Quasi ogni giorno, da vent'anni, dico la mia su varie cose su spazi aperti ai commenti e nei quali, salvo gli insolenti che banno rapidamente e senza il minimo ritegno, non ho alcun problema a discutere le mie opinioni, ma anzi cerco continuamente avversari dialettici purché uniti a me dalla stessa educazione. La stessa Mara Pitrone, di cui vi ho parlato qualche giorno fa, era una ex-comunista ed ex-militante del PD, e questo non ci ha impedito di stringere un legame molto profondo, nel quale discutevamo di tutto ma sempre rispettandoci.
Fin qui parrebbe la celebrazione di una persona non assertiva, che non ha certezze. E invece è esattamente l'opposto. Il mio pensiero, di modesta o eccelsa qualità che sia, ha la caratteristica (per alcuni positiva, per altri negativa) di essere praticamente sempre lo stesso sin dal 2003. Sono così convinto e sicuro della bontà e della veridicità delle mie tesi che non ho alcun problema se qualcuno cerca di discuterle. Se qualcosa che scrivo si rivela errata, chi mi corregge mi fa un gran favore evitandomi figuracce. Viceversa, per quale motivo dovrei preoccuparmi o casomai adirarmi se qualcuno ha un'opinione diversa dalla mia? Chi non ha velleità da guru non vede mai come un affronto qualcuno che gli dica "non sono d'accordo con te".
Queste sembrerebbero normali regole di convivenza civile, e invece oggi la classe dirigente al potere sostiene, neanche tanto sottilmente, che bisognerebbe limitare la libertà di parola, sottoponendola ad esami, a patenti, proponendo revisioni di tesi storiche. Pare, tanto per citare en passant una notizia, che stia per uscire un film dove la madre di Gesù viene dipinta come un'icona del femminismo, e se consideriamo che questo è soltanto uno dei deliri che viene dal totalitarismo liberal, si capisce perfettamente che il rischio principale che si corra è quello di finire dritti dritti in un regime totalitario dove chiunque dissenta, viene messo all'indice. C'è solo un piccolo problema: quanto può definirsi forte un sistema che ha una paura così psicotica di ogni opinione avversa o di qualsiasi sistema di pensiero che metta in discussione l'ideologia dominante?
Quando leggo, per esempio, che si è cercato di cambiare nome alla famosa località di montagna, Cervinia, con la motivazione che è un nome di derivazione fascista, tutto quel che emerge è una paura fottuta, da parte delle classi dirigenti, della forte fascinazione che ancora oggi l'ideologia nazionalsocialista, a quasi ottant'anni dalla sua sconfitta storica, esercita su molta gente.
Personalmente, il fascismo non ha mai esercitato alcuna tentazione su di me. Certamente ho ammirato la parabola umana di alcuni protagonisti di quel tempo come Mussolini, Gentile, Balbo. Ma non sono mai stato fascista neanche per un secondo della mia esistenza. Tutto nel mio sistema di pensiero mi divide da un sistema di pensiero che fu centralista, statalista e corporativista, mentre io sono federalista, liberale e contro ogni corporazione. Posso, dunque, definirmi non fascista senza guardare in cagnesco né l'ideologia fascista - che è alla base dell'impianto ideologico delle moderne socialdemocrazie - né i meriti storici e culturali che pure il fascismo ha avuto, né tantomeno le persone a me care che si definiscono tali. Chi mi dice orgogliosamente "sono fascista", non fa un affronto alla mia persona, perché sono così sicuro della bontà delle mie tesi che posso accettare, senza il minimo problema, che qualcuno, per le più svariate ragioni, simpatizzi per il fascismo o per il neofascismo. Una persona a me molto vicina per molto tempo ha fatto parte di Forza Nuova. Per me ha sbagliato a puntare su quel cavallo, perché è palese l'irrilevanza delle destre radicali, essendo una persona dal carattere molto forte. E tuttavia, ha voluto bere l'amaro calice, ci si è rotta il naso, ha visto il partito, nel quale aveva creduto, tradito da gente che si è venduta per un piatto di lenticchie, poi ha capito e alla fine ha deciso di fare politica con un altro partito. Ma non ho mai sbattuto in faccia a questa persona la mia contrarietà al suo percorso politico, anche perché proprio il pensiero liberale ci ricorda che ognuno risponde a se stesso di ciò che dice e che fa. Puntare sul neofascismo non significa affatto essere delinquenti. Il 90% dei neofascisti semplicemente sono persone perbene e tuttavia così nauseate dalla realtà da illudersi che ritorni un Mussolini 2.0 che non faccia gli errori dell'originale. Semplicemente, oggi, essere neofascisti significa puntare su un cavallo brocco. E non è il cipiglio severo d'ordinanza dell'ANPI a ricondurre alla ragione chi vi punta, ma la grigia realtà, sorda a qualsiasi suggestione passatista.
