Quando ho scritto il mio articolo intitolato "Grazie Silvio", mi sono dovuto sciroppare la mia buona dose di insopportabili polemiche, da chi mi ha accusato di averne fatto un santino, a chi mi ha rinfacciato le sue numerosissime ombre.
Ora, io personalmente non ho fatto un santino di nessuno. Le ombre del Cavaliere mi erano note e, personalmente, ai tanti fessi che mi hanno rinfacciato i rapporti con la mafia e il bunga bunga o anche la sua posizione mainstream durante il covid, potrei aggiungere la controversa storia dell'acquisizione della villa di Arcore e anche una tragicomica vicenda di plagio con Berlusconi che per fare la prefazione di un libro prese ampio spunto da un professore che ne aveva fatta una per lo stesso testo, o anche i patetici lifting che si era fatto negli ultimi decenni, tutte cose che dicono molto di più dei difetti del personaggio di quanto possano dire i legami forzati con una mafia che lui ha pagato perché altrimenti gli avrebbe ammazzato i figli, oppure i divertimenti senili di un uomo con una moglie così innamorata di lui che, quando decise di mollarlo, diede la notizia ai suoi nemici di Repubblica.
Non avevo inteso nel precedente articolo raccontare cosa sia stato Berlusconi per l'Italia ma ciò che è stato Berlusconi per me, perché sinceramente non mi sentivo all'altezza di pormi allo stesso livello di osservatori di mestiere. Non ho detto che Berlusconi è stato un santo ma semplicemente l'uomo grazie al quale io faccio quel che faccio, una figura che, senza aver mai avuto il privilegio di conoscere, sul suo esempio ho costruito quello che io oggi sono, nel bene e nel male. E sinceramente nonostante tutti i problemi che ho avuto, nonostante io non sia diventato un grande imprenditore ma un soldato semplice dello sterminato esercito di partite IVA di questo paese, mi preferisco così come sono. Avrei potuto diventare un giornalista del tipo di quelli che da due giorni gli spalano merda addosso, se soltanto fossi stato educato a trovare gradevole chi, non avendo fatto nulla nella vita, invece di abbellire la propria bottega, pensa a bruciare quella altrui. Ma purtroppo per costoro e per fortuna per me, io sono stato educato in maniera diversa.
E tuttavia non è bastato. E allora occorre rinfrescare un po' la memoria ai tanti che sono convinti che Berlusconi sia stato il devastatore di questo paese. Perché se qualcuno vuole dirmi che Berlusconi non sia riuscito a trasformare l'Italia in un paradiso liberale, da liberale sono d'accordissimo. Se qualcuno vuole dirmi che Berlusconi abbia detto e fatto tante cazzate, sono d'accordissimo anche su questo. Se però qualcuno vuol farmi credere che senza Berlusconi questo sarebbe un paese migliore, allora forse è opportuno questo articolo per rinfrescargli le idee.
Da dove partiamo? Dal mezzo di comunicazione per eccellenza dell'Italia repubblicana: la televisione.
Berlusconi era già un imprenditore in ascesa negli anni Settanta ma diventa popolare negli anni Ottanta, attraverso le tre reti Fininvest. Ora, se qualche berlusconiano vuole farmi passare Mediaset come emblema della vittoria del libero mercato, sta facendo oggettivamente un santino, in quanto che Mediaset non esisterebbe senza l'aiuto di Craxi prima e di Cuccia poi, dunque libero mercato un corno. Il nocciolo della questione che non si capisce non è cosa sarebbe stata l'Italia se Berlusconi fosse stato un po' meglio di ciò che è, ma cosa sarebbe stata senza Berlusconi e dunque cos'era prima di lui.
L'Italia preberlusconiana era un paese letteralmente ingessato in cui la televisione era appannaggio di tre partiti con la famosa lottizzazione.
Chi oggi si scandalizza perché la Meloni cerca di occupare la RAI - cioè facendo quel che ha fatto la sinistra per decenni - dovrebbe ricordarsi cos'era davvero la lottizzazione RAI: era una spartizione palese e concordata tra i partiti, per cui avevate la DC che occupava RAI 1, il PSI che occupava RAI 2, e il PCI che occupava RAI 3. Senza appello.
