L'atteggiamento che porta molte persone a sperare in una palingenesi antisistema che avvenga in pochi giorni e in eventi di cui non temono gli effetti negativi si chiama "millenarismo". Sostanzialmente, il millenarista, che spesso vive in situazioni personali difficili di cui non si attribuisce la colpa (a volte non ne ha, a volte sì), spera in un grosso cambiamento geopolitico - nell'illusione che la cosa lo avvantaggerà personalmente - che si sostanzi in un evento catastrofico, tale da mutare la propria normalità in pochi giorni. Mentre la storia non solo procede molto più lentamente, ma anzi spesso richiede persino secoli per compiere certi processi che sembrano inevitabili. L'Impero Romano, il cui crollo viene da molti tradizionalmente associato nel 476 D.C., in realtà era già in declino da almeno tre secoli, più della storia degli Stati Uniti, che ci sembra un impero millenario invece è giovanissimo se rapportato ad altri imperi. L'URSS crollò a cavallo tra il 1991 e il 1992, a seguito di una lunga agonia di cui certamente la subitaneità del crollo non era attesa a breve, ma comunque ampiamente prevista.

Questo ci porta anche al discorso delle rivolte in Francia, alle quali guardo con poco interesse. Anche perché sono anni che la Francia è immersa in molteplici scontri sociali e se ho scritto sull'argomento al massimo un paio di articoli, il motivo è semplice: ho sempre distinto le rivolte dalle rivoluzioni e, soprattutto, non credo all'autenticità di nessuna rivolta. Questo naturalmente non significa che quei fermenti debbano lasciarci indifferenti, bisogna semplicemente inquadrare il tutto nella giusta ottica, senza sottovalutare nulla ma al tempo stesso senza lasciarsi andare a dotte disquisizioni politologiche. E chiunque sappia come funzionino le rivolte, per averle studiate e per averle gestite, vi confermerà che non c'è niente di più complesso di organizzarne una e che spesso le rivolte perseguono scopi ben diversi di quelli immaginati. Si pensi alle primavere arabe: i media li avevano venduti come una criptonite che avrebbe fatto collassare i regimi nordafricani e il risultato fu, nella migliore delle ipotesi, il ritorno dopo pochi anni ad un regime autoritario e nella peggiore il caos totale come in Libia. Inoltre, una rivolta richiede un robustissimo servizio d'ordine che impedisca l'ingresso di agenti provocatori, simboli e tassonomie che identifichino i partecipanti tra loro. E questo richiede due cose che non sono certo alla portata dell'uomo della strada: soldi e know-how.

Una volta che si capisce questo, è facilissimo immaginare che nessuna rivolta sia davvero spontanea e che ci siano sempre degli interessi di fondo ad ispirarla. E se sappiamo - notizia ignorata da tutti - che la Francia ha chiesto di entrare nei BRICS, cioè nel gruppo di paesi che vogliono sottrarsi all'influenza angloamericana e che Macron - antipatico quanto volete (umanamente mi fa vomitare) ma politico di spessore - ha sempre avuto posizioni piuttosto indipendenti rispetto all'asse atlantico, unendo i punti possiamo chiaramente renderci conto che forse ciò che sta accadendo in Francia non sia il "tana liberatutti" che molti auspicano. Tanto per cominciare, sono anni che ci sono rivolte nelle banlieues, che i gilet gialli protestano per le motivazioni più svariate e che la Francia vive gravissime tensioni sociali. Ma una Rivoluzione sul genere di quella francese è lontanissima per una ragione semplicissima: la Rivoluzione era pensata da un ceto medio che non voleva più avere a che fare con i nobili parassiti e aveva come manovalanza un popolo in miseria, mentre le rivolte di questi giorni tracimano in un paese che vive in un benessere tale da aver trasformato i popoli in tronfi obesi conservatori che vogliono soltanto difendere il diritto di non far nulla a spese altrui, godendo di un benessere artificiale e indebitato, di cui nessuno capisce la nocività e dunque la consapevolezza di dover lottare per difendersi.
Poi, certamente c'è anche la questione di un multiculturalismo fallito che sta mostrando la corda. Ma, se davvero la situazione fosse già così grave, non ci si limiterebbe a degli scontri e si sarebbe alla guerra civile. E non siamo - purtroppo, non per fortuna - a quei livelli.


Questo non significa che quanto sta accadendo in Francia non sia potenzialmente pericoloso. Chi mi legge, sa che da almeno dieci anni vedo la destinazione finale di tutto quanto ci sta accadendo in questi anni, in una guerra civile in Occidente. Ma mancano ancora una serie di cose: la miseria, un leader capace - e che ne abbia l'interesse - di costruire un gruppo rivoluzionario e soprattutto la consapevolezza che sia necessario lo scontro quello vero, non sui canali Telegram. Tutte cose che quando la pancia è piena si verificano difficilmente. Quando non si ha fame, ci si interessa di tutto tranne che della necessità di mettere il piatto a tavola. Ed ecco le scemenze progressiste, l'interesse morboso per le sorti degli omosessuali, la folle scelta di riempire il paese di immigrati che naturalmente, quando le casse sono vuote, non vengono più tollerati. Ma il punto è proprio questo: la Francia, come tutti i paesi europei, si sta progressivamente impoverendo, sta sprofondando come la rana nell'ebollitore, ma, se il paese fosse davvero povero, non ci si limiterebbe alle rivolte. Sarebbe già scoppiata la guerra civile, quella vera. Fino a quel momento, siamo in presenza dell'ennesimo millenarismo, dell'ennesima bolla dentro la quale c'è solo aria fritta.

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Secondo me...ma prendila con le pinzette...questa volta c'è un regista da qualche parte. Secondo il Ministero dell'Interno sono stati assaliti e devastati 280 commissariati di polizia dai quali sono state rubate armi di vario tipo e secondo il Ministero dell'economia sono state assalite 250 filiali di banche (oltre a 1500 veicoli privati distrutti, 330 autobus vari, 250 tabaccherie, 200 edifici inclusi centri commerciali - fonte Ministero Economia). Soldi e armi.
 

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Franco Marino
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