Il momento in cui da bambini veniamo allontanati in malo modo da quegli altri bambini con cui vorremmo giocare è uno dei più traumatici dell'infanzia. E tuttavia è altamente istruttivo. Perché ci dà contezza del fatto che non tutti gradiscono la nostra presenza e ci abitua a gestire una cosa che si chiama rifiuto e che chiunque, salvo non voglia diventare uno stalker o un assassino, prima o poi deve imparare a metabolizzare. La spietatezza dei bambini, in tal senso, è proverbiale e smentisce brutalmente Rousseau quando sosteneva che l'uomo nasce buono per poi corrompersi strada facendo, quando è semmai l'esatto contrario. Il trascorrere del tempo insegnerà loro come defilarsi da un estraneo sgradito in modo tale che la cosa non gli appaia come un cazzotto sul muso e magari gli faccia covare un malanimo nei nostri confronti che può divenire pericoloso. Ma rimane evidente un dato di fondo: non a tutti possiamo piacere. Un altro aspetto che si impara strada facendo è che non ha il minimo senso cercare di uniformarsi alle masse: tanto per cominciare, si viene sgamati subito ma, soprattutto, si è costretti ad assumere un'identità che non ci appartiene. E' sulla base di questi principi che ho costruito la mia persona su una serie di capisaldi tra cui un'assoluta e totale incapacità ma soprattutto mancanza di volontà nel scendere a compromessi con me stesso e un'allergia totale nei confronti dei cosiddetti "piacioni", quelli che cercano a tutti i costi di apparire gradevoli, riuscendo puntualmente ad apparirmi antipatici e insopportabili.

Direte voi, ma che c'entra questo sproloquio col titolo?
In questi giorni si stanno tenendo le giornate mondiali della gioventù che, a cadenza irregolare - comunque non oltre i tre anni - ambirebbero a rimpolpare le nuove leve della fede. E tuttavia queste occasioni sono il momento in cui la retorica raggiunge le vette più alte nei toni e il punto più basso nei contenuti. Chiunque vi partecipasse - io partecipai a quella del 2000 a Roma e, nauseato dalla sovrabbondanza di retorica, dissi a me stesso "mai più" - sarebbe portato a pensare che quell'umanità zuccherosa sia davvero reale e che la Chiesa sia il tempio del peace & love. In realtà, esse contribuiscono a diffondere un'immagine del cattolicesimo e, in generale, della religione, che non solo non corrisponde al vero ma è anzi la causa della sua crisi più profonda.
Il cattolicesimo non è il tempio della bontà ma una dottrina che risponde ad un'esigenza molto chiara: cosa ne sarà di me dopo la morte? Il cammino verso la vita eterna non è rose e fiori ma un percorso complesso, che si fonda su sacrifici e rinunce. Niente che abbia a che fare col populismo progressista di chi vorrebbe una Chiesa a misura di Personal Jesus. Quando il mio amico Andrea Sartori scrive che "ben vengano le schitarrate se riavvicinano i giovani alla Chiesa" e addirittura - volendo fare un parallelo tra le due cose - cita l'esempio di Dante al quale, secondo lui, molti si sarebbero riavvicinati grazie a Benigni, non tiene conto di un particolare di fondamentale importanza: quali fedeli? Quali lettori?
Certamente, se la Chiesa liberalizzasse la propria dottrina e si proponesse, ad esempio, di consentire i matrimoni gay e le conseguenti adozioni omogenitoriali, si ritroverebbe dalla propria parte tutta la comunità LGBT. Ma cosa ne sarebbe dei fedeli veri e propri? E che ne sarà dei veri lettori di Dante, che hanno compreso il vero significato della cosiddetta Divina Commedia? E che sanno che, per esempio, non si chiama Divina Commedia ma Commedia e basta (l'appellativo Divina è di Boccaccio, che non lo conobbe mai personalmente) e che sia prima che dopo, Dante ha scritto altre cose meravigliose? Benigni non ha riavvicinato i giovani a Dante, ha solamente diffuso un falso del Poeta, trasformandolo - seguendo la scia di un insopportabile "poetismo" che ormai caratterizza qualsiasi sua comparsata televisiva - in un'orripilante versione del Professor Keating del celeberrimo film L'Attimo Fuggente, un dispensatore di buonismo, quando chiunque abbia davvero studiato le opere di Dante sa benissimo che fu al contrario così politicamente scorretto e aggressivo che oggi addirittura si medita di toglierlo dalle scuole.

Certo, non è tutta colpa di Bergoglio. Un Papa è un leader politico. In quanto tale è uno che guida. Ma per portare in porto la nave che si propone di timonare, deve avere a disposizione un popolo disposto a seguirlo. Non può fare tutto lui e non può pensare di navigare col vento in poppa se all'orizzonte sta arrivando uno tsunami. Ratzinger, che fu Papa prima di Bergoglio e che dunque se ne intendeva, disse con chiarezza che per la Chiesa ci sarebbero stati tempi durissimi, prevedendo un suo forte ridimensionamento e una successiva ripartenza.
Si può avere nei confronti di Papa Francesco tutta la disistima del mondo, per varie ragioni. Ma il processo di scristianizzazione dell'Occidente è in atto da decenni, segue sostanzialmente la stessa rampa discendente del disfacimento dell'Occidente stesso e non è certo trasformando i propri leader in venditori di pentole e tappeti che si può invertire la rotta.

Alle giornate mondiali della pace bisognerebbe sostituire riflessioni sulla dottrina, sul suo profondo significato. I fedeli non si riconquistano né con le schitarrate né con l'adeguamento della propria dottrina ai dettami di una modernità che mai come oggi, lungi dall'essere la gioiosa marcia verso la felicità, appare sempre più la marcia funebre della nostra civiltà. Io per ricominciare a credere non ho bisogno di sapere che la Chiesa mi consenta di fare quel che mi pare ma perché devo fare ciò che prescrive di fare.
E' la parola di Dio a convincere. E se si pensa che possano essere solo le adunanze mondiali a suon di retorica ad avvicinare la gente a Dio, vuol dire che si ha poca fiducia nella parola del Signore. Forse è questa la vera ragione della scristianizzazione. Il percorso per arrivare a Dio è doloroso, faticoso, richiede umiltà, impegno, sacrificio, sofferenza. Non è certo un vestito prêt-à-porter da esibire al prossimo per poi riporre nell'armadio quando non serve più.

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Premesso che rispetto chi crede in una religione, la chiesa cattolica avrebbe dovuto da anni e anni chiedere scusa al mondo per i genocidi, le torture, le persecuzioni perpetrati nei secoli nel nome del loro dio, artisticamente inventato su racconti di un certo Yesua, grande e geniale personaggio, manipolandone addirittura i contenuti (e mi sono ben letta sia i vangeli che la bibbia). A me questa setta ha sempre fatto paura per la sua potenza economica sviluppata e diffusa con terrorismo fisico e spirituale. Secondo me la scristianizzazione si sta diffondendo perché le persone cominciano a capire con che razza di gente hanno a che fare.
 

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Franco Marino
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