Alla scuola io debbo un ringraziamento speciale per avermi vaccinato contro una serie di cose che di lì in poi avrei evitato come la peste: la nostalgia e le comitive. Sulle comitive la penso come gli inglesi: "due" è compagnia, "tre" è una folla. In me, sin dalla nascita, è presente una divaricazione tra gli intensissimi rapporti di amicizia che sono riuscito a costruire con amici che non si conoscono tra loro, e gli attacchi di drapetomania (cioè l'istinto di darmela a gambe) che si verificano tutte le volte che capito in un branco. E quanto alla nostalgia posso vantarmi di aver coniato un aforisma un po' icastico e prosaico ma secondo me efficace e di successo che se fossi Groucho Marx o Woody Allen sarebbe tra i più citati: "Nostalgia è l'illusione che la merda dopo vent'anni diventi cioccolato: di solito passa dopo il primo riassaggio". Infatti, ricordo il periodo della scuola come il più brutto della mia vita. Non perché andassi male, tutt'altro, ma perché mi dovevo confrontare con ambienti tossici, frequentati da gente che raramente aveva davvero la passione dell'insegnamento ed erano, piuttosto, burocrati il cui unico scopo era prendere lo stipendio e magari arrotondarlo con qualche lezione privata. Del resto questi dipendenti statali se poco poco avessero avuto qualche tentazione di trasformarsi nel Professor Keating de l'attimo Fuggente, l'avrebbero vista rapidamente brutalizzata dall'orgogliosa idiozia di ragazzini semideficienti il cui unico scopo era raggiungere la sufficienza, perché questo erano i miei compagni, sia detto con franchezza. E dire che io frequentavo il liceo classico più prestigioso di Napoli, di certo non una scuoletta della cinta daziaria.
Non rimpiango assolutamente nulla di quei periodi né tantomeno i miei compagni di scuola.
Potete ben capire come, ricordando quanto sopra, possa essere terrorizzato dalla prospettiva che lo Stato possa decidere come dobbiamo comportarci con la fidanzatina. Nondimeno, non ne sono stupito. La convinzione dell'uomo comune, salvo quando deve pagare le tasse, è che lo Stato sia una sorta di mamma benevola e affettuosa, interessata al benessere dei propri figli. Quando è, invece, l'esatto contrario. Lo Stato è interessato soltanto a salvaguardare se stesso. Tutto ciò che ci viene insegnato nei libri di testo o sotto forma di predicozzi di educazione civica - sessuale e sentimentale - non è mirato al benessere dell'individuo ma ad una fantomatica collettività.
A questa missione, il Leviatano consacra tutta la propria essenza, castrando la libertà individuale dei singoli, i quali vengono, sin dalla tenera età, portati a credere in cose che non stanno né in cielo né in terra. A mia figlia, in soli tre anni di scuola elementare, finora è stato detto che il vaccino contro il covid è sicuro, che in Ucraina Putin è il cattivo della situazione e che mangiare gli insetti fa bene. E dal momento che - degna figlia di suo padre - non ne vuole sapere di conformarsi al pensiero unico, abbiamo già ricevuto lamentele dai dirigenti scolastici. Troppo libero pensiero fa male alla salute, sentenziano i maestri. Ma non è nulla che non fosse presente anche quando ero ragazzo io, ché anzi, proprio negli anni del liceo, venivamo rincoglioniti di propaganda in favore di quell'Euro che sarebbe giunto ad alluvionare la nostra vita.
Da sempre lo Stato ha la tentazione di trasformarsi in una mamma affettuosa e benevola, con una semplicissima differenza: mentre una mamma accudisce i figli per il loro bene, Mamma Stato li usa per i propri scopi. Un cittadino, specie quando si ritrova orfano, cade nella tentazione di pensare che lo Stato sia un genitore benevolo e affettuoso, ma questa è una solenne scemenza. Perché lo scopo dello Stato è unicamente di assicurare la propria sopravvivenza. E se arriva una guerra, non esita a mandare a morte i propri "figli".
E la scuola non è ad immagine e somiglianza dell'io della società, ma del suo super-io. Non di come essa è, ma di come essa vorrebbe essere o, peggio, di come vorrebbe dare a bere di essere. Dunque tutto è in chiave di ideali, di amore della cultura, di onestà, di solidarietà, di generosità, perfino. Così essa è buonista, benedicente, giulebbosa e suona falsa da un capo all’altro. Un professore di storia di un'altra sezione ai suoi alunni che "scioperavano" rispondeva crudamente: "Mi avete risparmiato un giorno di lavoro e lo Stato mi ha pagato lo stesso". E i ragazzi si stupivano di incontrare la piana verità, quella che si cerca di tenere lontana dal sacro nome di "scuola" e dalla sua protesica retorica.
Del resto, la scuola è un'istituzione costosa e dunque inevitabilmente al servizio di chi la mantiene economicamente. Le scuole religiose di un tempo imponevano la storia e il latino, ma anche la frequenza alla messa e lo studio della religione. Parimenti, la scuola laica non è neutrale: insegna e impone la mentalità corrente, con le sue idolatrie e i suoi conformismi. Il pensiero libero nelle aule annaspa, quando non soffoca. Ma forse a ciò non c’è rimedio. La società può soltanto scegliere quale moloch adorare, perché il pensiero libero non si insegna. Forse è Nietzsche che ha scritto: "Se vuoi seguirmi, seguiti". E chissà quanti capirebbero cosa volesse dire quel portentoso filosofo.
