So benissimo che chiunque avesse il tempo e la pazienza di aprire questo articolo si aspetterebbe una mia opinione su queste vicende. Ma dire la mia, inserendomi nelle stucchevoli polemiche di questi giorni - che raffigurano pericoli ben più ampi - significherebbe avallare un processo di distrazione delle masse che di fatto mi trasformerebbe in un utile idiota. E sia chiaro, può anche darsi che io sia un idiota, ma di certo non voglio essere utile. Infatti queste sono le riflessioni di un inutile idiota. L'inutile idiota non si concentra sullo spot dell'Esselunga ma sui princìpi che, attraverso questa come tantissime altre polemiche, si cerca di far passare, per poi giungere alla convinzione che si sta cercando di costruire una dittatura nella quale qualsiasi visione non conforme al pensiero unico sia condannabile. Soltanto che si è abusato così tanto della parola "dittatura", spesso utilizzandola ad minchiam, che ormai nessuno più riesce a distinguere quelle immaginifiche da quelle reali.

In realtà, capire una dittatura richiede di sfrondare dal proprio patrimonio di conoscenze accumulate durante l'indottrinamento scolastico, tutte quelle scemenze che siamo abituati a dare per scontate. A leggere i testi di scuola, sembrerebbe che le dittature siano quei regimi dove si sospende il diritto di voto. Ma ho una brutta notizia per chi se la beve: persino quei regimi sulla cui natura totalitaria siamo stati addestrati acriticamente a non nutrire dubbi, non solo al potere ci sono arrivati seguendo le regole del sistema che volevano rovesciare (come il nazismo e il fascismo, per esempio) ma addirittura, una volta al potere, non soppressero affatto le elezioni, contrariamente a quanto molti sostengono.
Il punto è, semmai, che tipo di elezioni si tenevano e come venivano tutelate le ragioni di chi non condivideva quel regime. Se pensiamo, per esempio, alla Cina, dove la convinzione di molti è che i cittadini non abbiano diritti politici, scopriremo che si vota regolarmente e che il presidente viene eletto da quel Parlamento, proprio come avviene in una qualsiasi repubblica parlamentare. E non solo. Tutti quanti, quando pensiamo al fascismo, immaginiamo un regime nel quale non si votava mai e tutto passava da Mussolini. In realtà, durante l'epopea nazifascista, si tenevano sia in Italia e in Germania regolarissime elezioni. Come d'altronde anche nel 2014, quando la Crimea decise di staccarsi dall'Ucraina, tutto accadde mediante un referendum. Quando si scoprono queste cose, il rischio è che non si sappia più a chi credere, salvo aver ben presente che il punto non è se durante un regime totalitario si voti, ma come si voti e come vengano tutelati i diritti di chi non condivide quel regime.

In realtà, tutto sta ad intendersi su cosa crediamo che sia una democrazia: e, in tal senso, la prima scemenza da "debunkare" è che la democrazia si veda dalla libertà di votare. In realtà, una democrazia si distingue da una dittatura esattamente per le ragioni opposte, ossia come rispetta i diritti di chi, invece, quelle elezioni le perde e, soprattutto, come funzionano i meccanismi giuridici che tutelano chi non fa parte della maggioranza. Perché è esattamente questo - e non il voto - che distingue una democrazia da una dittatura.
Tutelare la maggioranza è esattamente il prerequisito di una dittatura, che non arriva mai al potere - contrariamente a quanto credano gli sciocchi - perché c'è un dittatore brutto e cattivo che sopprime tutti i suoi elettori, ma esattamente per le ragioni opposte: un dittatore, capace di comprendere la temperie del tempo e che, sulla punta delle baionette di un consenso maggioritario, saboterà i diritti di chi perde. La dittatura è esattamente questo, niente di più, niente di meno. E, in quanto tale, è l'opposto di una compiuta democrazia che, invece, si caratterizza per una serie di requisiti: la tutela di chi quelle elezioni le perde, l'intransigenza con cui si tutelano i diritti di chi subisce una violazione anche se appartiene ad un sistema di potere perdente e, infine, la forza con cui le istituzioni cercano di imporsi a tutti quegli enti non istituzionali che tentano di prevaricare i diritti dei cittadini.

Sul primo punto, la questione è semplice.
Una democrazia, contrariamente a quanto si crede, non nasce per tutelare la maggioranza ma la minoranza. Succede che se il partito A vince le elezioni, ha il potere di prendere determinate decisioni. Ma se a quel punto decide di mettere fuorilegge il partito B, una democrazia che funziona glielo impedisce. Questa è la democrazia, nient'altro. Se una democrazia tutela la maggioranza e non la minoranza, abbiamo la cosiddetta "dittatura della maggioranza". La democrazia nasce per difendere le minoranze e gli individui. Se non c'è questo, la democrazia semplicemente non esiste.