Chi invece censura le opinioni altrui vuol dire che le teme. Anche per questo, l'asserzione che il fascismo "ha fatto anche cose buone", di solito provoca reazioni scomposte. Perché effettivamente - come è ovvio che sia, dato che il fascismo ha governato per un ventennio - il fascismo ha fatto anche cose buone. Ha fondato città, ha bonificato (non nel migliore dei modi, per la verità, ma intanto l'ha fatto) intere aree territoriali, ha costruito case, quartieri, ha creato il concetto di socialismo moderato, contrapposto a quello fanatico del socialismo reale, e dunque gettando le basi per una sinistra moderata, autenticamente socialista, tanto che, secondo alcuni, Craxi era il vero erede di Mussolini. Dopodiché è successo che sia il Duce che Hitler non si sono giocati bene certe carte e hanno perso. E questo dovrebbe essere sufficiente per non auspicare un ritorno di quelle esperienze storiche, senza baggianate come cambiare il nome delle città o perseguitare chiunque non reciti quotidianamente il rosario dell'antifascismo militante. Perché se si vuole cancellare la storia e le opinioni, significa che quella storia e quelle opinioni fanno ancora paura a chi vuole soffocarle. E questo è il miglior modo di dichiarare debole l'attuale sistema di valori.
La persona razionale, invece, guarda il fascismo per quel che è: un fenomeno umano che ha avuto un inizio, una crescita, un declino e ha avuto anche una fine. Nel 2023, dopo che dei protagonisti di quell'era storica non ne è rimasto uno vivo e dopo che i balilla di ieri sono i centenari di oggi, discutere di Mussolini dovrebbe essere come discutere di Giulio Cesare o di Ottaviano, di Carlo V o di Carlo Magno. Hanno inventato cose e fatto altre cose, alcune rimangono ed altre no.
Fin qui parrebbe la celebrazione di una persona non assertiva, che non ha certezze. E invece è esattamente l'opposto. Il mio pensiero, di modesta o eccelsa qualità che sia, ha la caratteristica (per alcuni positiva, per altri negativa) di essere praticamente sempre lo stesso sin dal 2003. Sono così convinto e sicuro della bontà e della veridicità delle mie tesi che non ho alcun problema se qualcuno cerca di discuterle. Se qualcosa che scrivo si rivela errata, chi mi corregge mi fa un gran favore evitandomi figuracce. Viceversa, per quale motivo dovrei preoccuparmi o casomai adirarmi se qualcuno ha un'opinione diversa dalla mia? Chi non ha velleità da guru non vede mai come un affronto qualcuno che gli dica "non sono d'accordo con te".
Queste sembrerebbero normali regole di convivenza civile, e invece oggi la classe dirigente al potere sostiene, neanche tanto sottilmente, che bisognerebbe limitare la libertà di parola, sottoponendola ad esami, a patenti, proponendo revisioni di tesi storiche. Pare, tanto per citare en passant una notizia, che stia per uscire un film dove la madre di Gesù viene dipinta come un'icona del femminismo, e se consideriamo che questo è soltanto uno dei deliri che viene dal totalitarismo liberal, si capisce perfettamente che il rischio principale che si corra è quello di finire dritti dritti in un regime totalitario dove chiunque dissenta, viene messo all'indice. C'è solo un piccolo problema: quanto può definirsi forte un sistema che ha una paura così psicotica di ogni opinione avversa o di qualsiasi sistema di pensiero che metta in discussione l'ideologia dominante?
Quando leggo, per esempio, che si è cercato di cambiare nome alla famosa località di montagna, Cervinia, con la motivazione che è un nome di derivazione fascista, tutto quel che emerge è una paura fottuta, da parte delle classi dirigenti, della forte fascinazione che ancora oggi l'ideologia nazionalsocialista, a quasi ottant'anni dalla sua sconfitta storica, esercita su molta gente.