Forse l'unica rete che un po' riusciva a conquistare un briciolo di indipendenza era RAI 2, negli anni in cui il PSI passava dall'essere l'eromenos del PCI alla svolta lib-lab craxiana, che poi fu la levatrice del berlusconismo. Per il resto, RAI 1 e RAI 3 erano semplicemente imbarazzanti. RAI 1 era la televisione di pertinenza del Vaticano, dove bastava dire "piedi" in televisione e si veniva cacciati e dove Mina fu cacciata perché aveva osato avere un figlio con un uomo sposato, dove Paolo Frajese, uno dei più bravi giornalisti che questo paese abbia mai avuto, era stato demansionato perché la moglie era sostanzialmente una figura a metà tra la mignotta e la pornostar e dove, quando morì Freddie Mercury per AIDS, ci sciroppammo un disgustoso servizio in cui il leader dei Queen fu riempito di contumelie perché gay.
Dall'altra parte c'era RAI 3 che era praticamente il megafono del Cremlino e della sua italica dependance, il Partito Comunista, cioè un paese militarmente nemico dell'Italia. Aggiungo una chicca per i covidioti di sinistra: in quegli anni su RAI 3 andavano in onda programmi che mettevano in discussione i vaccini, sostenendo che fossero un complotto delle multinazionali, come del resto le stesse cose potevate leggere ne L'Unità, altra dependance sovietica.
Mediaset non fu mai - e non ambì mai a diventarlo - una TV di altissimo profilo culturale. Ma proprio per questo le sue televisioni erano mille volte più interessanti. Perché non rinnegavano se stesse, perché non ci avreste mai trovato l'impettito virologo che dava del deficiente a chiunque non si vaccinasse. Mediaset si nutriva di pubblicità e dunque aveva l'obbligo di piacere a tutti, a destra e a sinistra. Anche chi era di sinistrissima ha amato almeno alcuni dei programmi di Mediaset.
Mike Bongiorno, Corrado, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, e via proseguendo fino ad arrivare al compianto Taricone - che io, avendolo conosciuto personalmente, dico che come intelligenza e cultura valeva cento volte Saviano - ma anche Barbara D'Urso, probabilmente non hanno alzato il livello culturale degli italiani, ma il punto è che non era il loro compito. Nessuna di quelle TV ha mai avuto l'arrogante pretesa di insegnare l'educazione agli italiani, perché a questo - andrebbe ricordato ai teorici a chiacchiere del liberalismo - dovrebbero provvedere la famiglia e, al massimo, e con molti distinguo, la scuola. Da una TV commerciale io mi aspetto che rispetti i miei gusti, anche cialtroneschi. Se io, a sera, quando mi accosto al desco per nutrirmi dopo una giornata di fatiche, accendo la televisione, non voglio farmi ammorbare da tonnellate di rotture di palle politicamente corrette sull'importanza di far cambiare sesso ai nostri figli o di vaccinarmi, ma voglio guardare una partita di pallone, guardare un varietà, ridere, divertirmi. O anche riflettere, ma con divertimento. E se io la sera mi voglio fare una sega su qualche scollacciata di Colpo Grosso, voglio potermela fare senza che il Ministro della Sessualità decida che devo diventare un po' più ghei sennò quelli dell'Arcigay si incazzano.
Dunque, le accuse di aver rincoglionito gli italiani, sono false. Intanto perché buona parte dei format e in generale dei film e telefilm di Mediaset, erano importati dall'estero. Il Grande Fratello, per dire, arriva in Italia quando già furoreggia altrove. Tutte le accuse di aver "maleducato gli italiani", provenienti da intellettuali organici a partiti che hanno sempre considerato gli italiani come plebaglia da educare e non come persone da rispettare, avrebbero un senso se prima l'Italia fosse vissuta in un paradiso liberale e all'improvviso fosse arrivato il troll malefico a pervertire la brava gente italiana. Ma chi c'era, sa che non è così. Sa che Mediaset, con tutti i limiti suoi e del suo fondatore, è stata un momento di libertà in un paese che la libertà non ha mai saputo dove stesse di casa, perché dominata da due totalitarismi, quello cattolico e quello comunista, talmente odiosi da essere riusciti a far rimpiangere, in molti, il totalitarismo fascista.
