Affrontare la malattia senza individuarne la causa prima è il primo passo per non guarirla definitivamente. Accade con certi tumori: se si estirpano senza capire come si sono formati (cause ambientali, comportamenti personali sbagliati, geni difettosi) poi ritornano. E ritornano in un corpo già indebolito dalla malattia. Proprio per questo, molti muoiono. Perché il problema non è eliminare il tumore in sé ma impedire che si riformi. Così molti si attaccano disperatamente alla chemioterapia nell'idea che dopo aver devastato il corpo di un paziente, quello almeno guarisca. Cosa che, per la verità, avviene molto di rado e solo con tumori di cui è possibile esportare la parte malata, circostanza che, non di rado, provoca menomazioni nel paziente.
Analogamente, quando si parla di immigrazione, si affronta il problema a valle, credendo che consista nell'atroce dilemma sull'accoglienza indiscriminata o sui cannoneggiamenti ai barconi.
L'accoglienza pietistica non è possibile. Se dall'Africa continuano ad arrivare centinaia di migliaia di immigrati, tempo qualche anno e un'Europa già in crisi di suo sarà un'autentica polveriera. Come però pensare che qualcuno si assuma la responsabilità di affondare i barconi a mare e far fuori migliaia di bambini incolpevoli? Su questo dubbio amletico da anni va in atto una costante e continua cagnara tra i partiti che oggi compongono la politica istituzionale, che affronta il tumore dell'immigrazione come se fosse affrontabile a valle, e invece il problema a monte, perché sistemico e residente in un'Africa che è un'autentica Santa Barbara di stati fantoccio che si affacciano sul Mediterraneo. Dal momento che tutti questi stati sono posseduti da clan americani, francesi e, con minore famelicità ma soltanto per acquisire una primazia su di loro, anche cinesi - e adesso anche russi - il cui unico interesse è sfruttarli, tutto quello che succede è che questi si dirigono in massa verso l'Europa, con tanto di ONG pronti a depredarli di tutto quel che hanno (altro che organizzazioni umanitarie) e infine metterli a rimpolpare le fila della criminalità organizzata.
A questo si aggiunga un'Europa che, nata per essere - secondo la retorica radical chic - il grande sogno di pace e di unità, si è rivelata un nido di vipere per cui ogni paese pensa ai propri interessi di bottega, salvo poi tuonare contro chi, come Orban, cerca di andare per conto proprio.
Il problema dell'immigrazione è insolubile perché si è scelto di affrontarlo secondo l'emotività. La ragione dice che o i paesi europei ricominciano a colonizzare l'Africa, dando benessere alle popolazioni locali - era il piano di Craxi - o l'Africa si prenderà l'Europa, esattamente come i barbari si presero Roma. Bisogna scegliere semplicemente se il nostro destino debba essere quello di morire romani o barbari. Africani o europei.
Analogamente, quando si parla di immigrazione, si affronta il problema a valle, credendo che consista nell'atroce dilemma sull'accoglienza indiscriminata o sui cannoneggiamenti ai barconi.
L'accoglienza pietistica non è possibile. Se dall'Africa continuano ad arrivare centinaia di migliaia di immigrati, tempo qualche anno e un'Europa già in crisi di suo sarà un'autentica polveriera. Come però pensare che qualcuno si assuma la responsabilità di affondare i barconi a mare e far fuori migliaia di bambini incolpevoli? Su questo dubbio amletico da anni va in atto una costante e continua cagnara tra i partiti che oggi compongono la politica istituzionale, che affronta il tumore dell'immigrazione come se fosse affrontabile a valle, e invece il problema a monte, perché sistemico e residente in un'Africa che è un'autentica Santa Barbara di stati fantoccio che si affacciano sul Mediterraneo. Dal momento che tutti questi stati sono posseduti da clan americani, francesi e, con minore famelicità ma soltanto per acquisire una primazia su di loro, anche cinesi - e adesso anche russi - il cui unico interesse è sfruttarli, tutto quello che succede è che questi si dirigono in massa verso l'Europa, con tanto di ONG pronti a depredarli di tutto quel che hanno (altro che organizzazioni umanitarie) e infine metterli a rimpolpare le fila della criminalità organizzata.
A questo si aggiunga un'Europa che, nata per essere - secondo la retorica radical chic - il grande sogno di pace e di unità, si è rivelata un nido di vipere per cui ogni paese pensa ai propri interessi di bottega, salvo poi tuonare contro chi, come Orban, cerca di andare per conto proprio.
Il problema dell'immigrazione è insolubile perché si è scelto di affrontarlo secondo l'emotività. La ragione dice che o i paesi europei ricominciano a colonizzare l'Africa, dando benessere alle popolazioni locali - era il piano di Craxi - o l'Africa si prenderà l'Europa, esattamente come i barbari si presero Roma. Bisogna scegliere semplicemente se il nostro destino debba essere quello di morire romani o barbari. Africani o europei.
E regolarsi di conseguenza.