In questi giorni ho scritto una serie di post su Facebook e un articolo qui su La Grande Italia molto duri contro Zerocalcare. E tuttavia, se si vuole esprimere un punto di vista credibile, bisogna anche mettersi nei panni dell'avversario. Del resto, nel momento in cui difendiamo la libertà di parola e la democrazia - evidentemente estranei al vocabolario personale di quell'artista - non possiamo non chiederci cosa possa portare persone anche autorevoli ad auspicare limitazioni della democrazia. In sostanza - riassumo brutalmente l'opinione di Zerocalcare e dei tanti ai quali evidentemente si è ispirato - troppa gente parla di troppa roba senza averne titolo senza provare vergogna, sottinteso, si sentono e si leggono troppe scemenze. Questo è il senso della vignetta che ha fatto discutere molti. E, al netto che auspicare limitazioni resti un'imbecillità, non si può certo negare che tante, forse troppe, persone parlino senza cognizione di causa, giusto per dare aria alla bocca. Ma di chi è davvero la colpa?
La colpa è proprio dei mezzi di comunicazione, gli stessi che oggi protestano contro il "gentismo". Qualche tempo fa recuperai casualmente su Youtube un confronto televisivo tra Cossiga e Nilde Iotti, due personaggi totalmente agli antipodi. Ebbene, io che non sono certo un nostalgico, non ho potuto fare a meno di notare quanta differenza di stile tra due avversari che si rispettavano profondamente, senza interrompersi, senza accavallarsi, in un duello che in realtà pareva una conversazione, gestita da moderatori che peraltro avevano ben poco da moderare perché i due contendenti erano moderatissimi tra loro. Di fronte ad un'educazione di questo tipo, chi oserebbe insultarli? L'altro giorno ho, invece, ascoltato un intervento di Travaglio su Renzi e mi ha colpito ad un certo momento l'espressione con cui il direttore del Fatto Quotidiano ha definito l'iperattivismo dell'ex sindaco e presidente del Consiglio, sostenendo che "Renzi lecca la bara di Berlusconi". Che l'ex-sindaco in effetti dalla morte di Berlusconi sia onnipresente sugli schermi a decantarne le lodi - e che questo significhi che nella pentola di Rignano sull'Arno stia bollendo qualcosa - l'hanno pensato in molti. Ma che bisogno c'è di usare una terminologia così volgare? Non sarebbe stato meglio dire "In questi giorni Renzi è onnipresente manco fosse un parente prossimo", miscelando così educazione e ironia? E' evidente che Travaglio disprezzi Renzi, e può darsi che abbia anche le sue ragioni. Ma nessuno si chiede se questo disprezzo porti i cittadini a loro volta a disprezzare i propri politici, convincendoli che in fondo basti sostituirli col primo che passa?
Il punto è questo: decenni di televisione urlata, maleducata, fatta di insulti, di interruzioni, di caciara, hanno inevitabilmente portato la gente a trovare miserabili i politici. Questi ultimi poi per farsi votare, hanno smesso di avere un profilo istituzionale e si sono messi a ruttare, scorreggiare, dire le barzellette, andare nelle spiagge a torso nudo, vestirsi nelle maniere più improponibili, con accenti dialettali, chi della Garbatella, chi della Bovisa, chi di Pomigliano, col risultato che mettendosi alla pari della gente, l'elettore ha smesso di rispettarli, essendo sinceramente convinto che dietro l'aspetto informale della Meloni e la sua parlata colloquiale, non ci sia invece la sostanza di una donna che comunque fa politica da quando io andavo ancora al liceo, e parliamo di quasi trent'anni fa.
Naturalmente non si vuole il ritorno ad una politica ingessata e credo che nessuno rimpianga i tempi di un giovanissimo Eugenio Scalfari (che avrà avuto credo non più di quarant'anni) che si alza in piedi come uno scolaro impettito mentre rivolge la propria domanda ad un sussiegoso Aldo Moro. Ma abbassando il livello dell'informazione e dell'approfondimento, anzitutto nello stile, il cittadino è stato criminalmente convinto che la politica sia parlare, con toni comiziali, di argomenti superficiali su cui nessuno ha un reale potere di intervento, ignorando che in realtà, fuori dai talk-show la politica è la trattazione di temi estremamente complessi che toccano la carne viva di interessi delicatissimi, per i quali è comunque richiesto uno studio. Già per me prendere il posto di mio padre e dunque partecipare alle assemblee condominiali è stato un esercizio di umiltà che mi ha posto di fronte alla mia incompetenza su temi di cui, in fin dei conti, quando aveva ancora la salute per farlo, se ne occupava il mio vecchio. Figuriamoci quando si tratta di politica, geopolitica, diritto, e chissà quanta altra roba.