Poi certo, non c'è soltanto la televisione. Ci sono i giornali, c'è il calcio e c'è la politica.
Berlusconi è stato riconosciuto, sul piano editoriale, come il migliore editore, da tutti coloro che ci hanno lavorato, compreso Santoro, certo non sospettabile di simpatie berlusconiane. E la si pianti anche con la storia di Montanelli cacciato dal Giornale. Montanelli non fu cacciato, se ne andò perché Berlusconi, che era il suo editore ed era dunque pienamente legittimato a fare ciò che fece, dopo avergli vent'anni prima salvato il sedere dopo che era stato cacciato dal liberalissimo Corriere, gli disse con chiarezza che era stanco di finanziare a babbo morto un giornale che non faceva quel che fanno *DA SEMPRE* i giornali di tutto il mondo: schierarsi con gli interessi del proprio editore. Forse che De Benedetti a Repubblica non imponesse la sua linea ai direttori? Forse che Agnelli non facesse lo stesso a La Stampa?
In quel momento, Berlusconi era sotto attacco e aspettarsi un minimo di solidarietà da un giornalista che aveva protetto per quasi vent'anni, non era cosa così tanto assurda.
Sul calcio beh, c'è poco da dire. Il Milan di Berlusconi è stata la squadra più vincente della storia del calcio mondiale, una squadra che riempiva di orgoglio patriottico persino il sottoscritto che è sempre stato tifoso del Napoli. Quando il Milan venne a prendersi al San Paolo uno scudetto già cucito sulle maglie del Napoli, suscitò l'ammirazione dei tifosi del Napoli. A differenza delle vittorie juventine che suscitavano sempre e comunque qualche sospetto, ricordo - ero piccolino ma questa è un'immagine che rimase impressa in me per sempre - un'intera tifoseria partenopea alzarsi in piedi e applaudire in maniera scrosciante una squadra che letteralmente annichilì Maradona e compagni, per giunta dopo aver già rifilato loro quattro sberle all'andata, e che poi avrebbe dominato in Europa.
E infine la politica. Sì, Berlusconi qui non ha mantenuto tutte le promesse e ci sono anche le leggi cosiddette ad personam. Domanda: tutta colpa di Berlusconi? O colpa anche dei nemici che hanno fatto di tutto per azzopparlo, cercando di mettersi di traverso nelle maniere più bieche possibili? Chi oggi dice che "Berlusconi ha fatto perdere vent’anni alla causa liberale" come ha asserito qualcuno, rinfacciandogli "l'amicizia con il criminale Putin" (come se a portargli le pantofole non fosse andata tutta la politica italiana dal 1999 fino ad avantieri) dovrebbe dimostrarci cosa avrebbe fatto al suo posto, come sarebbe riuscito a resistere alle pressioni di nemici sparsi praticamente ovunque, come avrebbe governato un paese ingovernabile come il nostro. Per giunta, anche la sua avventura politica, in parte deludente, ha anche alcune luci: aver evitato lo scoppio di una guerra simile a quella di oggi, che non scoppiò *grazie alla sua decisiva mediazione*, circostanza sempre riconosciutagli sia da Bush che da Putin, ma anche un ruolo dell'Italia meno appiattito sulla NATO.
Berlusconi, in sintesi, verrà ricordato per tante cose belle e tante cose brutte, per tante imprese nelle quali ha stravinto e anche per tante sconfitte. E sono certo anche che al personaggio appartenessero molte cose sgradevoli che, se io lo avessi conosciuto personalmente, probabilmente mi avrebbero allontanato. Ma sono al tempo stesso certo di una cosa: che fosse infinitamente migliore, politicamente, imprenditorialmente e umanamente, dei suoi nemici e dei suoi odiatori. Perché da Mussolini a Berlusconi, la prerogativa di scatenare animaleschi furori attorno al proprio nome, è tipica solo dei grandi uomini.
