottrinali - che sicuramente sconcertano ma sono soltanto l'ennesimo anello di una catena che ha avuto inizio col Concilio Vaticano II - fino ad arrivare ad un papa, Jorge Mario Bergoglio, la cui funzione è unicamente di smembrare l'enorme patrimonio immobiliare della Chiesa e di svuotare le casse dello IOR, con conseguenze ovvie. Da anni, le scuole religiose sono in netto calo. Per esempio, il liceo gesuita dove mi sono diplomato, non è più religioso, è stato venduto ai laici, con i preti che conservano soltanto la proprietà dell'immobile. In generale, tutte le istituzioni religiose sono in crisi e dunque le civiltà occidentali sono attraversate da un forte sentimento di ideologico anticristianesimo, con le istituzioni politiche che confondono la laicità con l'ateismo di stato. In queste condizioni, come si può pensare diffondere la parola di Gesù?
I risultati si vedono proprio in questi tempi dove, in pieno delirio positivistico e scientistico, chiunque si proclamasse credente verrebbe visto nella migliore delle ipotesi come un individuo da compatire e nella peggiore come un malato di mente. Il cristiano, privato di una Chiesa un tempo fortissima, capace di rovesciare interi imperi ed oggi al servizio dei suoi nemici, sembra rassegnato ad un cupio dissolvi e ad un ineludibile martirio, la cui speranza di discontinuità risiede unicamente nella prospettiva di una Resurrezione. Al punto che se qualcuno gli dicesse che "bisogna dotare la Chiesa di un apparato militare che le consenta di reagire a coloro che vorrebbero distruggerla" verrebbe quasi visto come un blasfemo. Ma è proprio questo misto tra complessi di colpa relativi alla storia passata e passività nei confronti dei tempi odierni che, se non combattuto, distruggerà la Chiesa. Confrontandosi con un ebreo e con un musulmano - piacciano o non piacciano - ci si rende conto della differenza di marzialità - del resto insita in tutti i loro testi religiosi - con cui difendono il proprio credo. Non che queste culture non prevedano una trascendenza - come qualsiasi confessione religiosa abramitica - ma si occupano anche delle questioni pratiche di vita terrena. E non deve essere un caso se rabbini ed imam, prima ancora che essere guide religiose, spesso si occupino anche di dirimere controversie, di risolvere problemi di vita pratica dei loro fedeli, mostrando di non dimenticare che prima di arrivare alla dimensione dell'Olam Ha-ba e delle settantadue vergini, c'è la dimensione terrena, nella quale ci si deve occupare dei fedeli.
Quando a Stalin riferirono alcune critiche di Pio XII, il dittatore sovietico rispose "Quante divisioni ha il Papa?" e, alla sua morte, Pio XII commentò "Ora potrà vedere quante divisioni abbiamo lassù". L'errore di fondo di quella battuta è che, se le contingenze geopolitiche non lo avessero impedito, Stalin avrebbe mandato le sue divisioni a Roma che avrebbero distrutto tutte le chiese, bruciato tutti i testi sacri e probabilmente oggi non saremmo nemmeno sicuri che sia esistito un falegname in Palestina. Anche gli ebrei un giorno capirono che avrebbero dovuto costituirsi in uno stato superarmato per poter sopravvivere ai loro nemici. Se questa convinzione non si farà strada nella testa dei cristiani, se il cristiano non si riappropria del proprio orgoglio, dell'enorme valore del messaggio di Cristo, ho paura che la Chiesa avrà vita breve.
Fino al giorno in cui qualcuno dirà "Cucù, Cristo non c'è più".