Dopodiché, quella di Zerocalcare rimane una scemenza. Perché il chiacchiericcio cicalesco sui social non è certo colpa dei cittadini. L'iperattivismo social nasce dalla convinzione, perorata da decenni di intossicazione a suon di talk-show, che le dinamiche della politica siano accessibili a tutti. E allora qui non c'è da indurre il cittadino alla vergogna, ma soltanto che i media tornino a trattare la politica per quella che è: una cosa seria, che tocca interessi vitali. E che i politici la smettano di comportarsi come se stessero al Grande Fratello.
Fin quando la politica si farà in talk-show adrenalinici, fin quando si parlerà di fesserie, il cittadino si sentirà inevitabilmente nobilitato dalla melma prodotta.
La colpa è proprio dei mezzi di comunicazione, gli stessi che oggi protestano contro il "gentismo". Qualche tempo fa recuperai casualmente su Youtube un confronto televisivo tra Cossiga e Nilde Iotti, due personaggi totalmente agli antipodi. Ebbene, io che non sono certo un nostalgico, non ho potuto fare a meno di notare quanta differenza di stile tra due avversari che si rispettavano profondamente, senza interrompersi, senza accavallarsi, in un duello che in realtà pareva una conversazione, gestita da moderatori che peraltro avevano ben poco da moderare perché i due contendenti erano moderatissimi tra loro. Di fronte ad un'educazione di questo tipo, chi oserebbe insultarli? L'altro giorno ho, invece, ascoltato un intervento di Travaglio su Renzi e mi ha colpito ad un certo momento l'espressione con cui il direttore del Fatto Quotidiano ha definito l'iperattivismo dell'ex sindaco e presidente del Consiglio, sostenendo che "Renzi lecca la bara di Berlusconi". Che l'ex-sindaco in effetti dalla morte di Berlusconi sia onnipresente sugli schermi a decantarne le lodi - e che questo significhi che nella pentola di Rignano sull'Arno stia bollendo qualcosa - l'hanno pensato in molti. Ma che bisogno c'è di usare una terminologia così volgare? Non sarebbe stato meglio dire "In questi giorni Renzi è onnipresente manco fosse un parente prossimo", miscelando così educazione e ironia? E' evidente che Travaglio disprezzi Renzi, e può darsi che abbia anche le sue ragioni. Ma nessuno si chiede se questo disprezzo porti i cittadini a loro volta a disprezzare i propri politici, convincendoli che in fondo basti sostituirli col primo che passa?
Il punto è questo: decenni di televisione urlata, maleducata, fatta di insulti, di interruzioni, di caciara, hanno inevitabilmente portato la gente a trovare miserabili i politici. Questi ultimi poi per farsi votare, hanno smesso di avere un profilo istituzionale e si sono messi a ruttare, scorreggiare, dire le barzellette, andare nelle spiagge a torso nudo, vestirsi nelle maniere più improponibili, con accenti dialettali, chi della Garbatella, chi della Bovisa, chi di Pomigliano, col risultato che mettendosi alla pari della gente, l'elettore ha smesso di rispettarli, essendo sinceramente convinto che dietro l'aspetto informale della Meloni e la sua parlata colloquiale, non ci sia invece la sostanza di una donna che comunque fa politica da quando io andavo ancora al liceo, e parliamo di quasi trent'anni fa.
Naturalmente non si vuole il ritorno ad una politica ingessata e credo che nessuno rimpianga i tempi di un giovanissimo Eugenio Scalfari (che avrà avuto credo non più di quarant'anni) che si alza in piedi come uno scolaro impettito mentre rivolge la propria domanda ad un sussiegoso Aldo Moro. Ma abbassando il livello dell'informazione e dell'approfondimento, anzitutto nello stile, il cittadino è stato criminalmente convinto che la politica sia parlare, con toni comiziali, di argomenti superficiali su cui nessuno ha un reale potere di intervento, ignorando che in realtà, fuori dai talk-show la politica è la trattazione di temi estremamente complessi che toccano la carne viva di interessi delicatissimi, per i quali è comunque richiesto uno studio. Già per me prendere il posto di mio padre e dunque partecipare alle assemblee condominiali è stato un esercizio di umiltà che mi ha posto di fronte alla mia incompetenza su temi di cui, in fin dei conti, quando aveva ancora la salute per farlo, se ne occupava il mio vecchio. Figuriamoci quando si tratta di politica, geopolitica, diritto, e chissà quanta altra roba.
Dopodiché, quella di Zerocalcare rimane una scemenza. Perché il chiacchiericcio cicalesco sui social non è certo colpa dei cittadini. L'iperattivismo social nasce dalla convinzione, perorata da decenni di intossicazione a suon di talk-show, che le dinamiche della politica siano accessibili a tutti. E allora qui non c'è da indurre il cittadino alla vergogna, ma soltanto che i media tornino a trattare la politica per quella che è: una cosa seria, che tocca interessi vitali. E che i politici la smettano di comportarsi come se stessero al Grande Fratello.
Fin quando la politica si farà in talk-show adrenalinici, fin quando si parlerà di fesserie, il cittadino si sentirà inevitabilmente nobilitato dalla melma prodotta.
E non è certo una cosa che si risolve inducendo nei cittadini la vergogna.