Anche per questo mi spaventa l'idea di uno Stato che intervenga nell'educazione dei figli. A parte la prospettiva che mia figlia possa inalare la stessa tossicità da me respirata - che sarebbe sufficiente a farmi espatriare, portandola via con me - non capisco cosa possa insegnare di utile, in tema di sentimenti, la scuola: che non dobbiamo ammazzare chi ci lascia? Calcolando che i delitti passionali non superano i 100 all'anno su una popolazione di sessanta milioni di persone, pare che sia un insegnamento che gli italiani hanno introiettato, senza bisogno di ritrovarsi la posta del cuore come materia aggiuntiva. E a parte questo, il compito della scuola non è educare ma istruire. Le materie studiate non sono altro che pretesti per offrire quell'istruzione base che poi lo studente affinerà strada facendo, scegliendo un mestiere. L'educazione spetta alle famiglie.
Non rimpiango assolutamente nulla di quei periodi né tantomeno i miei compagni di scuola.
Potete ben capire come, ricordando quanto sopra, possa essere terrorizzato dalla prospettiva che lo Stato possa decidere come dobbiamo comportarci con la fidanzatina. Nondimeno, non ne sono stupito. La convinzione dell'uomo comune, salvo quando deve pagare le tasse, è che lo Stato sia una sorta di mamma benevola e affettuosa, interessata al benessere dei propri figli. Quando è, invece, l'esatto contrario. Lo Stato è interessato soltanto a salvaguardare se stesso. Tutto ciò che ci viene insegnato nei libri di testo o sotto forma di predicozzi di educazione civica - sessuale e sentimentale - non è mirato al benessere dell'individuo ma ad una fantomatica collettività.
A questa missione, il Leviatano consacra tutta la propria essenza, castrando la libertà individuale dei singoli, i quali vengono, sin dalla tenera età, portati a credere in cose che non stanno né in cielo né in terra. A mia figlia, in soli tre anni di scuola elementare, finora è stato detto che il vaccino contro il covid è sicuro, che in Ucraina Putin è il cattivo della situazione e che mangiare gli insetti fa bene. E dal momento che - degna figlia di suo padre - non ne vuole sapere di conformarsi al pensiero unico, abbiamo già ricevuto lamentele dai dirigenti scolastici. Troppo libero pensiero fa male alla salute, sentenziano i maestri. Ma non è nulla che non fosse presente anche quando ero ragazzo io, ché anzi, proprio negli anni del liceo, venivamo rincoglioniti di propaganda in favore di quell'Euro che sarebbe giunto ad alluvionare la nostra vita.
Da sempre lo Stato ha la tentazione di trasformarsi in una mamma affettuosa e benevola, con una semplicissima differenza: mentre una mamma accudisce i figli per il loro bene, Mamma Stato li usa per i propri scopi. Un cittadino, specie quando si ritrova orfano, cade nella tentazione di pensare che lo Stato sia un genitore benevolo e affettuoso, ma questa è una solenne scemenza. Perché lo scopo dello Stato è unicamente di assicurare la propria sopravvivenza. E se arriva una guerra, non esita a mandare a morte i propri "figli".
E la scuola non è ad immagine e somiglianza dell'io della società, ma del suo super-io. Non di come essa è, ma di come essa vorrebbe essere o, peggio, di come vorrebbe dare a bere di essere. Dunque tutto è in chiave di ideali, di amore della cultura, di onestà, di solidarietà, di generosità, perfino. Così essa è buonista, benedicente, giulebbosa e suona falsa da un capo all’altro. Un professore di storia di un'altra sezione ai suoi alunni che "scioperavano" rispondeva crudamente: "Mi avete risparmiato un giorno di lavoro e lo Stato mi ha pagato lo stesso". E i ragazzi si stupivano di incontrare la piana verità, quella che si cerca di tenere lontana dal sacro nome di "scuola" e dalla sua protesica retorica.
Del resto, la scuola è un'istituzione costosa e dunque inevitabilmente al servizio di chi la mantiene economicamente. Le scuole religiose di un tempo imponevano la storia e il latino, ma anche la frequenza alla messa e lo studio della religione. Parimenti, la scuola laica non è neutrale: insegna e impone la mentalità corrente, con le sue idolatrie e i suoi conformismi. Il pensiero libero nelle aule annaspa, quando non soffoca. Ma forse a ciò non c’è rimedio. La società può soltanto scegliere quale moloch adorare, perché il pensiero libero non si insegna. Forse è Nietzsche che ha scritto: "Se vuoi seguirmi, seguiti". E chissà quanti capirebbero cosa volesse dire quel portentoso filosofo.
Anche per questo mi spaventa l'idea di uno Stato che intervenga nell'educazione dei figli. A parte la prospettiva che mia figlia possa inalare la stessa tossicità da me respirata - che sarebbe sufficiente a farmi espatriare, portandola via con me - non capisco cosa possa insegnare di utile, in tema di sentimenti, la scuola: che non dobbiamo ammazzare chi ci lascia? Calcolando che i delitti passionali non superano i 100 all'anno su una popolazione di sessanta milioni di persone, pare che sia un insegnamento che gli italiani hanno introiettato, senza bisogno di ritrovarsi la posta del cuore come materia aggiuntiva. E a parte questo, il compito della scuola non è educare ma istruire. Le materie studiate non sono altro che pretesti per offrire quell'istruzione base che poi lo studente affinerà strada facendo, scegliendo un mestiere. L'educazione spetta alle famiglie.
Lo Stato fa già tanti danni quando si occupa di altre cose. Ci lasci almeno in pace nelle nostre mura domestiche, nelle nostre camere da letto.