Personalmente, il fascismo non ha mai esercitato alcuna tentazione su di me. Certamente ho ammirato la parabola umana di alcuni protagonisti di quel tempo come Mussolini, Gentile, Balbo. Ma non sono mai stato fascista neanche per un secondo della mia esistenza. Tutto nel mio sistema di pensiero mi divide da un sistema di pensiero che fu centralista, statalista e corporativista, mentre io sono federalista, liberale e contro ogni corporazione. Posso, dunque, definirmi non fascista senza guardare in cagnesco né l'ideologia fascista - che è alla base dell'impianto ideologico delle moderne socialdemocrazie - né i meriti storici e culturali che pure il fascismo ha avuto, né tantomeno le persone a me care che si definiscono tali. Chi mi dice orgogliosamente "sono fascista", non fa un affronto alla mia persona, perché sono così sicuro della bontà delle mie tesi che posso accettare, senza il minimo problema, che qualcuno, per le più svariate ragioni, simpatizzi per il fascismo o per il neofascismo. Una persona a me molto vicina per molto tempo ha fatto parte di Forza Nuova. Per me ha sbagliato a puntare su quel cavallo, perché è palese l'irrilevanza delle destre radicali, essendo una persona dal carattere molto forte. E tuttavia, ha voluto bere l'amaro calice, ci si è rotta il naso, ha visto il partito, nel quale aveva creduto, tradito da gente che si è venduta per un piatto di lenticchie, poi ha capito e alla fine ha deciso di fare politica con un altro partito. Ma non ho mai sbattuto in faccia a questa persona la mia contrarietà al suo percorso politico, anche perché proprio il pensiero liberale ci ricorda che ognuno risponde a se stesso di ciò che dice e che fa. Puntare sul neofascismo non significa affatto essere delinquenti. Il 90% dei neofascisti semplicemente sono persone perbene e tuttavia così nauseate dalla realtà da illudersi che ritorni un Mussolini 2.0 che non faccia gli errori dell'originale. Semplicemente, oggi, essere neofascisti significa puntare su un cavallo brocco. E non è il cipiglio severo d'ordinanza dell'ANPI a ricondurre alla ragione chi vi punta, ma la grigia realtà, sorda a qualsiasi suggestione passatista.
Chi invece censura le opinioni altrui vuol dire che le teme. Anche per questo, l'asserzione che il fascismo "ha fatto anche cose buone", di solito provoca reazioni scomposte. Perché effettivamente - come è ovvio che sia, dato che il fascismo ha governato per un ventennio - il fascismo ha fatto anche cose buone. Ha fondato città, ha bonificato (non nel migliore dei modi, per la verità, ma intanto l'ha fatto) intere aree territoriali, ha costruito case, quartieri, ha creato il concetto di socialismo moderato, contrapposto a quello fanatico del socialismo reale, e dunque gettando le basi per una sinistra moderata, autenticamente socialista, tanto che, secondo alcuni, Craxi era il vero erede di Mussolini. Dopodiché è successo che sia il Duce che Hitler non si sono giocati bene certe carte e hanno perso. E questo dovrebbe essere sufficiente per non auspicare un ritorno di quelle esperienze storiche, senza baggianate come cambiare il nome delle città o perseguitare chiunque non reciti quotidianamente il rosario dell'antifascismo militante. Perché se si vuole cancellare la storia e le opinioni, significa che quella storia e quelle opinioni fanno ancora paura a chi vuole soffocarle. E questo è il miglior modo di dichiarare debole l'attuale sistema di valori.
Forse è proprio questo il punto: il fascismo fa ancora paura perché gli antifascisti non hanno saputo fare di meglio, perché ad ottant'anni dalla fine di quel periodo storico, gli italiani stanno lentamente franando, col meccanismo della rana nell'ebollitore, nella povertà, nell'irrilevanza politica. E se questo sentimento è crescente, solo uno sciocco pensa di fermarlo mettendo il bavaglio alla storia e alla democrazia. Al limite, forse,
l'Italia stessa dovrebbe porsi la domanda se chiamarsi differentemente, che ne so, Banania, Coglionia, o per un cambio poco traumatico Idiotia, perché ormai siamo a livelli di psicosi simili a quello di Caligola che volle fare senatore il suo cavallo.La persona razionale, invece, guarda il fascismo per quel che è: un fenomeno umano che ha avuto un inizio, una crescita, un declino e ha avuto anche una fine. Nel 2023, dopo che dei protagonisti di quell'era storica non ne è rimasto uno vivo e dopo che i balilla di ieri sono i centenari di oggi, discutere di Mussolini dovrebbe essere come discutere di Giulio Cesare o di Ottaviano, di Carlo V o di Carlo Magno. Hanno inventato cose e fatto altre cose, alcune rimangono ed altre no.
E farebbe comodo a tutti guardare avanti.