Da un po' di tempo evito di parlare della guerra in Ucraina, sentendomi ridicolo quando provo ad azzardare una convinzione. No, non è l'improvvisa sindrome dell'impostore a colpirmi. Se, infatti, guardassi una partita di calcio, potrei quantomeno provare a capire chi sta vincendo e chi sta perdendo. Invece, in una guerra, a meno di essere sul territorio - e anche questo non basta, si pensi a quei giapponesi che negli anni Settanta ancora erano in assetto di guerra, pensando che non fosse finita - le uniche informazioni su chi stia vincendo e chi perdendo sono truccate. Da ambedue i lati. A maggior ragione in una infowar come questa. Chi stia davvero vincendo in questa fase lo sapremo solo quando la partita sarà finita, e allora, tra un anno, tra dieci anni, tra trenta, sapremo che cosa stava accadendo il 24 Maggio del 2023, ammesso che pure su quello non ci siano balle, visto che "la storia la scrivono i vincitori, non i vinti". Tutto sta nel non avere grosse ambizioni. Se dunque è impossibile capire oggi chi stia davvero vincendo in Ucraina, si possono quantomeno eliminare le informazioni inutili.
E questo porta a Prigozhin, il quale, dopo essere stato il grande protagonista della conquista, da parte russa, di Bachmut, adesso al fine di rivendicarne i meriti, ha formulato dichiarazioni che non fanno certo piacere al Cremlino, di fatto dicendo che la Federazione Russa potrebbe perdere. Che possa avere ragione non è importante, anche perché non conta quanto ha detto, che è scontato - certo che Putin potrebbe perdere, una guerra non è mai scontata - ma perché questa uscita proprio in questo momento così importante, in teoria favorevole per Putin.
Prigozhin non è un soldato russo di quelli che giura fedeltà alla patria - e pure di quelli bisogna diffidare - ma un mercenario a capo di una banda di mercenari. Uno che combatte a pagamento, tenendo un conto molto relativo delle appartenenze a questa o quella casacca. Putin sa che la Wagner è un'organizzazione militarmente efficientissima che risolve tanti problemi. Ma sa anche che i mercenari non sono fedeli alle patrie ma al soldo. Sono più o meno come quei grandi calciatori che segnano tanti gol ma che naturalmente sono pronti a cambiare casacca di fronte ad un'offerta migliore, anche se sono nati nella loro città di origine. Immaginarsi dunque che, in quanto russo, Prigozhin possa pensare all'interesse della propria patria è profondamente da sciocchi. Ed è dunque proprio per questo che né i filorussi debbono riempirlo di insulti per queste uscite, né gli occidentali devono esultare di fronte a dichiarazioni teoricamente favorevoli. Entrambe le parti devono prendere le sue parole per quelle che sono: le parole di una puttana militare, che hanno valore non in virtù dei testi quanto dei sottotesti.
Il sottotesto di Prigozhin è fondamentalmente questo: caro Vladimir (Putin) se tu oggi puoi vantarti col mondo di aver riconquistato una città chiave, altamente simbolica come Bachmut, lo devi a me. Quindi non pensare di essere tu la parte forte del rapporto di convenienza che abbiamo stipulato, quello forte sono io. E Putin, che dopo queste minacce sottotestuali ha riempito avversari di polonio per molto meno, sa benissimo che deve stare molto attento a come reagisce. Sia perché, da buon mercenario, Prigozhin è sempre all'asta e dunque non ci mette niente a passare col nemico - di cui ha già esaltato le grandi capacità organizzative, l'elevatissima disciplina militare (tradotto: attento che ci metto niente a dire al mondo che tu non conti nulla e passare con i tuoi nemici) - sia perché nel momento in cui Prigozhin dovesse rivelarsi decisivo per la risoluzione del conflitto, siederà al tavolo da pari con Putin, magari per un incarico di altissimo livello, come suo erede. Né il leader russo può pensare di liberarsene dopo averlo usato, perché è troppo scafato per non sapere che Prigozhin, se si è permesso di alzare la cresta con il Cremlino, sicuramente già si sarà creato le sue protezioni per sfuggire ad eventuali ritorsioni.
E questo porta a Prigozhin, il quale, dopo essere stato il grande protagonista della conquista, da parte russa, di Bachmut, adesso al fine di rivendicarne i meriti, ha formulato dichiarazioni che non fanno certo piacere al Cremlino, di fatto dicendo che la Federazione Russa potrebbe perdere. Che possa avere ragione non è importante, anche perché non conta quanto ha detto, che è scontato - certo che Putin potrebbe perdere, una guerra non è mai scontata - ma perché questa uscita proprio in questo momento così importante, in teoria favorevole per Putin.
Prigozhin non è un soldato russo di quelli che giura fedeltà alla patria - e pure di quelli bisogna diffidare - ma un mercenario a capo di una banda di mercenari. Uno che combatte a pagamento, tenendo un conto molto relativo delle appartenenze a questa o quella casacca. Putin sa che la Wagner è un'organizzazione militarmente efficientissima che risolve tanti problemi. Ma sa anche che i mercenari non sono fedeli alle patrie ma al soldo. Sono più o meno come quei grandi calciatori che segnano tanti gol ma che naturalmente sono pronti a cambiare casacca di fronte ad un'offerta migliore, anche se sono nati nella loro città di origine. Immaginarsi dunque che, in quanto russo, Prigozhin possa pensare all'interesse della propria patria è profondamente da sciocchi. Ed è dunque proprio per questo che né i filorussi debbono riempirlo di insulti per queste uscite, né gli occidentali devono esultare di fronte a dichiarazioni teoricamente favorevoli. Entrambe le parti devono prendere le sue parole per quelle che sono: le parole di una puttana militare, che hanno valore non in virtù dei testi quanto dei sottotesti.
Il sottotesto di Prigozhin è fondamentalmente questo: caro Vladimir (Putin) se tu oggi puoi vantarti col mondo di aver riconquistato una città chiave, altamente simbolica come Bachmut, lo devi a me. Quindi non pensare di essere tu la parte forte del rapporto di convenienza che abbiamo stipulato, quello forte sono io. E Putin, che dopo queste minacce sottotestuali ha riempito avversari di polonio per molto meno, sa benissimo che deve stare molto attento a come reagisce. Sia perché, da buon mercenario, Prigozhin è sempre all'asta e dunque non ci mette niente a passare col nemico - di cui ha già esaltato le grandi capacità organizzative, l'elevatissima disciplina militare (tradotto: attento che ci metto niente a dire al mondo che tu non conti nulla e passare con i tuoi nemici) - sia perché nel momento in cui Prigozhin dovesse rivelarsi decisivo per la risoluzione del conflitto, siederà al tavolo da pari con Putin, magari per un incarico di altissimo livello, come suo erede. Né il leader russo può pensare di liberarsene dopo averlo usato, perché è troppo scafato per non sapere che Prigozhin, se si è permesso di alzare la cresta con il Cremlino, sicuramente già si sarà creato le sue protezioni per sfuggire ad eventuali ritorsioni.
Questa è una partita tra formidabili scacchisti russi e, se non fosse che di mezzo rischia di andarci il mondo intero e che da un anno per colpa di questa situazione l'intera Europa è in grave pericolo, per un grande appassionato sarebbe una partita godibilissima. Perché quando due russi giocano a scacchi, lo spettacolo - ad avere il tempo di aspettare ore intere tra una mossa e l'altra - è assicurato.