Ora, io personalmente non ho fatto un santino di nessuno. Le ombre del Cavaliere mi erano note e, personalmente, ai tanti fessi che mi hanno rinfacciato i rapporti con la mafia e il bunga bunga o anche la sua posizione mainstream durante il covid, potrei aggiungere la controversa storia dell'acquisizione della villa di Arcore e anche una tragicomica vicenda di plagio con Berlusconi che per fare la prefazione di un libro prese ampio spunto da un professore che ne aveva fatta una per lo stesso testo, o anche i patetici lifting che si era fatto negli ultimi decenni, tutte cose che dicono molto di più dei difetti del personaggio di quanto possano dire i legami forzati con una mafia che lui ha pagato perché altrimenti gli avrebbe ammazzato i figli, oppure i divertimenti senili di un uomo con una moglie così innamorata di lui che, quando decise di mollarlo, diede la notizia ai suoi nemici di Repubblica.
Non avevo inteso nel precedente articolo raccontare cosa sia stato Berlusconi per l'Italia ma ciò che è stato Berlusconi per me, perché sinceramente non mi sentivo all'altezza di pormi allo stesso livello di osservatori di mestiere. Non ho detto che Berlusconi è stato un santo ma semplicemente l'uomo grazie al quale io faccio quel che faccio, una figura che, senza aver mai avuto il privilegio di conoscere, sul suo esempio ho costruito quello che io oggi sono, nel bene e nel male. E sinceramente nonostante tutti i problemi che ho avuto, nonostante io non sia diventato un grande imprenditore ma un soldato semplice dello sterminato esercito di partite IVA di questo paese, mi preferisco così come sono. Avrei potuto diventare un giornalista del tipo di quelli che da due giorni gli spalano merda addosso, se soltanto fossi stato educato a trovare gradevole chi, non avendo fatto nulla nella vita, invece di abbellire la propria bottega, pensa a bruciare quella altrui. Ma purtroppo per costoro e per fortuna per me, io sono stato educato in maniera diversa.
E tuttavia non è bastato. E allora occorre rinfrescare un po' la memoria ai tanti che sono convinti che Berlusconi sia stato il devastatore di questo paese. Perché se qualcuno vuole dirmi che Berlusconi non sia riuscito a trasformare l'Italia in un paradiso liberale, da liberale sono d'accordissimo. Se qualcuno vuole dirmi che Berlusconi abbia detto e fatto tante cazzate, sono d'accordissimo anche su questo. Se però qualcuno vuol farmi credere che senza Berlusconi questo sarebbe un paese migliore, allora forse è opportuno questo articolo per rinfrescargli le idee.
Da dove partiamo? Dal mezzo di comunicazione per eccellenza dell'Italia repubblicana: la televisione.
Berlusconi era già un imprenditore in ascesa negli anni Settanta ma diventa popolare negli anni Ottanta, attraverso le tre reti Fininvest. Ora, se qualche berlusconiano vuole farmi passare Mediaset come emblema della vittoria del libero mercato, sta facendo oggettivamente un santino, in quanto che Mediaset non esisterebbe senza l'aiuto di Craxi prima e di Cuccia poi, dunque libero mercato un corno. Il nocciolo della questione che non si capisce non è cosa sarebbe stata l'Italia se Berlusconi fosse stato un po' meglio di ciò che è, ma cosa sarebbe stata senza Berlusconi e dunque cos'era prima di lui.
L'Italia preberlusconiana era un paese letteralmente ingessato in cui la televisione era appannaggio di tre partiti con la famosa lottizzazione.
Chi oggi si scandalizza perché la Meloni cerca di occupare la RAI - cioè facendo quel che ha fatto la sinistra per decenni - dovrebbe ricordarsi cos'era davvero la lottizzazione RAI: era una spartizione palese e concordata tra i partiti, per cui avevate la DC che occupava RAI 1, il PSI che occupava RAI 2, e il PCI che occupava RAI 3. Senza appello.
