Quando si sottolinea la grandezza di Berlusconi, non si sta dicendo che fosse un uomo perfetto ed intonso da macchie - tutt'altro - ma che è stato molto meglio che uno come lui ci fosse, pur con tutte le sue rogne, per motivi che un po' credo di aver già scritto ieri. Analogamente, quando si parla dei social e in generale dell'evoluzione della tecnologia, è giusto sottolinearne i limiti, le nocività, le pericolosità. Ma chi li criminalizza, è giusto che ci dica se l'alternativa di spegnerli e di ritornare al passato sia migliore.
Internet ha avuto una portata che ha letteralmente rivoluzionato la comunicazione al pari di quanto negli anni Ottanta abbia fatto la TV commerciale. Berlusconi, quando apparve sul proscenio, venne odiato dal sistema proprio perché contando su una grande paccata di miliardi fece venir via dalla RAI tutti i grandi fuoriclasse della televisione da Mike Bongiorno a Corrado, passando per la Carrà, per Pippo Baudo e tantissimi altri.
A questo punto, un sistema autenticamente liberale avrebbe reagito liberalizzando il mercato e consentendo la nascita di altre reti TV commerciali, in modo da calmierare lo strapotere berlusconiano. Invece la politica italiana reagì tentando di regolamentare il fenomeno delle TV commerciali, col risultato inevitabile di spaccare il paese in due tra i libertari e gli statalisti, facendo apparire così Berlusconi come una vittima del ricatto dello Stato e soprattutto il simbolo (che non era) del libero mercato, cosa che fece schierare in blocco gli italiani dalla sua parte.
Oggi, su Internet, sta accadendo qualcosa di simile, ma con la differenza che Internet non è sotto il controllo del governo italiano, essendo un mezzo di comunicazione americano, e per giunta di un paese dalla cui influenza geopolitica oggi l'Italia non ha il potere di sottrarsi. Così, chiunque può crearsi un canale e, se provvisto di una buona penna o di un accattivante scilinguagnolo, conquistare un relativo successo. Ma questo naturalmente genera le ire delle grandi realtà editoriali che si vedono scippare un bel pezzo di informazione e intrattenimento, esattamente come faceva la RAI quando le reti Fininvest irruppero sul mercato televisivo. Potevate così leggere sui giornali accorati appelli "contro la TV deficiente", contro le donnine nude in TV, e naturalmente contro Berlusconi, "il grande corruttore dei costumi del paese". Più o meno quello che sta accadendo oggi su Internet, dove sono nate avanguardie di intrattenimento e di informazione che sfuggono al controllo dei governi che naturalmente tentano di buttarla sul discorso della "lotta alle fake news".
Lo spunto per questa riflessione giunge da una tragedia, quella di un gruppo di Youtuber, i The Borderline, che durante una diretta, a bordo di una Lamborghini, hanno distrutto una piccola macchina che passava lì per caso. Il tutto va visto per ciò che è, ossia una tragedia provocata da un gruppo di sconsiderati che vanno portati in tribunale e processati. Invece si sta già cercando di dare un taglio sociologico ad una tragedia che con i social non ha nulla a che fare. Perché? Perché il successo di questi canali come anche dei blogger e degli influencer, ha mandato in crisi le grandi realtà editoriali tradizionali che, resisi conto di non disporre più dello strapotere di un tempo, criminalizzano qualsiasi forma di comunicazione e informazione che si sottragga dalla loro tutela. Se un gruppo di youtuber, per realizzare un servizio, si schiantano contro una piccola macchina ammazzando una persona, la colpa non è di Youtube ma del gruppo in questione. E se oggi si diventa famosi realizzando video deficienti, non è regolamentando Internet che si risolve la questione. In questa tragedia, i veri sciacalli non sono gli youtuber ma chi sta utilizzando questa tragedia per ricavarne un tornaconto sociologico, casomai per imporre nuove leggi restrittive.
Internet ha avuto una portata che ha letteralmente rivoluzionato la comunicazione al pari di quanto negli anni Ottanta abbia fatto la TV commerciale. Berlusconi, quando apparve sul proscenio, venne odiato dal sistema proprio perché contando su una grande paccata di miliardi fece venir via dalla RAI tutti i grandi fuoriclasse della televisione da Mike Bongiorno a Corrado, passando per la Carrà, per Pippo Baudo e tantissimi altri.
A questo punto, un sistema autenticamente liberale avrebbe reagito liberalizzando il mercato e consentendo la nascita di altre reti TV commerciali, in modo da calmierare lo strapotere berlusconiano. Invece la politica italiana reagì tentando di regolamentare il fenomeno delle TV commerciali, col risultato inevitabile di spaccare il paese in due tra i libertari e gli statalisti, facendo apparire così Berlusconi come una vittima del ricatto dello Stato e soprattutto il simbolo (che non era) del libero mercato, cosa che fece schierare in blocco gli italiani dalla sua parte.
Oggi, su Internet, sta accadendo qualcosa di simile, ma con la differenza che Internet non è sotto il controllo del governo italiano, essendo un mezzo di comunicazione americano, e per giunta di un paese dalla cui influenza geopolitica oggi l'Italia non ha il potere di sottrarsi. Così, chiunque può crearsi un canale e, se provvisto di una buona penna o di un accattivante scilinguagnolo, conquistare un relativo successo. Ma questo naturalmente genera le ire delle grandi realtà editoriali che si vedono scippare un bel pezzo di informazione e intrattenimento, esattamente come faceva la RAI quando le reti Fininvest irruppero sul mercato televisivo. Potevate così leggere sui giornali accorati appelli "contro la TV deficiente", contro le donnine nude in TV, e naturalmente contro Berlusconi, "il grande corruttore dei costumi del paese". Più o meno quello che sta accadendo oggi su Internet, dove sono nate avanguardie di intrattenimento e di informazione che sfuggono al controllo dei governi che naturalmente tentano di buttarla sul discorso della "lotta alle fake news".
Lo spunto per questa riflessione giunge da una tragedia, quella di un gruppo di Youtuber, i The Borderline, che durante una diretta, a bordo di una Lamborghini, hanno distrutto una piccola macchina che passava lì per caso. Il tutto va visto per ciò che è, ossia una tragedia provocata da un gruppo di sconsiderati che vanno portati in tribunale e processati. Invece si sta già cercando di dare un taglio sociologico ad una tragedia che con i social non ha nulla a che fare. Perché? Perché il successo di questi canali come anche dei blogger e degli influencer, ha mandato in crisi le grandi realtà editoriali tradizionali che, resisi conto di non disporre più dello strapotere di un tempo, criminalizzano qualsiasi forma di comunicazione e informazione che si sottragga dalla loro tutela. Se un gruppo di youtuber, per realizzare un servizio, si schiantano contro una piccola macchina ammazzando una persona, la colpa non è di Youtube ma del gruppo in questione. E se oggi si diventa famosi realizzando video deficienti, non è regolamentando Internet che si risolve la questione. In questa tragedia, i veri sciacalli non sono gli youtuber ma chi sta utilizzando questa tragedia per ricavarne un tornaconto sociologico, casomai per imporre nuove leggi restrittive.