Una delle notizie di questo giorni è che Fazio "è stato cacciato dalla RAI". La prima cosa, di fronte a notizie come questa, è di far prevalere le viscere e dire "Finalmente, si è levato dalle palle un esponente insopportabile del vero deep state italiano" come in effetti sembrano fare molti. Ma, a parte il rischio di riproporre l'aneddoto del baritono che, sommerso di fischi dal loggione risponde beffardo "fischiate me? Sentirete il tenore!", e che quindi arrivi qualcuno di peggiore, il punto è molto più semplice: ha ancora senso una televisione pubblica?
Sui giornali è il solito delirio. Fazio sarebbe stato cacciato, per colpa di qualche editto bulgaro - o, visti i tempi, ucraino - ma la realtà è che quando si passa da uno stipendio di 1,6 milioni che gli passava lo Stato, a quello di 2,5 milioni offertogli da Discovery Channel, si fa fatica a credere che sia una cacciata, altrimenti è come la storia della bella sciantosa che mollata da un uomo alto 1,50 per 150 chili gli dice piangendo "Mi ha mollato e adesso mi tocca andare a letto con Raoul Bova". Valutate voi se sia credibile. Naturalmente, non solo è legittimo che Fazio voglia guadagnare di più. Noi liberali non abbiamo nulla da dire sul fatto che uno voglia arricchirsi. Noi. Il punto è: a cosa serve la RAI?

Se l'obiettivo è un'azienda che "educhi" gli italiani - non bastasse la melma etica che già questi poveretti debbono sciropparsi a scuola - allora andrebbe fatta sparire la metà dei programmi televisivi italiani, che non educano per niente. Se, invece, l'obiettivo è di avere un'azienda che renda soldi, la RAI è da anni un carrozzone che produce solo debiti e dunque quella di Fazio è una perdita secca, perché comunque il suo programma - bello o brutto che sia (e io lo trovavo orrendo) - il suo mercato lo aveva. Molti esultano perché la sua cacciata sarebbe una vittoria della destra. Premesso che, come ho detto, non credo alla teoria della cacciata; che la RAI è governativa ed è legittimo che chi governi si spartisca la RAI come ritiene opportuno; e infine che è ridicolo che le critiche vengano da una sinistra che ha da sempre occupato militarmente qualsiasi cosa pubblica, nell'idea che le spetti di diritto anche quando la maggioranza vota altrove, il punto rimane comunque fermo: in cosa si differenzia la destra se si comporta come la sinistra?

In un paese autenticamente liberale dove è il mercato a decidere se chi produce qualcosa deve avere successo, il problema non si porrebbe. E ci sarebbe dunque spazio per tutti, per Fazio, per la Murgia, per la Lucarelli e dunque anche per Porro, per Giletti, per Socci e quant'altro, in una situazione idilliaca per la quale se c'è chi vuole sciropparsi le litanie di Fazio, dall'altra parte c'è chi vuole guardarsi Mario Giordano. E alla fine chi produce di più prospera, chi non produce cambia prodotto e se proprio è il prodotto a non andare, cambia mestiere.
Invece in Italia, non essendoci un vero e proprio mercato, dal momento che tutti gli editori sono indebitati con le banche - le quali a loro volta sono agganciate con la politica - il successo e l'insuccesso vengono determinati da logiche che non hanno nulla a che fare col vero gradimento della gente, con il risultato di creare inestirpabili oligarchie. E se da destra si inizia a lottizzare, per quale motivo la persona che ha criticato le lottizzazioni della sinistra dovrebbe trovare giuste quelle della destra?

Un vero liberale vuole un paese dove godere del privilegio di vedere un autore, un conduttore televisivo, un qualsiasi artista arrivare nei palcoscenici importanti perché piace alla gente, non perché piace ai soliti noti, e dunque andare a casa perché alla gente non piace più, non perché ai soliti noti se ne sostituiscono altri. E se alla fine, in questo senso, la destra si comporta come la sinistra, perché dovrebbe piacerci di più? Nel frattempo, sono sicuro che se mostro al lettore di destra che sta esultando per l'addio di Fazio l'ennesima delirante legge che si prepara in Europa, il Digital Services Act, che consente all'Unione Europea di intervenire direttamente con la possibilità di bloccare sulle piattaforme social i contenuti che vengono considerati arbitrariamente disinformazione, questi mi guarderà perplesso. E sono sicuro che considererà Fazio per quello che è: l'ennesima arma di distrazione di massa. O almeno lo spero. Anche perché "morto" un Fazio, se ne fa un altro. Sempre che incontri il gradimento dell'Unione Sovietica Europea, si capisce.

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YouTube e Co. surclassano la televisione - pubblica e privata - sotto tutti i punti di vista: professionalità, pluralismo, stile, contenuti. Ed e'una vittoria del mercato, quello vero. Lo spiegherò meglio nel prossimo articolo.
 

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Franco Marino
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