Sul secondo punto, chiunque osservi il dibattito di tutti i giorni, noterà una cosa molto fastidiosa: certi princìpi democratici sembrano valere soltanto per chi appartiene al sistema potere dominante. E' quel meccanismo per cui se viene insultata una donna che piace al potere dominante come, per esempio, la Boldrini, si scatena una cagnara allucinante contro il malcapitato attraverso accuse di sessismo, mentre se la stessa cosa succede alla Meloni o, in generale, a chiunque non piaccia al potere dominante (ho visto cose oscene contro, per esempio, tutte le donne della destra radicale) si minimizza, si giustifica, si inseriscono dei "se" e dei "ma", che naturalmente sono del tutto arbitrari e figli della morale degli avversari. E' successo, per esempio, che è stato imposto un minuto di silenzio per commemorare la scomparsa di Napolitano. Una commemorazione che non ha il minimo senso perché stiamo parlando di un presidente che si era ormai dimesso nel 2015, otto anni fa, il cui titolo peraltro "presidente emerito" è meramente onorifico. Molti, memori delle posizioni prese da Napolitano ai tempi dell'Ungheria, invece del silenzio hanno risposto intonando il coro dei ragazzi di Buda e di quelli di Pest col risultato che le squadre di calcio ove ciò è avvenuto, si sono prese una multa. Premesso che questa è una gravissima violazione del diritto di critica da parte del cittadino, che rimanda a certi totalitarismi del passato, come mai quando lo stesso avvenne a Cossiga, nessuna squadra fu multata? Il motivo è semplice: chi detiene davvero il potere, pensa che la memoria di Cossiga abbia meno diritti di quella di Napolitano, nonostante - ovviamente - questa distinzione non sia presente in nessun codice. E questo introduce il terzo punto.

Chi comanda davvero?
Quello che sta accadendo negli ultimi tempi è chiarissimo a chiunque abbia gli occhi per vedere: stiamo assistendo ad un progressivo svuotamento delle istituzioni pubbliche in luogo di enti privati, del tutto privi di legittimità politica, che tuttavia sono diventati molto più potenti delle istituzioni politiche.
E' quel meccanismo per cui se un gruppo di opinionisti decidono che tu ti debba dimettere da un incarico pubblico, che un determinato spot vada boicottato, alla fine tu ti dimetterai e quello spot va boicottato.
Non entro nel merito di cosa ci sia di condivisibile o meno dello spot dell'Esselunga, perché questo significherebbe dare il mio contributo ad una chiara e palese operazione di distrazione delle masse. Il vero punto della questione non è il punto di vista dell'Esselunga ma "quali estremi di reato ci sono in quello spot?". Dal momento che non ce n'è nessuno, per quale razza di motivo si stanno facendo queste polemiche? Se, come sembra, lo spot verrà soppresso, in che razza di democrazia siamo?

Per riassumere, una democrazia è tale non quando difende il voto ma si vede da come difende le ragioni di chi non è al potere, da come è disposto persino a difendere gli avversari quando a subire le violazioni sono loro e da come le istituzioni preposte a difendere il diritto reagiscano quando un sistema di potere - come per esempio i media o anche le banche - tenta di diventare sistema di governo. E se gruppi di potere senza legittimazione politica tentano di sopprimere uno spot come quello dell'Esselunga o il diritto di intonare il canto dei ragazzi di Buda e di Pest, nessuno dei quali contiene estremi di reato, mi sembra chiaro il punto: siamo in una dittatura.
E sì, si può essere in una dittatura anche se si vota regolarmente: basta semplicemente comprare l'arbitro e imporgli di fischiare il fallo solo quando lo commette la squadra sgradita.

Comments

Concordo
L'altra sera ho visto lo spot pubblicitario e ho commentato rivolta a mia figlia che si sarebbe alzato un vespaio... puntualmente due giorni dopo leggo di tutto ma tanto anche da parte di chi è attento, consapevole e smart nell'individuare l'inganno.
Non volevo essere l'utile idiota ma ad un post di una cara professionista leggendo pipponi a non finire sulla morale ed il messaggio subliminale mi sono presa stella superficiale ingenua (in sostanza) per aver detto semplicemente che ognuno ci vede ciò che sente (dal complotto alla tenebrezza verso la bimba, in base al proprio vissuto) e un paio di altre considerazioni per far comprendere che non fossi una sprovveduta (non è bastato 😅)
Lì è stato evidente che la trovata pubblicitaria fosse stata ben congeniata e riuscita non tanto per il risvolto economico che ne avrà l'azienda (forse qualcuno arriverà anche a boicottarla) ma perché cmq la si pensi non è permesso pensare, come nelle dittature?
 
Chi comanda davvero ,a questa sua domanda si pensa subito al capitalismo finanziario americano ,le lobbies più ricche che si comprano le leggi ,comanda chi ha i miliardi.
 
Un piccolo appunto. Democrazia è innanzitutto esercitare il potere della maggioranza in maniera liberale, rispettando la/e minoranza/e o illiberale, non rispettandola/e. In questo senso i cesarismi novecenteschi negli anni 30, ma anche il sovietismo, per un certo periodo erano assolutamente democratici. Questo però non è importante, il punto è un altro, il punto è che oramai, chiaramente è sempre più lontana e la permanenza democratica e quella liberale.
 

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Franco Marino
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