Forse l'unica rete che un po' riusciva a conquistare un briciolo di indipendenza era RAI 2, negli anni in cui il PSI passava dall'essere l'eromenos del PCI alla svolta lib-lab craxiana, che poi fu la levatrice del berlusconismo. Per il resto, RAI 1 e RAI 3 erano semplicemente imbarazzanti. RAI 1 era la televisione di pertinenza del Vaticano, dove bastava dire "piedi" in televisione e si veniva cacciati e dove Mina fu cacciata perché aveva osato avere un figlio con un uomo sposato, dove Paolo Frajese, uno dei più bravi giornalisti che questo paese abbia mai avuto, era stato demansionato perché la moglie era sostanzialmente una figura a metà tra la mignotta e la pornostar e dove, quando morì Freddie Mercury per AIDS, ci sciroppammo un disgustoso servizio in cui il leader dei Queen fu riempito di contumelie perché gay.
Dall'altra parte c'era RAI 3 che era praticamente il megafono del Cremlino e della sua italica dependance, il Partito Comunista, cioè un paese militarmente nemico dell'Italia. Aggiungo una chicca per i covidioti di sinistra: in quegli anni su RAI 3 andavano in onda programmi che mettevano in discussione i vaccini, sostenendo che fossero un complotto delle multinazionali, come del resto le stesse cose potevate leggere ne L'Unità, altra dependance sovietica.
Mediaset non fu mai - e non ambì mai a diventarlo - una TV di altissimo profilo culturale. Ma proprio per questo le sue televisioni erano mille volte più interessanti. Perché non rinnegavano se stesse, perché non ci avreste mai trovato l'impettito virologo che dava del deficiente a chiunque non si vaccinasse. Mediaset si nutriva di pubblicità e dunque aveva l'obbligo di piacere a tutti, a destra e a sinistra. Anche chi era di sinistrissima ha amato almeno alcuni dei programmi di Mediaset.
Mike Bongiorno, Corrado, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, e via proseguendo fino ad arrivare al compianto Taricone - che io, avendolo conosciuto personalmente, dico che come intelligenza e cultura valeva cento volte Saviano - ma anche Barbara D'Urso, probabilmente non hanno alzato il livello culturale degli italiani, ma il punto è che non era il loro compito. Nessuna di quelle TV ha mai avuto l'arrogante pretesa di insegnare l'educazione agli italiani, perché a questo - andrebbe ricordato ai teorici a chiacchiere del liberalismo - dovrebbero provvedere la famiglia e, al massimo, e con molti distinguo, la scuola. Da una TV commerciale io mi aspetto che rispetti i miei gusti, anche cialtroneschi. Se io, a sera, quando mi accosto al desco per nutrirmi dopo una giornata di fatiche, accendo la televisione, non voglio farmi ammorbare da tonnellate di rotture di palle politicamente corrette sull'importanza di far cambiare sesso ai nostri figli o di vaccinarmi, ma voglio guardare una partita di pallone, guardare un varietà, ridere, divertirmi. O anche riflettere, ma con divertimento. E se io la sera mi voglio fare una sega su qualche scollacciata di Colpo Grosso, voglio potermela fare senza che il Ministro della Sessualità decida che devo diventare un po' più ghei sennò quelli dell'Arcigay si incazzano.
Dunque, le accuse di aver rincoglionito gli italiani, sono false. Intanto perché buona parte dei format e in generale dei film e telefilm di Mediaset, erano importati dall'estero. Il Grande Fratello, per dire, arriva in Italia quando già furoreggia altrove. Tutte le accuse di aver "maleducato gli italiani", provenienti da intellettuali organici a partiti che hanno sempre considerato gli italiani come plebaglia da educare e non come persone da rispettare, avrebbero un senso se prima l'Italia fosse vissuta in un paradiso liberale e all'improvviso fosse arrivato il troll malefico a pervertire la brava gente italiana. Ma chi c'era, sa che non è così. Sa che Mediaset, con tutti i limiti suoi e del suo fondatore, è stata un momento di libertà in un paese che la libertà non ha mai saputo dove stesse di casa, perché dominata da due totalitarismi, quello cattolico e quello comunista, talmente odiosi da essere riusciti a far rimpiangere, in molti, il totalitarismo fascista.
