C’è un tema della geopolitica che il blogger indipendente da qualsiasi partito o think tank geopolitico, per quieto vivere, tende ad evitare: l’eterno conflitto israelopalestinese. Non tanto perché non sia giusto parlarne oppure difficile trarne delle conclusioni ma perché è uno dei tantissimi fronti su cui il mainstream ama dividere in buoni e cattivi, a seconda della propria visione del Bene e del Male. Il che è comprensibile da parte di un israeliano e di un palestinese. Molto meno dal punto di vista di chi con quei territori e quei popoli non ha alcun legame.
Questo vale per tutti i temi. Di fronte, per esempio, ad un quesito come "Ma secondo te tra America e Russia chi ha ragione?", la prima cosa da fare è riporre in un cestino mentale sia gli articoli della buonanima di Giulietto Chiesa che quelli di Paolo Guzzanti – filorusso e antiamericano il primo, filoamericano e antirusso il secondo – perché entrambi colpevoli dell'insopportabilità e della nocività di quel meccanismo che faceva dire al primo tutto il male possibile dell’America e al secondo tutto il male possibile della Russia, senza alcun sé e alcun ma.

Il medesimo meccanismo mi fa cestinare la quasi totalità di tutti gli articoli sul tema del conflitto israelopalestinese. Anche in questo frangente, mutatis mutandis, c’è il filoisraeliano per cui Israele ha sempre ragione e il filopalestinese per cui Israele è il male assoluto. Ci sono ebrei e musulmani, sionisti e antisionisti, israeliani e palestinesi, persone talvolta anche deliziosissime e amichevoli, che tuttavia quando si tocca l’argomento, facilmente scadono nel fanatismo, con conseguenti risse, fisiche e digitali, che producono un rumore di fondo la cui somma è zero assoluto. Ve ne rendete conto ascoltando un israeliano o un ebreo sionista che vi farà una lunga lista di motivi per cui Israele abbia maggiori prerequisiti per meritare una propria sovranità. Sfortunatamente anche un palestinese vi offrirebbe un lungo menù recante i motivi per cui Israele andrebbe distrutta. In entrambi i casi, leggerli e ascoltarli è una perdita di tempo. Difatti, anche il conflitto israelopalestinese viene sempre affrontato sulla base del principio “Dalla parte di chi stai? Chi ha ragione?”. Domande che non hanno il minimo senso. In primis perché è una vicenda che non ci riguarda personalmente. Si può certamente dolersi nel vedere morti dall’una e dall’altra parte, instabilità, tensioni, osservare quanto sia brutto che una bellissima terra con tutti i requisiti per essere rigogliosa e felice, sia viceversa insanguinata da oltre settant’anni da un conflitto tra due gruppi che non riescono a trovare un accordo. E si può anche sorridere delle motivazioni che animano ambedue le parti. Sorridere dei diritti divini che Israele pretenderebbe di imporre su quei territori o dei piagnistei di una Palestina che vuole un focolare che non è mai stato suo, come se uno pretendesse di riavere la campagna che il nonno vendette, soltanto perché è sempre stata della sua famiglia e che può riavere solo se la ricompra o se la riconquista con la forza. Ma in generale, in guerra, torti e ragioni non esistono. Esistono i rapporti di forza, esiste chi ha interesse a tenere vivo il conflitto in una determinata area. E se Israele e Palestina non fanno pace, è perché nessuno ha interesse ad approdarvi, indipendentemente da chi abbia ragione o torto, che è una cosa che non ha alcuna utilità. Io, per dire, se facessi questioni di principio, straccerei il trattato di Osimo e rivendicherei l'Istria, la Dalmazia e Fiume, letteralmente rubateci da alleati infedeli. Ma oggi l'Italia ha la forza per imporre questo tema? Le grandi potenze hanno interesse a far sì che questi territori tornano all'Italia? Se la risposta è no, è inutile porsi il problema. E dunque, analogamente, è sciocco anche chiedersi chi abbia ragione o torto, dato che questo conflitto – come ogni controversia più o meno armata – nasce proprio perché le parti non sono d’accordo nel riconoscere reciprocamente le proprie ragioni. E' dunque sciocco anche
fare il tifo per l’una o per l’altra parte. Che interesse abbiamo noi italiani in questa vicenda? Io non ne vedo nessuno. Può darsi che il lettore me ne suggerisca qualcuno e allora, in quel caso, mi vedrete bardato con la bandiera israeliana o con quella palestinese. Fino a quel momento, rivendico il diritto di fregarmene, semplicemente.

Tutto il resto non conta. A partire dalle presunte crudeltà di cui i due popoli si accusano reciprocamente. La persona di buonsenso sa benissimo che la crudeltà è una costante di tutte le guerre e che scandalizzarsene è da sciocchi, che la geopolitica è una grande gomorra internazionale, nella quale dunque è sciocco sposare le tesi dell'una o dell'altra parte, non perché queste rivendicazioni siano in linea di principio erronee ma perché inutili. Quale che sia la ragione che animi una pretesa territoriale, essa si concretizza solo quando un popolo è forte a sufficienza per controllarlo. Quando la Russia si è ripresa la Crimea, lo ha fatto perché era più forte dell’Ucraina. Che poi la Crimea fosse russofona, è vero ma non conta nulla. Il che risponde anche alla domanda: Quando si arriverà ad una pace duratura tra Israele e Palestina? Quando finirà la guerra tra Ucraina e Russia? Quando verranno meno gli interessi che impediranno una pace definitiva oppure una guerra finale che annienti l’uno o l’altro popolo.
Affrontare le questioni di geopolitica sulla base di ciò che sia giusto o sbagliato, è da bambini delle elementari. E' giusto rifare l'Impero Romano? Chiunque si proponesse una cosa del genere si cattiverebbe i peggiori sarcasmi. E tuttavia, se arriva un Giulio Cesare armato fino ai denti e in grado di sottomettere tutte le nazioni europee, riavremo l'Impero Romano e si ricomincerà a parlare latino. Proprio come accadeva ai tempi di Roma, quando i Romani sottomettevano intere nazioni, interi popoli, e dunque intere civiltà, in alcuni casi anche gloriose, venendo sottomesse da Roma, semplicemente sparivano. E questa era la vera pace.


Così alla domanda: “Dalla parte di chi sto?” l’unica risposta sensata sarebbe “Dalla parte del mio paese e dei miei interessi”. E dal momento che né i miei interessi né quelli del mio paese ne saranno - fino a prova contraria - minimamente toccati, comunque finisca la faccenda, non c’è nulla di male a rispondere “Chissenefrega”, esattamente come non fregherebbe nulla loro delle sorti dell’Italia. Ha senso interessarsi delle sorti personali e lavorative di un vicino di casa, solo in un caso: se quella è casa nostra e quel vicino dovesse pagarci l’affitto. O se quel vicino, rimasto senza soldi, per sopravvivere, cercasse di rapinare casa nostra. Poi se qualcuno mi convincerà - ma voglio dati e fatti, non chiacchiere ideologiche - del contrario, mantengo la promessa: mi barderò di bandiere israeliane o palestinesi.

Tanto, che ci vuole oggi ad aiutare un popolo? Basta mettere la bandierina su Facebook, nevvero?

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Non si possono paragonare paesi come Russia e America con Israele e ? ( Palestina). Intanto perché i palestinesi di per se non esistono: esistono solo giordani, siriani , egiziani , tutti nomadi e tutti rifiutati come cittadini dai loro paesi originali e poi perché la storia è lunga e parla molto chiaro…ma non si può fare qui un discorso esaustivo….
 

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Franco Marino
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