Tempo fa mi venne l'idea di intervistare un camorrista che conosco molto bene. La cosa può legittimamente far inorridire ma va spiegata. Tanto per cominciare, non ho rapporti - diciamo, come dire - lavorativi con questa persona, semplicemente ho usufruito per diversi anni di un servizio legale che mi offriva e nel quale probabilmente riciclava i suoi introiti, e avendo, in un certo senso, conquistato la sua simpatia (una volta o l'altra vorrò capire perché i delinquenti stravedono per me) ha sentito di farmi alcune confidenze. E poi, il camorrista in questione è una persona molto gentile, come tutti i delinquenti di un certo livello, infatti quando gliel'ho chiesto, ha sorprendentemente accettato, ovviamente previo determinate garanzie di anonimato (suo e anche mio, visto che qualcuno, dalle risposte, potrebbe capire chi è)
L'intervista, negli intenti, dovrebbe raccogliere tutte le confidenze che in più di vent'anni che ci conosciamo mi ha fatto. E la domanda è: ma perché con tutti quelli che potresti intervistare e che pure fanno parte della tua lista di contatti (poliziotti, magistrati, avvocati, attivisti) vai ad intervistare proprio un delinquente? Risposta scontata: un delinquente conosce la criminalità organizzata più di quanto possa conoscerla un magistrato o un poliziotto, fosse anche la persona più esperta e competente.

Questo è il meccanismo che mi ha sempre portato a leggere avidamente Henry Kissinger, scomparso ieri non prima di aver completato, qualche mese fa, un secolo intero di vita. Sia detto al passaggio, se già a volte ho dubbi ad applicare criteri morali ai delinquenti (e dire che io la camorra l'ho subita personalmente) figuriamoci se possa accettare di applicarli alle regole della geopolitica internazionale dove, per definizione, non ci sono delinquenti nel senso etimologico del termine, perché sebbene esista un Diritto Internazionale, esso ovviamente manca del prerequisito fondamentale di qualsiasi organo giudiziario: un esercito che non sia espressione di alcun paese e che intervenga, alla bisogna, anche per bacchettare i più forti. Il risultato è che la geopolitica è una grande Gomorra dove tutti ammazzano tutti e dove provare sdegno per Genny Savastano, che fa ammazzare il padre e che uccide una donna incinta che solo pochi mesi prima aveva accompagnato all'altare, ha un senso soltanto se poi non si simpatizza per Ciro l'Immortale o per Sangue Blu.
Henry Kissinger, quindi, chi è stato? Un politico di alto livello e un signore che capiva di geopolitica esattamente come il camorrista che voglio intervistare, per definizione, capisce di camorra. Entrambe le figure sono odiate da chi guarda i fatti della storia e della società con gli occhiali rosa del moralismo. Ed è ovvio che quando un signore come Kissinger minaccia di morte Aldo Moro - e quello, guarda caso, poco tempo dopo viene ucciso dopo un sequestro di due mesi i cui contorni suscitano ancora oggi, dopo quasi cinquant'anni, molti dubbi - non si possa pensare che sia un giglio di campo. Ma a quel punto la questione è una: si vuole fare una lezione di morale o si vogliono capire le cose?
Se si vogliono capire le cose, il primo prerequisito è mettere da parte il moralismo. Il mondo non è fatto di persone che la pensano tutte allo stesso modo. Se anche gli Stati Uniti fossero davvero i portatori del Bene, della Democrazia e della Felicità - e sinceramente, non me ne vogliano i filoamericani, ho molti dubbi al riguardo - bisogna anche avere l'accortezza di considerare che ci sono altri posti nel mondo dove i nostri diritti sono i loro reati e viceversa. E nel grande ginepraio che è la politica internazionale, Kissinger è stato certamente un criminale di altissimo valore, e certamente aveva ragione Oriana Fallaci quando lo definiva gelido e con lo sguardo di ghiaccio. Ma il punto è: tu vuoi capire le cose o vuoi farti fare le carezze da un politico sorridente ma completamente fatuo? E Kissinger che era certo un anaffettivo burattinaio delle vicende geopolitiche, era, nel contempo, un pozzo di scienza politica come nessun altro. Ogni sua intervista per me valeva cento ore di corsi di scienze politiche. Ogni sua dichiarazione smontava tutta la retorica con cui la sinistra internazionale ammorba il mondo. Ogni suo saggio era un compendio di realismo politico e, se si vuole, persino di "cinismo", per usare una parola gradita ai moralisti. Certo, cattivo era cattivo, ma come tutti i politici che arrivano ad altissimi livelli, compreso quel Putin, angelo vendicatore idolo degli stessi che oggi dicono di Kissinger che "è morto un cattivo", come se Putin possa permettersi di essere un buono.
Come politico in senso stretto, dunque non confortato dalle calde stanze piene di libri che la gloria riserva ai grandi vecchi della politica, Kissinger ha avuto il grande merito di fare da chioccia di quel grandissimo presidente, diffamato in vita e rimpianto in morte, che fu Nixon. Anche quest'ultimo, una sorta di Trump ante litteram (soltanto, meno simpatico e meno ricco) era odiatissimo dai salotti buoni della cultura internazionale - che di politica come di tutto il resto non hanno mai capito una sverza di niente - e anche quest'ultimo, proprio come Trump, ebbe enormi meriti storici che sarebbero stati riconosciuti soltanto poi. E soprattutto, anche quest'ultimo scrisse dei buonissimi libri, odiatissimi in quella patria del puritanesimo internazionale che è l'America, ma che rappresentano i capisaldi di chiunque voglia capire qualcosa degli accadimenti del mondo.