Poi certo, non c'è soltanto la televisione. Ci sono i giornali, c'è il calcio e c'è la politica.
Berlusconi è stato riconosciuto, sul piano editoriale, come il migliore editore, da tutti coloro che ci hanno lavorato, compreso Santoro, certo non sospettabile di simpatie berlusconiane. E la si pianti anche con la storia di Montanelli cacciato dal Giornale. Montanelli non fu cacciato, se ne andò perché Berlusconi, che era il suo editore ed era dunque pienamente legittimato a fare ciò che fece, dopo avergli vent'anni prima salvato il sedere dopo che era stato cacciato dal liberalissimo Corriere, gli disse con chiarezza che era stanco di finanziare a babbo morto un giornale che non faceva quel che fanno *DA SEMPRE* i giornali di tutto il mondo: schierarsi con gli interessi del proprio editore. Forse che De Benedetti a Repubblica non imponesse la sua linea ai direttori? Forse che Agnelli non facesse lo stesso a La Stampa?
In quel momento, Berlusconi era sotto attacco e aspettarsi un minimo di solidarietà da un giornalista che aveva protetto per quasi vent'anni, non era cosa così tanto assurda.
Sul calcio beh, c'è poco da dire. Il Milan di Berlusconi è stata la squadra più vincente della storia del calcio mondiale, una squadra che riempiva di orgoglio patriottico persino il sottoscritto che è sempre stato tifoso del Napoli. Quando il Milan venne a prendersi al San Paolo uno scudetto già cucito sulle maglie del Napoli, suscitò l'ammirazione dei tifosi del Napoli. A differenza delle vittorie juventine che suscitavano sempre e comunque qualche sospetto, ricordo - ero piccolino ma questa è un'immagine che rimase impressa in me per sempre - un'intera tifoseria partenopea alzarsi in piedi e applaudire in maniera scrosciante una squadra che letteralmente annichilì Maradona e compagni, per giunta dopo aver già rifilato loro quattro sberle all'andata, e che poi avrebbe dominato in Europa.
E infine la politica. Sì, Berlusconi qui non ha mantenuto tutte le promesse e ci sono anche le leggi cosiddette ad personam. Domanda: tutta colpa di Berlusconi? O colpa anche dei nemici che hanno fatto di tutto per azzopparlo, cercando di mettersi di traverso nelle maniere più bieche possibili? Chi oggi dice che "Berlusconi ha fatto perdere vent’anni alla causa liberale" come ha asserito qualcuno, rinfacciandogli "l'amicizia con il criminale Putin" (come se a portargli le pantofole non fosse andata tutta la politica italiana dal 1999 fino ad avantieri) dovrebbe dimostrarci cosa avrebbe fatto al suo posto, come sarebbe riuscito a resistere alle pressioni di nemici sparsi praticamente ovunque, come avrebbe governato un paese ingovernabile come il nostro. Per giunta, anche la sua avventura politica, in parte deludente, ha anche alcune luci: aver evitato lo scoppio di una guerra simile a quella di oggi, che non scoppiò *grazie alla sua decisiva mediazione*, circostanza sempre riconosciutagli sia da Bush che da Putin, ma anche un ruolo dell'Italia meno appiattito sulla NATO.
Berlusconi, in sintesi, verrà ricordato per tante cose belle e tante cose brutte, per tante imprese nelle quali ha stravinto e anche per tante sconfitte. E sono certo anche che al personaggio appartenessero molte cose sgradevoli che, se io lo avessi conosciuto personalmente, probabilmente mi avrebbero allontanato. Ma sono al tempo stesso certo di una cosa: che fosse infinitamente migliore, politicamente, imprenditorialmente e umanamente, dei suoi nemici e dei suoi odiatori. Perché da Mussolini a Berlusconi, la prerogativa di scatenare animaleschi furori attorno al proprio nome, è tipica solo dei grandi uomini.
Berlusconi ha un posto di diritto nella storia chiaroscurata del nostro paese. I suoi nemici non avranno un posto nemmeno come comparse.