Susanna Tamaro si è fatta oggettivamente ridere dietro quando ha proposto di smettere di leggere Verga per leggere il suo fatuo "Va dove ti porta il cuore", ma non per questo ci si deve sciroppare tutto ciò che viene dal passato solo perché passato. Sembrerebbe un principio di banale buonsenso ma non nell'era in cui, gettato un tema nelle fauci delle masse multimediali, ci si deve districare tra le propagande dell'una e dell'altra fazione. Così, mentre per la fazione progressista, Susanna Tamaro è la nuova eroina della letteratura italiana e per quella reazionaria il vero eroe è Verga e con esso Manzoni e via tutta l'esibizione di passatismo, nessuno si pone il vero punto della questione: la scuola forma davvero cittadini colti?
Se è vero che la Tamaro forse non merita un posto nelle antologie di letteratura, è vero anche che chi usa Verga per fingersi colto, cadrebbe di fronte ad una domanda molto semplice e netta: chi era Luigi Capuana? Risposta: fu il vero inventore del verismo. Per inciso, ma questa è un'opinione personale, le opere di Capuana secondo me valgono dieci volte quelle di Verga. Trovo molta più modernità in un personaggio come Giacinta - da cui è stato tratto l'omonimo romanzo, una fortissima critica, quasi bovariana, contro la borghesia del tempo di cui Capuana, proprietario terriero che conobbe sia la ricchezza che la caduta in disgrazia, conosceva luci e ombre - che del Mazzarò della Roba, del quale Verga, da nobile che mai conobbe la miseria, criticò in maniera moralistica l'ascesa di un povero contadino divenuto ricco, senza chiedersi se il fanatismo con cui questi inseguiva la ricchezza non dipendesse dalla miseria.
Naturalmente, prima che qualcuno si illuda se io sia un esperto di letteratura, ovviamente rispondo di no. Semplicemente mio padre era un patito di Capuana e quindi, senza che la scuola me lo abbia mai citato, un giorno, quando avevo già ampiamente passato la trentina, trovai "Giacinta" nella sua libreria e fu, a dir poco, una folgorazione. Che mi colpì molto di più di quanto mi avesse colpito Mazzarò.
Né più né meno dei colpi di fulmine, un amore letterario nasce dall'incontro tra la sensibilità del lettore e quella dell'autore. Potete riempire di libri la biblioteca di un buzzurro e costringerlo a leggerla tutta quanta e magari la riempirà anche. A cosa servirà? A portarlo ad esibire un enorme quantitativo di testi senza in realtà averne capito neanche uno, e credere che ad un certo punto basti. E invece, come al solito, ci viene in soccorso l'etimologia della parola "cultura" che deriva da "coltivare". Significa che la cultura non è la cristallizzazione di una staticità che faccia campare di rendita ma rimanda ad un qualcosa di dinamico per eccellenza come la cultura di un terreno. Si è colti quanto più si ha voglia di seminare. Questa lunga premessa è resa necessaria dal gran baccano che si è scatenato sulle dichiarazioni della Tamaro e dal consueto wrestling socialaro tra i tempi antichi e le magnifiche sorti e progressive, senza che nessuno si ponga la vera domanda: oggi la scuola fa cultura?
Se dovessi basarmi su ciò che vedo attraverso la scuola che frequenta mia figlia ma anche su ciò che mi riferisce la madre, insegnante di liceo, la risposta mi sembra scontata: no. La scuola oggi tutto quel che fa è limitarsi ad indottrinare, a far sì che lo studente ingurgiti un quantitativo enorme di testi senza capirne davvero il significato. Ignorando che il vero presupposto della cultura è la curiosità. Senza avere curiosità, non si ha spirito critico. Senza spirito critico non si è in grado di distinguere il Bene dal Male, ma semplicemente di obbedire a ciò che la propaganda ci impone come Bene e come Male, facendosi colonizzare dal potere dominante.
Se è vero che la Tamaro forse non merita un posto nelle antologie di letteratura, è vero anche che chi usa Verga per fingersi colto, cadrebbe di fronte ad una domanda molto semplice e netta: chi era Luigi Capuana? Risposta: fu il vero inventore del verismo. Per inciso, ma questa è un'opinione personale, le opere di Capuana secondo me valgono dieci volte quelle di Verga. Trovo molta più modernità in un personaggio come Giacinta - da cui è stato tratto l'omonimo romanzo, una fortissima critica, quasi bovariana, contro la borghesia del tempo di cui Capuana, proprietario terriero che conobbe sia la ricchezza che la caduta in disgrazia, conosceva luci e ombre - che del Mazzarò della Roba, del quale Verga, da nobile che mai conobbe la miseria, criticò in maniera moralistica l'ascesa di un povero contadino divenuto ricco, senza chiedersi se il fanatismo con cui questi inseguiva la ricchezza non dipendesse dalla miseria.
Naturalmente, prima che qualcuno si illuda se io sia un esperto di letteratura, ovviamente rispondo di no. Semplicemente mio padre era un patito di Capuana e quindi, senza che la scuola me lo abbia mai citato, un giorno, quando avevo già ampiamente passato la trentina, trovai "Giacinta" nella sua libreria e fu, a dir poco, una folgorazione. Che mi colpì molto di più di quanto mi avesse colpito Mazzarò.
Né più né meno dei colpi di fulmine, un amore letterario nasce dall'incontro tra la sensibilità del lettore e quella dell'autore. Potete riempire di libri la biblioteca di un buzzurro e costringerlo a leggerla tutta quanta e magari la riempirà anche. A cosa servirà? A portarlo ad esibire un enorme quantitativo di testi senza in realtà averne capito neanche uno, e credere che ad un certo punto basti. E invece, come al solito, ci viene in soccorso l'etimologia della parola "cultura" che deriva da "coltivare". Significa che la cultura non è la cristallizzazione di una staticità che faccia campare di rendita ma rimanda ad un qualcosa di dinamico per eccellenza come la cultura di un terreno. Si è colti quanto più si ha voglia di seminare. Questa lunga premessa è resa necessaria dal gran baccano che si è scatenato sulle dichiarazioni della Tamaro e dal consueto wrestling socialaro tra i tempi antichi e le magnifiche sorti e progressive, senza che nessuno si ponga la vera domanda: oggi la scuola fa cultura?
Se dovessi basarmi su ciò che vedo attraverso la scuola che frequenta mia figlia ma anche su ciò che mi riferisce la madre, insegnante di liceo, la risposta mi sembra scontata: no. La scuola oggi tutto quel che fa è limitarsi ad indottrinare, a far sì che lo studente ingurgiti un quantitativo enorme di testi senza capirne davvero il significato. Ignorando che il vero presupposto della cultura è la curiosità. Senza avere curiosità, non si ha spirito critico. Senza spirito critico non si è in grado di distinguere il Bene dal Male, ma semplicemente di obbedire a ciò che la propaganda ci impone come Bene e come Male, facendosi colonizzare dal potere dominante.