In sintesi, quando ci si approccia a gente come Kissinger, Nixon, Putin o anche come un delinquente comune, bisogna sempre capire quale punto di vista analizzare. Se si vuole la lezioncina morale, col dito puntato, che ci dice che "no, questo non si fa, altrimenti si è brutti e cattivi e gne gne gne", vanno benissimo gli imbrattacarte da quattro soldi che oggi ammorbano il dibattito pubblico con tonnellate di moralismo. Vanno benissimo i politici in stile Obama, Veltroni, Biden - i quali ovviamente poi nella prassi politica privata, sconosciuta al grande pubblico, sono cattivissimi perché "non conosco nessun moralista che non sia anche un furfante" per dirla con Renan. Se, invece, si vuole capire come stanno davvero le cose, il vero giornalista e scrittore di razza va ad acchiappare direttamente quelli che la storia, quella della geopolitica ma anche, mutatis mutandis, quella dei quartieri di Napoli, la fanno da protagonisti. Anche se hanno brutti ceffi che a guardarli verrebbe voglia di mettere mano alla fondina.
Per tutto il resto, ci sono i cinegiornali postmoderni travestiti da TV.

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Avevo studiato a Milano e a Dublino, col mio primo marito avevo abitato a:Londra, Parigi, NY, col mio lavoro avevo già girato l'EU e stavo per accettare un incarico in un paese nordafricano. Non me la sto "tirando" ma é una premessa per dire che, con mio padre, patito solo di 2 cose: medicina e politica, discutevo spesso, forte delle mie esperienze fuori Italia, tacciandolo di incompetenza e provincialismo in quanto vivente in un paese di montagna senza tali esperienze. Nel 1980 mi regalò un tomo di 1114 pagine con appunti storici e dettagli geografici, dicendomi: " Te ghe girà un pocheto el mondo. Desso lesi chi tuto el mondo lo gha fato, lo fa e lo farà girare" - Traduco: " Hai girato un pò il mondo. Adesso leggi chi tutto il mondo lo ha fatto, lo fa e lo farà girare".- GLI ANNI DELLA CASA BIANCA - Henry Kissinger
 

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Franco Marino
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